Sempre Diretta: Il Suo Modo Schietto di Comunicare Al Lavoro

Era da tempo che tutti conoscevano Viola per il suo carattere spigoloso. In ufficio, non aveva mai peli sulla lingua, e poco importava se gli altri volevano sentirselo dire o no.

Una volta, per esempio, c’era Ginevra che tutto il mattino aveva civettato col nuovo sistemista, sbrigando al contempo le pratiche con rapidità sorprendente. Sembrava quasi volare tra le scrivanie. “Spero tu sappia che sua moglie è al reparto maternità,” le chiese Viola a bruciapelo. E così, puff, svanì ogni flirt.

Poi c’era Beatrice, che non riusciva a smettere di fumare. Aveva provato di tutto: cerotti, caramelle, persino quelle sigarette miracolose che la costringevano a uscire ogni mezz’ora. Viola glielo fece notare: “Hai mai letto gli ingredienti di quelle sigarette magiche? Io no. E nessun altro. Chissà perché?”

Tutti evitavano Viola, nessuno voleva incappare nella sua lingua tagliente. A lei, però, non importava. La verità era la verità, dopotutto. Ma chi aveva davvero bisogno di tanta verità?

Quando partì per un tirocinio all’estero, un sospiro di sollievo corse per l’ufficio. Fumavano dietro l’angolo, flirtavano con i nuovi clienti, organizzavano venerdì folli e si scambiavano baci negli angoli buoi. Sposati e single, senza distinzioni.

Viola tornò dopo tre settimane. Di solito impeccabile, con abiti rigorosi, tacchi alti, un profumo intenso e un trucco perfetto, questa volta entrò in jeans sbiaditi e un maglione larghissimo, almeno due taglie più grande. Non un filo di trucco, i capelli raccolti in una crocchia, occhiali da sole che non si tolse finché non raggiunse il suo ufficio. E invece del solito profumo pesante, una fragranza leggera: “Verità” di Calvin Klein.

Quel giorno, non rimproverò la segretaria per i documenti non pronti. Non sgridò il sistemista perché parlava sempre al telefono con la moglie. Ignorò perfino l’avvocato che frugava tra le scatole di pratiche. Tutto passò inosservato.

“Non ha superato il tirocinio,” sentenziò l’avvocato.
“Si sarà ammalata,” ipotizzò la segretaria.
“Si è innamorata!” rise Ginevra.

“E per questo il maglione due taglie più grande?” commentò sarcastica la traduttrice.
“Comunque, tra un’ora c’è la riunione. Meglio prepararsi invece di spettegolare.”

Ma un’ora dopo, Viola non si presentò. Tutti aspettavano, nervosi.

Poi il sistemista, seduto vicino alla finestra, esclamò: “Eccola là! Guardate!”

Tutti si affollarono alla finestra.

Dall’altra parte della strada, in un bar accogliente, sedeva la loro Viola. Ma era diversa. Non per la mancanza di trucco o la crocchia disordinata. No. Era che, di fronte a lei, un uomo parlava e lei rideva. Loro. Viola. Rideva.

Chiunque nella sala riunioni rimase incollato alla finestra, come per assicurarsi che fosse davvero lei. Quella Viola sempre arrabbiata, irritata, ora sembrava un’altra persona.

“Davvero, stamattina non riuscivo a trovare la mia camicetta,” disse Viola a Marco sorridendo. “Per questo ho messo il tuo maglione.”

“Preferisco quando non indossi nulla,” rispose lui.
Viola arrossì e gli diede un colpetto sulla spalla.
“Smettila.”

“Non posso,” sussurrò lui avvicinandosi. “Dobbiamo finire subito qui e venire da me. O da te. Non importa. Da quando ci siamo conosciuti in aeroporto, tutto è cambiato.”

“D’accordo.”
“Ah, quasi dimenticavo,” bisbigliò lui, “hai il maglione al rovescio.”
“Diamine!”

“Allora è sicuro, dobbiamo andare a casa mia per toglierlo.”
Lei rise, prese il telefono e compose un numero.
Nella sala riunioni, tutti sentirono squillare il telefono della reception.

“Buongiorno, azienda XYZ! La signora Viola Rossi? Capisco. Sì, la stanno aspettando per la riunione. Come, non verrà? Ah, si è ammalata? Oh! Speriamo si riprenda presto!”

Poco dopo, la segretaria irruppe nella sala.
“La nostra Violina è malata!” annunciò.

“Lo vediamo,” borbottò il sistemista. Tutti fissarono Viola, perfettamente in salute, che saliva in macchina con quell’uomo sconosciuto. Sarebbe sparita per giorni, e non valeva neanche la pena chiamarla.

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