Siamo arrivati, ma non ci siete!: Un incontro familiare che si trasforma in uno scandalo

**Diario di un uomo: “Siamo venuti a trovarvi, ma voi non ci siete!”**

Mi chiamo Luca Rossi e vivo a Milano con mia moglie Giulia. La nostra storia è iniziata dodici anni fa, quando lei arrivò nella città meneghina per studiare all’università. Dopo la laurea, trovò lavoro e poi la sorte ci fece incontrare. Stavamo insieme da un anno quando decidemmo di sposarci.

I primi anni li passammo a casa dei miei genitori, risparmiando ogni centesimo per comprarci un appartamento. Finalmente, ce l’abbiamo fatta: una bella bilocale, anche se con un mutuo che ci accompagnerà ancora per un po’. Ma era la nostra casa, il nostro piccolo rifugio.

Sembrava tutto perfetto, ma con la nuova casa arrivò anche l’invasione degli ospiti inaspettati. Parenti, naturalmente, uno dopo l’altro, venivano a Milano “per una visita” e “per vedere la città”. Nessuno, però, aveva voglia di pagare un hotel: “Avete un bilocale, ci sta tutto!”, dicevano.

Quest’estate, dopo anni senza una vera vacanza, io e Giulia siamo riusciti a organizzarci per le ferie insieme. Sognavamo il mare da tempo. Comprammo i biglietti per il 15 giugno, e Giulia si immerse nei preparativi: valigie, itinerari, tutto pronto.

Poi, il 10 giugno, riceviamo una chiamata da mia cugina Beatrice. Entusiasta, mi dice:

“Luca, abbiamo deciso! Veniamo a trovarti il 20 giugno: io, mio marito e nostro figlio! Ci apri la porta?”

Rimasi un attimo senza parole, poi risposi con calma:

“Bea, noi partiamo per il mare. Non ci saremo.”

La sua reazione fu… sorprendente:

“Che mare?! Rimborsate i biglietti! Non ci vediamo da un anno! La famiglia viene prima!”

Sospirai e dissi fermamente:

“No. Partiamo come programmato. I biglietti sono stati pagati, le valigie sono pronte. Nemmeno per te, Bea, annullerò le ferie.”

Beatrice riattaccò bruscamente. Io scrollai le spalle e tornai ai preparativi. Partimmo il 15, come previsto. Sole, spiaggia, felicità.

La sera del 20, squillò il telefono. Numero di Beatrice. Risposi per abitudine e sentii urla:

“Luca! Dove siete finiti?! Siamo davanti al vostro portone, suoniamo, ma non aprite! È uno scandalo!”

Risposi tranquillo:

“Siamo al mare, Bea. Te l’avevo detto.”

“Credevo scherzassi! Per scoraggiarci!”

“No, ero serio.”

“E adesso che facciamo?!”

“Prenotate un hotel. O tornate a casa.”

“Non abbiamo soldi per l’hotel!”

“Allora arrangiatevi. Siete adulti. Io ho fatto la mia parte: vi ho avvisati.”

La chiamata finì lì, con Beatrice che riattaccò di colpo. Da allora, non si è più fatta sentire.

Scoprii poi che aveva già diffuso la voce tra tutti i parenti: secondo lei, ero un ingrato, un insensibile che aveva abbandonato i suoi cari senza un tetto! E, purtroppo, quasi tutti le diedero ragione. Per loro, avrei dovuto “trovare una soluzione” per accogliere gli ospiti.

Ma io resto della mia idea: dov’è la mia colpa? Nel voler finalmente godermi una vacanza con mia moglie dopo anni di sacrifici? Nell’aver avvisato per tempo?

Beatrice aveva tutte le informazioni, il tempo per organizzarsi, la possibilità di cambiare programma. Se non aveva soldi per l’hotel, era un problema suo, non mio.

E sapete cosa ho capito? A volte, persino i parenti più stretti non rispettano i tuoi confini. Si aspettano che tu rinunci a tutto per il loro comodo. Se non lo fai, diventi il “cattivo”.

No, non mi scuserò più per aver scelto me stesso. Con nessuno.

Voi che ne pensate? Ho fatto bene?

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