**Diario di un uomo che ha perso tutto**
Oggi ho 54 anni, e non mi resta più nulla.
Mi chiamo Vittorio. Con mia moglie Marina abbiamo vissuto insieme trent’anni. Per tutta la nostra vita condivisa, ho creduto di fare il mio dovere: lavoravo, guadagnavo, mentre lei si occupava della casa e dei figli. Non volevo neanche sentirla parlare di trovare un lavoro – pensavo fosse meglio che stesse a casa, vicino ai ragazzi.
Mi sembrava che vivessimo bene: senza grandi passioni, ma con rispetto reciproco. Con gli anni, però, ho iniziato a sentirmi stanco. Tutto mi sembrava grigio, monotono. L’amore se n’era andato, era rimasta solo l’abitudine. Lo credevo normale… finché una sera tutto è cambiato.
Quel giorno, mi fermai in un bar per bere una birra e lì incontrai Vittoria. Era più giovane di me di vent’anni – bella, spensierata, piena di vita. Un vero temporale. Iniziammo a parlare, e io, come un ragazzino, mi innamorai perdutamente. Cominciarono gli incontri segreti, poi la relazione.
Dopo qualche mese, decisi di non voler più una doppia vita. Credevo che Vittoria fosse la mia salvezza, la mia seconda possibilità. Feci coraggio a me stesso e confessai tutto a Marina.
Mi ascoltò in silenzio. Niente lacrime, niente urla. Solo un tranquillo «Capisco». Allora pensai che anche lei si fosse allontanata da me, se accettava così facilmente la mia scelta. Solo ora capisco quanto l’ho ferita.
Divorziammo velocemente. Vendemmo la casa. Vittoria insistette per non lasciarle nulla – diceva che dovevamo ricominciare da zero. Marina, con la sua parte, comprò un piccolo monolocale. Io, invece, misi i miei risparmi e con Vittoria prendemmo un bilocale.
Non pensai ai soldi per l’ex moglie. Né al fatto che, senza esperienza lavorativa, avrebbe avuto difficoltà. Ero convinto che stesse per iniziare il periodo più bello della mia vita.
I miei figli adulti rifiutarono di parlarmi. Mi consideravano un traditore, e avevano ragione. Ma allora non mi importava – ero felice. Vittoria aspettava un bambino, e io lo attendevo con gioia.
Quando nacque mio figlio, era un bel bambino… solo che non assomigliava né a me, né a Vittoria. Gli amici sussurravano dubbi, ma io li ignoravo: come poteva esserci qualcosa di sbagliato in questa nuova vita?
Intanto, la quotidianità diventava insopportabile. Lavoravo io, e tutto il peso della casa ricadeva su di me. Vittoria viveva come voleva: spariva di notte, tornava ubriaca, urlava senza motivo.
Senza riposo e pieno di ansia, iniziai a fallire al lavoro, finché mi licenziarono. I soldi finirono, i debiti aumentarono. La vita si trasformò in un incubo.
Durò tre anni.
Finché mio fratello, che non aveva mai fiducia in Vittoria, non insistette per un test del DNA. Il risultato fu spietato: io non ero il padre del bambino.
Divorziammo subito. Senza altre parole.
Rimasi senza nulla: nessuna famiglia, nessuna casa, nessun rispetto dai miei figli. Solo vergogna e solitudine.
Dopo un po’, decisi di rimediare. Comprai fiori, una torta, una bottiglia di vino e andai a chiedere perdono a Marina. Sognavo di ricominciare.
Ma quando arrivai al suo vecchio indirizzo, una sconosciuta aprì la porta. Marina si era trasferita da tempo.
Trovai il suo nuovo appartamento. Bussai. Ad aprirmi fu un uomo. Il nuovo amore della sua vita.
Scoprii che dopo il divorzio aveva trovato un buon lavoro, conosciuto una brava persona e ricostruito tutto. Senza di me.
Ci incontrammo per caso in un bar. Provai a parlarle, a ricordare il passato, a chiederle di tornare insieme.
Mi guardò come se fossi un estraneo. Non disse nulla. Si alzò e se ne andò.
E allora capii il peso dei miei errori.
Oggi ho 54 anni. Non ho più nulla: né moglie, né lavoro, né i miei figli accanto.
Ho perso tutto ciò che contava. E la colpa è solo mia.
A volte la vita non dà una seconda possibilità. E il dolore del proprio tradimento è il più amaro di tutti.