Inferno Culinario: La Guerra con la Suocera
La mia vita in un paesino sulle rive del Po si è trasformata in un incubo senza fine grazie a mia suocera, convinta che io sia una disastrata in cucina. Le sue continue critiche sul mio modo di cucinare mi stanno portando alla disperazione. Ogni sua visita è un nuovo scandalo, un nuovo rimprovero che mi prosciuga le energie. Sono stanca di sopportare, e la mia rabbia sta per esplodere, minacciando di distruggere il fragile equilibrio familiare.
Mia suocera, Beatrice De Luca, non perde occasione per ricordarmi che non so cucinare. La cosa che la fa impazzire di più è che preparo piatti che durano per giorni. “Mio figlio deve mangiare la stessa cosa tre giorni di fila? Non riesci proprio a cucinare qualcosa di fresco ogni giorno?” dice con sdegno. Beatrice è una chef professionista, i suoi piatti sono capolavori. Io, invece, la cucina non la amo. Per me l’importante è che il cibo sia semplice, commestibile e non mi rubi troppo tempo. Se risponde a questi requisiti, sono soddisfatta.
Durante la settimana preparo piatti basici: minestrone, pasta al pomodoro, patate con salsiccia. Mio marito, Luca, non si lamenta—a lui va bene tutto. Ma nei weekend, lui si trasforma in uno chef stellato, passando mezza giornata ai fornelli. Il risultato? Una montagna di pentole sporche, il piano cottura imbrattato e pure il pavimento, che Luca riesce sempre a insudiciare. Non ho nulla contro la sua passione, ma dopo una giornata di lavoro non ho proprio voglia di fare miracoli ai fornelli. Luca mi capisce, sua madre no.
Ogni sua visita è un esame. Apre il frigo e arriccia il naso: “Ancora la minestra di ieri? Davvero non riesci a scongelare la carne e preparare qualcosa di fresco? Non ci vuole mica tanto!” A parole è facile, ma dopo una giornata in ufficio l’unica cosa che desidero è crollare sul divano. Luca mi sostiene e non pretende pasti gourmet ogni giorno, ma Beatrice non ha la minima intenzione di mettersi nei miei panni.
Di recente ho avuto un figlio, Matteo. La vita è diventata ancora più dura. Il piccolo non dorme quasi mai, io cammino come un fantasma, stremata. A volte non ho nemmeno il tempo di cucinare, e Luca deve arrangiarsi con i tortellini pronti. Quando Beatrice vede in frigo degli avanzi o del salame, scatta: “Mio figlio si ritroverà l’ulcera con questa roba! Lui tace per non ferirti, ma io no!” Le sue parole mi trafiggono. Perché viene? Solo per umiliarmi e rovinarmi i nervi?
Non ha mai offerto aiuto, nonostante veda che sono stremata. Poco fa, Matteo ha iniziato a mettere i dentini, e per una settimana non ho chiuso occhio, cullandolo tra le braccia. Proprio in uno di quei giorni è arrivata Beatrice. Senza bussare, è andata dritta al frigo, ha aperto la pentola del risotto e l’ha annusata con disgusto. “Da quanti giorni è lì?” ha chiesto. “Non lo so, l’ha fatto Luca,” ho risposto esausta. “Certo! Che altro può fare, per non morire di fame?” ha urlato. “Lui si spacca la schiena per mantenerci, e tu stai a casa senza nemmeno cucinare decentemente! Mio marito non ha mai toccato un mestolo in vita sua!”
Ho sentito la rabbia salirmi alla gola. Le sue parole erano ingiuste, mi colpivano dove faceva più male. Sono una pessima madre, una pessima moglie, una schiappa in cucina. Le lacrime mi bruciavano gli occhi, ma ho resistito. Quella sera ho messo Luca di fronte a un ultimatum: “O convincerai tua madre a venire meno spesso e a smetterla con queste scenate, o non le aprirò più la porta. Non ce la faccio più!” La mia voce tremava, temevo di esplodere e dirle cose che non avremmo più potuto rimediare.
Ogni notte resto sveglia, ripensando alle sue accuse. Ricordo come all’inizio del nostro matrimonio cercavo di compiacerla, sorridevo mentre criticava i miei piatti. Ma il suo disprezzo è solo cresciuto. Mi sento sull’orlo del baratro. Se Luca non mi difenderà, il nostro matrimonio potrebbe finire. Non voglio una guerra con Beatrice, ma non ho più la forza di sopportarla. Spero che ascolterà suo figlio e smetterà di tormentarmi. Altrimenti, non garantisco per me stessa—la rabbia accumulata negli anni potrebbe esplodere, e allora non ci sarebbe più ritorno.
Seduta nel silenzio del nostro piccolo appartamento, guardo Matteo che dorme e mi chiedo: perché tutto questo? Volevo essere una brava moglie, una brava madre, ma mia suocera ha trasformato la mia vita in un campo di battaglia. Le sue parole feriscono come coltelli, e ogni sua visita è un nuovo colpo. Sogno il giorno in cui smetterà di intromettersi, ma temo che non arriverà mai. Resisterò? O il mio matrimonio e la mia pazienza cederanno, come un filo troppo sottile, sotto il peso del suo eterno scontento?