Devi lasciare la mia casa entro un mese! – dichiarò la suocera

—Dovete lasciare la mia casa entro un mese! — annunciò la suocera con tono deciso.

La vita con Massimo sembrava scorrere come un bel valzer: due anni insieme e poi la decisione di sposarci. Con la suocera, Luisa De Rossi, avevo sempre avuto un buon rapporto. Mi era sembrata una donna saggia e gentile, di cui apprezzavo i consigli e rispettavo l’opinione. Credevo di essere fortunatissima: non si intrometteva mai nei nostri affari, non faceva commenti, e il suo affetto mi riempiva il cuore.

Il matrimonio lo pagò tutto lei. I miei genitori, purtroppo, non potevano permettersi grandi spese a causa delle difficoltà economiche e si limitarono a un contributo modesto. La festa fu splendida, ed ero convinta che ci aspettasse una vita felice. Ma subito dopo le nozze, quando ancora non ci eravamo ripresi dall’euforia, Luisa ci chiamò per un discorso serio. Le sue parole caddero come un fulmine a ciel sereno.

—Figlioli, ho fatto il mio dovere — iniziò, fissandoci con fredda determinazione. — Ho cresciuto Massimo, gli ho dato un’istruzione, l’ho aiutato a sposarsi. Ora siete una famiglia, e non voglio che ve la prendiate, ma avete un mese per andarvene di casa. È ora che affrontiate la vita da soli. All’inizio sarà dura, ma imparerete a cavarvela, a risolvere i problemi. Io… merito finalmente di vivere per me stessa.

Fece una pausa, poi continuò, come se ogni parola fosse un chiodo piantato nel cuore:
—E non contate su di me se arriveranno i nipoti. Ho dato tutto a mio figlio, e non ho più energie per crescere altri bambini. Sarete sempre i benvenuti a casa mia, ma io sono una nonna, non una babysitter. Non giudicatemi. Capirete quando avrete la mia età.

Rimasi lì, stordita. Dentro di me infuriava un uragano di emozioni: rabbia, delusione, confusione. Come poteva fare una cosa simile? Luisa si sarebbe goduta la vita nella sua spaziosa casa di tre stanze nel centro di Firenze, mentre noi saremmo finiti in un affitto, a contare ogni centesimo. E la cosa più assurda? Massimo aveva diritto a una parte di quella casa! Perché dovevamo andarcene? E poi i nipoti… Non è che tutte le nonne sognano di viziare i bambini? Ma la nostra, a quanto pare, era l’eccezione.

Aspettavo che Massimo reagisse, che ci difendesse, ma lui… annuì. Senza protestare, si mise subito a cercare case in affitto e lavoretti per garantirci una sistemazione. Io ero furiosa. I miei genitori non potevano aiutarci, ma come poteva Luisa, che per anni era stata così premurosa, trasformarsi in una persona così egoista?

Ogni giorno ripensavo alle sue parole, e ogni volta mi facevano più male. Come poteva tirarsi indietro così? Tutti quei sorrisi e quelle carezze prima del matrimonio erano solo una maschera? Mi sentivo tradita, e l’idea di dover ricominciare da zero in una casa sconosciuta mi riempiva di disperazione. Massimo, invece, era determinato. Diceva che era la nostra occasione per dimostrare di essere una vera famiglia. Ma come potevo pensare al futuro, quando tutto ciò che credevo sicuro crollava davanti a me?

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