Settant’anni e un nuovo amore: ora ha tagliato i ponti con noi.

Nostro nonno, Renzo Bianchi, a settant’anni era sempre stato il pilastro della nostra grande famiglia. La sua parola era legge, la sua saggezza una guida. Noi, i suoi figli, nipoti e pronipoti, lo rispettavamo e seguivamo ogni suo consiglio. Così è stato fino a poco tempo fa. Renzo e la nostra defunta nonna, Liliana, avevano vissuto in perfetta armonia per oltre quarant’anni. Insieme avevano cresciuto due figli – i nostri genitori – tre nipoti e tre pronipoti. La nostra famiglia era un vero clan, unito da gioie e dolori, feste e prove.

Il nonno e la nonna erano il nostro sostegno. La loro spaziosa casa in un tranquillo paesino vicino a Bergamo, circondata da un curato giardino e orto, era per tutti noi una seconda casa. Si dedicavano volentieri alla cura della terra, e ci chiedevamo da dove trovassero tanta energia. La nostra famiglia era incredibilmente unita: ci riunivamo per ogni festa, andavamo insieme al Lago di Garda, e per il nonno e la nonna organizzavamo viaggi nelle migliori terme della Costa Azzurra.

Dividevamo le spese, facevamo di tutto per renderli felici. Loro, dal canto loro, non ci abbandonavano mai nei momenti difficili: ci mandavano conserve fatte in casa, ci aiutavano con il denaro, e una volta ci sostennero persino con il mutuo per la nostra giovane famiglia. Il loro amore e la loro cura erano per noi inestimabili.

Ma tre anni fa la nonna ci ha lasciato, e tutto è cambiato. Il nonno è rimasto solo, e abbiamo visto quanto fosse difficile per lui affrontare il dolore. Si è buttato a capofitto nei lavori di casa, cercando di riempire il vuoto. La casa e il terreno richiedevano forze che ormai non aveva più. Lo supplicavamo di trasferirsi in città con noi – perché torturarsi da solo in campagna? Ma il nonno era irremovibile.

“Questa è la mia terra,” diceva con fermezza. “Qui sono nato, qui resto. Me la caverò con i lavori, non preoccupatevi. E poi c’è Grazia.”

Grazia, la vicina, cominciò a fargli visita sempre più spesso. All’inizio gli portava da mangiare – il nonno non era mai stato un maestro in cucina. Le eravamo grati per le sue premure, non volevamo che si sentisse solo. Ma presto Grazia si trasferì da lui definitivamente. Allora eravamo persino contenti: il nonno, ancora forte e pieno di vita, ricominciò a sorridere, e nei suoi occhi tornò la luce. Lo andavamo a trovare, cercavamo di mantenere i contatti.

Grazia, bisogna ammetterlo, fin dall’inizio ci metteva a disagio. C’era qualcosa in lei che ci inquietava, ma cercavamo di ignorarlo – l’importante era che il nonno stesse bene. Tuttavia, un anno dopo la morte della nonna, lui e Grazia annunciarono che si sarebbero sposati. Fu uno choc. Non ci aspettavamo che le cose sarebbero arrivate a quel punto. Il nonno ci mise davanti al fatto compiuto, e noi non potemmo farci nulla.

Non tutti andarono al matrimonio. Mio padre, il figlio maggiore del nonno, era fuori di sé dalla rabbia. Diceva che il nonno aveva dimenticato troppo in fretta la nonna, tradendo la sua memoria. Fu allora che nella famiglia iniziò la divisione. Ma il vero incubo cominciò dopo, quando Grazia, diventata moglie del nonno, mostrò il suo vero volto.

Cominciò a imporre le sue regole. Ora non potevamo andare a trovare il nonno senza prima avvisare – Grazia voleva essere informata. Le tradizionali feste di famiglia, che celebravamo insieme, furono cancellate. Il nonno e Grazia passavano il tempo con i suoi parenti, mentre noi, a quanto pare, eravamo stati dimenticati. Persino con i nipoti e pronipoti che aveva tanto amato, il nonno smise di parlare.

Peggio ancora, tutti i gioielli della nonna, che avrebbero dovuto passare a noi come reliquie di famiglia, Grazia li diede alle sue figlie. Provammo a parlare con il nonno, ma Grazia era sempre presente, controllava ogni parola, faceva mettere il vivavoce durante le telefonate. Nei rari momenti in cui non c’era, il nonno comunque ci allontanava. Era diventato freddo, distante, come se sotto la sua influenza avesse dimenticato chi eravamo.

Cercammo di spiegare che non volevamo la sua casa o l’eredità. Volevamo solo tenere unita la famiglia, riavere il nonno che era stato tutto per noi. Ma lui ripeteva soltanto: “State lontani dalla mia nuova famiglia.” Quelle parole ci ferirono più di tutto. Come poteva un uomo, che era stato il centro della nostra vita, voltarci le spalle? E come potevamo vivere ora, sapendo che la nostra famiglia, una volta così salda, si stava sgretolando davanti ai nostri occhi?

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