**Diario di Luca**
Ieri, io e mia moglie, Sofia, abbiamo discusso del matrimonio di nostra figlia, Beatrice. Bea ha 27 anni ed è ora che costruisca la sua famiglia, soprattutto dopo aver incontrato un ragazzo perbene, Matteo. È un ingegnere serio, la tratta con rispetto e, fin dal primo incontro, io e Sofia ci siamo sentiti tranquilli. Tutto sembrava procedere verso il grande giorno: parlavamo già della data, dell’abito e degli invitati. Ma quando ho scoperto cosa la moglie di Matteo, la signora Elisabetta, ha preparato come “dote” per il figlio, sono rimasto senza parole. Ma siamo ancora nel Medioevo, dove il valore di una persona si misura in beni materiali?
Bea è una ragazza in gamba. Si è laureata, lavora come marketing manager e si mantiene da sola. Io e Sofia le abbiamo sempre insegnato a essere indipendente, a non contare solo sul marito. Ma, come genitori, volevamo comunque aiutare la coppia all’inizio. Avevamo deciso di regalare loro un acconto per l’ipoteca di una casa, e Sofia aveva già preparato un piccolo “corredo”: lenzuola belle, un servizio di piatti, persino le tende nuove per rendere il loro nido più accogliente. Pensavo fossero dettagli, ma importanti per dimostrare il nostro affetto. Anche Matteo, da parte sua, aveva risparmiato e promesso di contribuire equamente.
La settimana scorsa, io e Sofia siamo andati a casa della signora Elisabetta per parlare del matrimonio. Una donna elegante, sempre impeccabile, che parla come se dettasse legge. Seduti a tavola, mentre si beveva il caffè, lei ha esordito: “Luca, dimmi, cosa darete a Beatrice come dote? Da noi è tradizione che la sposa porti qualcosa di valore”. Sono rimasto di sasso. La dote? Ma stiamo scherzando? Dobbiamo portare capre e bauli d’oro? Ma Elisabetta era serissima. E poi ha tirato fuori: “Io ho già regalato a Matteo un’auto nuova e ho pagato metà del mutuo della casa. Voi cosa offrite?”
Ho quasi rovesciato la tazzina. Un’auto? Metà casa? Ma ci sta forse presentando un conto per il figlio? Ho sorriso e ho detto che anche noi avremmo sostenuto i ragazzi, senza entrare nei dettagli. Ma dentro ribollivo. Io e Sofia non siamo ricchi, ma per Bea abbiamo fatto tutto il possibile. Ora, però, sembra che il nostro contributo sia “poco”, mentre Elisabetta ha cresciuto un vero principe che deve essere ricompensato.
Tornato a casa, ho raccontato tutto a Beatrice. Lei ha riso: “Papà, ma che importa? Io e Matteo ce la caveremo da soli”. Ma io mi sentivo amareggiato, non per me, per lei. Bea è intelligente, generosa, e adesso viene giudicata come se fosse in un mercato medievale. Ho parlato con Sofia, ma lei, come sempre, ha cercato di smorzare: “Luca, non fissarti. L’importante è che si vogliano bene”. Facile a dirsi! Io invece non riesco a digerire: perché dovremmo giustificarci con Elisabetta? E poi, da dove vengono queste pretese? Crede che suo figlio sia una merce da pagare?
Qualche giorno dopo, Bea mi ha detto che anche Matteo è infastidito dai discorsi della madre. “L’auto e i soldi sono utili, ma non voglio che il matrimonio diventi una trattativa”, le ha detto. “Sposo Beatrice, non la sua dote.” A sentirlo, mi sono un po’ ammorbidito. Matteo ha la testa sulle spalle e ama davvero mia figlia. Ma Elisabetta non molla. Ieri mi ha chiamato per chiedere quanti invitati porteremo e se avremmo “aggiunto qualcosa di più sostanzioso” al corredo. Per poco non ho perso la pazienza.
Ora mi chiedo: come comportarmi? Da un lato, non voglio rovinare il rapporto con la futura consuocera. Il matrimonio dovrebbe essere una festa, e desidero solo la felicità di Bea. Dall’altro, quel tono da “voi dovete” mi rode. Io e Sofia abbiamo lavorato tutta la vita, cresciuto Beatrice, le abbiamo dato un’educazione, dei valori, il nostro amore. Non conta più di un’auto o di un mutuo? E poi, non dovrebbero essere i ragazzi a costruirsi il futuro? Io e Sofia siamo partiti da una stanza in affitto, eppure ce l’abbiamo fatta. Qui invece sembra di essere finiti in un’asta.
Beatrice, la mia saggia, cerca di mettere pace. “Papà, non preoccuparti. Se serve, faremo un prestito e compreremo casa senza dote.” Ma vedo che anche a lei pesa. Vorrebbe solo un giorno felice, non discussioni. Ho deciso: non parlerò più di soldi con Elisabetta. Farò quello che ritengo giusto. Regalerò a Bea e Matteo ciò che possiamo, e gioirò per loro. Se la consuocera vuole misurare i portafogli, è un problema suo.
Eppure, dentro di me resta un po’ di amarezza. Vorrei che il matrimonio fosse un affare di cuori, non di numeri. Ma sono certo che Bea e Matteo andranno lontano. Sono giovani, innamorati, determinati. E la dote? Elisabetta può tenersi le sue macchine. La vera dote di Beatrice è la sua intelligenza, il suo cuore. E questo, in qualsiasi famiglia, vale più di tutto l’oro del mondo.
**Lezione del giorno:** L’amore non ha prezzo, anche se qualcuno cerca di metterci l’etichetta.