Non sono la domestica di mia suocera

Non sono la domestica dei suoceri

Lavare i pavimenti a casa dei suoceri? Grazie, ma no! Io, Alessia, a trentotto anni ho deciso che è ora di vivere per me stessa, non di trascinarmi con lo straccio per la loro sontuosa villa. I miei suoceri, Vittorio e Maria, hanno rispettivamente novantadue e ottantatré anni e, certo, non sono più in grado di badare alla casa. Mio marito, Luca, è il loro unico figlio, nato quando loro avevano già passato i quaranta, e ora tutti si aspettano che io sia la loro salvatrice. Ma io non ho firmato per fare la serva! La gente chiacchiera, i suoceri fanno allusioni, ma io sono ferma: basta, il mio tempo è mio, punto.

Siamo sposati da dieci anni e per tutto questo tempo ho cercato di essere una brava nuora. Vittorio e Maria non sono cattivi, ma sono complessi. Lui, nonostante l’età, è ancora vivace: cammina col bastone, legge il giornale, ama raccontare storie della sua gioventù. Lei è più fragile, passa le giornate sulla sua poltrona a sferruzzare o guardare la televisione. La loro casa è grande, antica, con pavimenti di legno e stanze che si rifiutano di affittare o vendere. “È il nostro nido”, dicono. E io non avrei nulla in contrario, se questo “nido” non diventasse il mio incubo.

All’inizio del matrimonio, andavo spesso da loro, aiutavo a pulire, cucinavo, li accompagnavo dal dottore. Non mi pesava, pensavo fosse temporaneo. Ma gli anni passavano e le aspettative crescevano. Ora, ogni volta che andiamo, Maria mi guarda con aria afflitta e sospira: “Alessia, qui servirebbe una bella lavata, è tutto impolverato”. E Vittorio aggiunge: “Sì, nuora, tu sei così brava a sistemare, ci penserai tu”. Brava a sistemare? Io lavoro nel marketing, ho due figli, un mutuo e mille cose da fare. Quando dovrei essere la loro donna delle pulizie?

L’altro giorno è scoppiato il finimondo. Appena arrivata, Maria mi ha piazzato in mano il secchio e lo straccio: “Alessia, lava un po’ i pavimenti, io non ce la faccio più, mi fanno male le gambe”. Sono rimasta di sasso. Ma scusa, ora sono assunta ufficialmente? Ho rifiutato con gentilezza: “Maria, scusami, ma ho mal di schiena e un sacco di cose da fare”. Lei ha tirato su il labbro e Vittorio ha borbottato: “I giovani d’oggi sono pigri”. Pigri? Io dopo lavoro vado a prendere i bambini a scuola, controllo i compiti, mangio in piedi, e loro mi parlano di pigrizia?

Ho detto a Luca che non laverò più i loro pavimenti. Lui, da buon diplomatico, ha cercato di smussare: “Alessia, sono anziani, fanno fatica. Dài, fallo una volta, cosa ti costa?”. Una volta? Ma è ogni volta! Gli ho ricordato che i suoi genitori hanno la pensione e potrebbero assumere una domestica. Ma lui ha solo sospirato: “Lo sai, non vogliono estranei in casa”. E io, quindi, non sono un’estranea, per questo possono sfruttarmi? Ho messo giù il veto: o una domestica o non tocco più quei pavimenti. Luca ha promesso di parlarne, ma so che ha pietà di loro e non insisterà.

I vicini, ovviamente, ne parlano già. I pettegolezzi qui volano più veloci del vento. L’altra giorno, la signora Giovanna, vicina dei suoceri, mi ha fermata al supermercato: “Alessia, ma come fai? Sono anziani, dovresti aiutarli! Hanno fatto tanto per Luca!”. Ho trattenuto a stento la risposta: “E io per Luca e i nostri figli cosa faccio, niente?”. Perché tutti credono che io debba dedicare la mia vita alla loro casa? Rispetto Vittorio e Maria, ma non sono la loro cameriera. Ho una famiglia, dei sogni. Vorrei iscrivermi a yoga, portare i bambini in vacanza, leggere un libro senza pensare ai pavimenti di altri.

Ho proposto un compromesso: andremo a fare la spesa per loro, li accompagneremo dal medico, ma la pulizia non è affar mio. Maria ha fatto una faccia storta: “Alessia, vuoi davvero portare degli sconosciuti in casa?”. E Vittorio: “Pensavamo che fossi come una figlia per noi”. Figlia non significa serva! Sono rimasta calma, ma dentro ribollivo. Perché nessuno pensa ai miei sentimenti? Ho passato la vita a cercare di accontentare tutti, ora basta.

La mia amica, dopo che mi sono sfogata, mi ha detto: “Hai ragione. Metti dei limiti, o ti schiacceranno”. E ho deciso: basta. Non tocco più il loro secchio. Se vogliono la casa pulita, assumano qualcuno o chiedano a Luca. Lui, tra l’altro, non si precipita a lavare i pavimenti, ma per qualche motivo la responsabilità è sempre mia. A volte sogno di trasferirmi in un’altra città, per uscire da queste aspettative. Ma per ora imparo a dire “no”. E sapete? È liberatorio.

I vicini possono continuare a spettegolare, i suoceri a lamentarsi. Non sarò la nuora che si rovina per l’approvazione degli altri. Vittorio e Maria hanno avuto una lunga vita, sono gente forte. Io non sono il loro prolungamento, ho la mia strada. E se questo significa rifiutarmi di lavare il loro pavimento, lo faccio senza rimpianti. Il mio tempo è adesso, e non lo sprecherò con secchi e mocio. A Luca la scelta: stare dalla parte della sua famiglia o delle aspettative dei genitori.

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