Ora chiedo solo un piatto di zuppa

Oggi ho settantasette anni, e sono arrivata al punto in cui chiedo a mia nuora, Beatrice, solo una scodella di minestra. Fino a poco tempo fa credevo che i suoi doveri fossero quelli di tenere la casa pulita, cucinare, fare lavori a maglia, occuparsi della famiglia, come facevo io ai miei tempi. Ma la vita è cambiata, e io, Maria Luisa, ho capito che le mie aspettative appartengono al passato. Mio figlio Luca e Beatrice mi hanno portato a vivere con loro, e ora mi sento tra l’ospite e il peso. Il cuore mi fa male a pensarci, ma sto imparando ad accettare la realtà, anche se dentro di me ancora cova un po’ di amarezza.

Un tempo ero la padrona di una grande casa. Mi alzavo all’alba, preparavo sughi, cucinavo lasagne, ricamavo tende e crescevo Luca. Mio marito, che Dio l’abbia in gloria, lavorava in fabbrica, e io mi occupavo della casa per fargli trovare un rifugio accogliente. Pensavo che fosse giusto così: la donna come custode del focolare, e la nuora, quando fosse arrivato il momento, avrebbe proseguito la tradizione. Quando Luca portò a casa Beatrice, sperai che lei diventasse come una figlia per me, che avremmo condiviso le faccende domestiche e scambiato ricette, come nei bei vecchi tempi. Invece tutto è andato diversamente.

Beatrice è una donna moderna. Lavora in ufficio, sempre incollata al telefono, veste alla moda e raramente cucina. Quando lei e Luca si sposarono, vivevo ancora nel mio appartamento, ma due anni fa la salute iniziò a vacillare: gambe deboli, vertigini. Luca insistette perché mi trasferissi da loro: “Mamma, ce la facciamo, starai meglio con noi”. Accettai, vendetti casa per non essere di peso e diedi i soldi per ristrutturare la loro abitazione. Pensavo che avrei potuto aiutare con le faccende domestiche, ma presto capii che Beatrice non voleva il mio aiuto — né le mie aspettative.

Fin dal primo giorno notai che non gradiva la mia presenza in cucina. Una volta le proposi di preparare la pasta al ragù, come piaceva a Luca, e lei sorrise dicendo: “Maria Luisa, non si preoccupi, ordino qualcosa d’asporto, è più veloce”. D’asporto? Per me il cibo era cura, non un ordine su un’app. Provai a pulire, ma Beatrice mi fermò dolcemente: “Non serve, abbiamo un robot aspirapolvere”. Un robot? E dov’è l’anima, dov’è il calore? Stavo zitta, ma dentro di me cresceva la sensazione di essere di troppo. Luca, mio figlio, si limitava a scrollare le spalle: “Mamma, Bea ci pensa, riposati”. Riposarmi? A settantasette anni, riposo non significa stare in ozio, ma sentirmi utile.

Ma la ferita più profonda è il suo atteggiamento. Io credevo che una nuora dovesse rispettare la suocera, aiutarla, ascoltare i suoi consigli. Invece Beatrice fa tutto a modo suo. Cucina insalate con avocado, non polpette come insegnavo io. La loro casa è pulita, ma fredda — mancano quei dettagli che la rendono viva: nessun centrino ricamato, nessun profumo di pane appena sfornato. Una volta osai suggerire: “Bea, magari prepariamo una crostata, a Luca piace quella con la marmellata”. Ma lei rispose: “Maria Luisa, ora mangiamo meno dolci, dieta”. Dieta? E l’anima di cosa si nutre?

Cominciai a offendersi. Pensavo che non mi rispettasse, che non apprezzasse la mia esperienza. Provai a parlare con Luca: “Figlio, tua moglie non si occupa della casa, tutto ordinato, tutto con il telefono. Ma questa è una famiglia?” Lui si limitò a replicare: “Mamma, per noi va bene così, non drammatizzare”. Va bene? Forse per loro, ma io mi sento come un mobile spostato in un angolo. Quando mi lamentai con una vicina, mi disse: “Maria, i tempi sono cambiati, le nuore non sono più come una volta”. Ma io non voglio dare la colpa ai tempi. Voglio essere vista, non solo sfamata e messa a letto.

Qualche giorno fa ho capito che non ce la facevo più. Beatrice stava preparando la cena — qualcosa con pollo e una salsa strana. Ero seduta in camera mia, sentivo ridere lei e Luca, e all’improvviso mi sono sentita un’estranea. Mi sono alzata, sono andata in cucina e le ho detto: “Bea, per favore, fammi una scodella di minestra. Semplice, come piace a me, con le patate”. Lei ha sorpreso, ma ha annuito: “Va bene, Maria Luisa, domani la faccio”. E ieri l’ha portata a me — una minestra normale, calda, quasi come la mia. L’ho mangiata e mi è mancato poco da piL’ho assaporata in silenzio, sapendo che era l’inizio di un nuovo modo di capirci, piccolo e fragile come la luce di una candena.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

one × four =

Ora chiedo solo un piatto di zuppa