Dimostrerò di farcela da sola

Dimostrerò che posso farcela senza di lui

Quando mio marito, Marco, mi ha detto in faccia: “Alessia, io posso vivere senza di te, ma tu senza di me no”, io, Alessia, ho sentito il terreno mancarmi sotto i piedi. Non è stato solo offensivo, è stata una sfida lanciata dritta al cuore. Lui crede che io sia debole, dipendente, che senza di lui la mia vita crollerà? Ebbene, vedremo! Da quel giorno ho deciso: basta essere un’ombra nel suo mondo. Ho trovato un lavoro part-time per iniziare a costruire la mia vita, senza la sua “protezione”. Che sappia che non solo sopravviverò, ma diventerò più forte di quanto lui possa immaginare.

Io e Marco siamo sposati da otto anni. È sempre stato il “capo” della famiglia: guadagnava, prendeva le decisioni, mi diceva cosa fare. Lavoravo come receptionist in un salone di bellezza, ma dopo il matrimonio ha insistito perché lasciassi: “Alessia, perché dovresti sgobbare? Penso io a tutto”. Ho accettato, pensando fosse amore. Ma col tempo ho capito: non era amore, era controllo. Decideva cosa indossavo, con chi parlavo, persino come preparavo la cena. Ero diventata una casalinga che viveva per la sua approvazione. E poi, dopo un altro litigio, ha tirato fuori quella frase: “Senza di me non sei nessuna”. Quelle parole bruciavano come ferro rovente.

Il litigio era iniziato per una stupidaggine: volevo andare a trovare un’amica nel weekend, ma lui mi ha impedito: “Alessia, devi stare a casa, chi preparerà la cena?” Mi sono ribellata: “Marco, non sono la tua serva!” E allora ha detto quelle parole. Io sono rimasta lì, come fulminata, mentre lui se ne è andato in un’altra stanza come se niente fosse. Ma per me è stato un momento cruciale. Ho passato la notte a ripensarci. Aveva ragione? Davvero non posso farcela senza di lui? Poi è scattata la rabbia. No, Marco, ti dimostrerò che ti sbagli.

Il giorno dopo ho agito. Ho chiamato la mia amica Simona, che lavora in un bar, e le ho chiesto se cercavano personale. Si è stupita: “Alessia, non lavori da una vita! Perché vuoi farlo?” Ho risposto: “Per dimostrare che posso farcela”. Una settimana dopo, ho iniziato come cameriera part-time. Non è un gran lavoro: portare i vassoi, sorridere a clienti difficili, ma sono i miei soldi, la mia indipendenza. Quando ho preso il primo stipendio, anche se piccolo, ho quasi pianto dall’orgoglio. Io, Alessia, che, secondo Marco, “non sono capace di niente”, ho guadagnato i miei soldi!

Marco, quando l’ha scoperto, ha solo sbuffato: “E allora, adesso ti metti a portare i piatti? Ridicolo”. Ridicolo? Ho sorriso: “Vedremo chi riderà quando sarò in piedi da sola”. Pensava che avrei mollato dopo una settimana, ma io resisto. Il lavoro è faticoso, ma ogni giorno mi sento più forte. Ho iniziato a mettere da parte i soldi, pochi per ora, ma è il mio “fondo libertà”. Voglio iscrivermi a un corso, magari per diventare estetista o contabile. Non ho ancora deciso, ma so una cosa: non tornerò alla vita in cui Marco decide chi sono.

Mia madre, quando l’ha saputo, ha scosso la testa: “Alessia, perché ti complici la vita? Parla con Marco, fate pace”. Fare pace? Non voglio pace con chi mi considera un nulla! Simona, invece, mi ha sostenuto: “Brava, Alessia! Fagli vedere che non sei la sua ombra!” Le sue parole mi hanno dato forza. Ma, a volte, ho dei dubbi. La sera, quando torno stanca e Marco fa finta di niente, penso: e se avesse ragione? E se non ce la faccio? Poi ricordo le sue parole e capisco: devo andare avanti. Non per lui, ma per me.

Sono passati due mesi e già vedo i cambiamenti. Ho perso peso, perché non ho tempo di mangiare per noia. Ho imparato a dire “no”, non solo ai clienti, ma anche a Marco. Quando ha detto: “Alessia, preparami la cena, ho fame”, ho risposto: “Marco, vengo dal lavoro, ordiniamo una pizza”. È rimasto scioccato, ma non ha detto niente. Forse inizia a capire che non sono più quella di prima. E io inizio a capire chi sono davvero.

A volte sogno che mi chieda scusa, che dica: “Alessia, ho sbagliato”. Ma Marco non è il tipo che ammette i propri errori. Lui aspetta che io “rientri nei ranghi” e torni a fare la moglie obbediente. Ma io non tornerò. Quel part-time è solo l’inizio. Voglio un mio appartamento, una mia carriera, la mia vita. Se lui crede che senza di lui io affonderò, che guardi mentre decollo. E se dovesse andarsene? Beh, ormai so che sopravvivrò. Perché io sono Alessia, e sono più forte di quanto lui possa mai immaginare.

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