Mi chiamo Elisa, e ho una storia che mi tormenta da anni. Forse raccontarla mi aiuterà a trovare pace.
La mia famiglia non è mai stata un modello di armonia. Vivevamo a Palermo, e fin da piccola ho visto gli adulti trascinarsi dietro rancori, pettegolezzi, alcolismo e umiliazioni. Mia madre ha una sorella, Luisa, il cui figlio, mio cugino Marco, sposò una ragazza… diciamo poco fedele. Tradimenti continui, litigi fragorosi, un divorcio breve perché poi tornavano insieme, come se fossero dipendenti l’uno dall’altra. Ebbero due figli, ma l’amore non crebbe mai. E la zia Luisa è afflitta da una forte dipendenza dall’alcol, non mantiene un lavoro da anni: ubriacature, licenziamenti, e la famiglia ormai ha alzato le mani.
Una volta, la moglie di Marco ebbe seri problemi ai reni. Io e mia madre andammo a trovare la nonna, Giuseppina, e lei ci raccontò della malattia. Mia madre reagì male: «Doveva pensare di più con la testa e meno con altro». Avremmo potuto dimenticare la cosa, ma la nonna, che non ha peli sulla lingua, ripeté tutto alla donna malata. E allora scoppiò il finimondo.
La zia, ubriaca fradicia, aggredì mia madre, difendendo la nuora come fosse sua figlia. Noi non replicammo e ce ne andammo. Ma il colpo più duro venne dopo: la nonna si schierò con Luisa e la sua famiglia. Smise di chiamarci, di cercarci. Per lei, sembravamo scomparse. Mia madre tentò di mantenere un legame, io no. In quel momento decisi: non volevo più avere a che fare né con quella parentela alcolizzata, né con chi poteva cancellarci così facilmente.
Sono passati otto anni. La nonna ha quasi ottant’anni. Recentemente ha chiamato mia madre, in lacrime, chiedendo perdono. Lei, che ha un cuore tenero, ha perdonato. Io no.
Ora ho una bambina piccola, la mia gioia, il mio sole. Mia madre le ha parlato di lei, e la nonna, con voce tremante, ha chiesto almeno una foto. Dice che sogna di vedere la sua bisnipote, che prega ogni notte per un’occasione, anche solo un’occhiata. Ma io ho rifiutato.
Non per vendetta, ma perché dentro di me resta il dolore. Perché ricordo ancora il tradimento, le lacrime di mia madre che non capiva cosa avesse fatto per meritare quel trattamento. Perché la nonna mi ha insegnato che il legame di sangue non è sempre amore: a volte è una scelta. E lei non ha scelto noi.
Non so se ho ragione. Mia madre dice: «Non tenere rancore, Elisa, è anziana, stanca, vuole solo andarsene in pace». Ma dentro di me tutto si ribella. Non so se avrò un’altra occasione, domani potrebbe essere tardi, ma non sono pronta.
Dimmi… tu avresti perdonato?
A volte, il perdono è più difficile da dare che da chiedere, e il tempo non guarisce tutte le ferite.