Senza preavviso: come l’amore si trasformò in amara delusione

Mi chiamo Alessandra. Ho ventisette anni. Sono sicura di me, bella, con un buon lavoro e uno stipendio stabile. Avevo dei sogni semplici e chiari: sposarmi, avere due figli e un giorno sedermi al volante della mia macchina, comprata con i soldi guadagnati onestamente. Non cercavo la ricchezza, volevo solo amore e serenità.

Un anno fa ho conosciuto Marco. Sembrava maturo, affidabile, con un carattere equilibrato e un sorriso dolce. Mi sono innamorata, come forse accade solo una volta nella vita. Abbiamo iniziato a frequentarci, e poco dopo mi ha proposto di trasferirmi nel suo appartamento a Bologna. Non ci ho pensato due volte.

Ma i miei genitori erano assolutamente contrari.

“È già stato sposato, Alessandra! Se non ha saputo tenere unita la famiglia, il problema è lui,” diceva mia madre, guardandomi con preoccupazione.

Anche mio padre non nascondeva la sua antipatia. Ma io credevo che ognuno meritasse una seconda possibilità. E così sono partita. Ho portato valigie, vestiti, libri, un po’ di calore domestico. In quel momento non immaginavo che, varcando la soglia del suo appartamento, avrei anche oltrepassato il confine della fiducia.

In cucina, seduto a tavola, c’era un bambino di sette anni.

“È mio figlio, Davide. Vivrà con noi,” ha detto Marco con tranquillità, come se parlasse di un gattino e non di una persona a cui non ero pronta a fare da matrigna dal primo giorno.

Sono rimasta senza parole.

“Perché non me l’hai detto prima?”

“E cosa sarebbe cambiato?” ha scrollato le spalle. “Sua madre è andata a vivere con il nuovo marito a Milano, e il bambino per lei è un problema. Noi due da soli non ce la faremmo, tu sei una donna adulta…”

Ho cercato di convincermi che ce l’avrei fatta. Ho sempre amato i bambini. Pensavo che avremmo trovato un modo per andare d’accordo. Ma è andata tutto diversamente.

Davide era irritabile, capriccioso, maleducato. Mi insultava, faceva scenate, gridava che “cucinavo male” e che “puzzavo di estranea”. Se Marco mi si avvicinava, il bambino iniziava a fare i capricci pretendendo attenzione.

Ero stremata. Tornata dal lavoro, pulivo, cucinavo, lavavo, e poi dovevo anche occuparmi di un bambino che mi odiava apertamente. Ci provavo: gli offrivo aiuto con i compiti, giocavo con lui, leggevo fiabe. Lui mi voltava le spalle o chiamava suo padre. Per lui esistevo solo io.

Quando mi lamentavo con Marco, mi liquidava:

“Fai l’abitudine, sei grande. Sii più dura. Se non ti va, ignoralo. È un bambino, cosa vuoi che sia?”

Stringevo i denti. Ma ogni sera sentivo che mi mancavano le forze. Non avevo più voglia di tornare a casa. Non mi sentivo più amata.

Un giorno non sono tornata a casa. Sono andata dalla nonna a Firenze. Ho spento il telefono e sono sparita per una giornata. La mattina dopo, quando ho chiamato Marco, era freddo. Ho cercato di spiegargli:

“Marco, dobbiamo parlare. Non mi hai avvertito che avremmo vissuto in tre. Non ero pronta. Non riesco a comunicare con Davide, e tu non mi sostieni…”

“Sostenere? Sei un’adulta! Non sei riuscita con un bambino? È un tuo problema. Hai fallito la prova.”

“Che prova?” mi sono confusa.

“Quella di resistenza! Sei scappata. Significa che non fai per me. Ti piaceva il mio appartamento e i miei soldi, non io. Sei egoista!”

“Io egoista?! È la tua ex moglie l’egoista, se ha lasciato tuo figlio! E tu non me l’hai nemmeno detto! Non ero pronta a fare la madre!”

“Vattene,” ha detto freddo. “Prendi le tue cose e vattene.”

In silenzio, ho raccolto tutto. Le lacrime mi strozzavano, ma sono rimasta forte. Sono uscita dal suo appartamento e ho lasciato dietro di me quello che fino a ieri sembrava l’inizio di una nuova vita.

E sapete una cosa? Non mi pento. Ho capito che non devo dimostrare il mio valore a nessuno, specialmente a chi ha trasformato l’amore in un esperimento.

Credo ancora nella famiglia, ma ora so una cosa per certo: non permetterò più a nessuno di cambiare la mia vita di nascosto. Un uomo con un figlio non è una condanna. Ma un uomo che nasconde la verità non è di certo l’uomo giusto per me.

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