**Quando il tradimento risuona – una storia d’amore e perdono**
Giorgia stava zappando le aiuole in cortile quando la vicina Luisa si avvicinò. Con tono casuale, le disse:
“Giorgia, ma a tuo marito Antonio non gli dai da mangiare? Perché pare che ceni sempre a casa della maestra Valeria…”
Giorgia si bloccò. Le braccia le caddero lungo i fianchi.
“Luisa, ma che dici?!”
“Parlo serio, l’ho visto io stessa,” rispose l’altra con un sorriso malizioso. “Ieri sera, mentre passavo per parlare di mio figlio, ho sbirciato dalla finestra e lui era lì, seduto a tavola come se fosse di casa. Quando ho bussato, si è nascosto sotto il tavolo!”
“Non ci credo. Te lo sei inventato,” replicò Giorgia, ma un brivido le corse lungo la schiena.
“E che motivo avrei di mentire? Se non mi credi, pazienza. Ma poi non lamentarti se sarà troppo tardi.”
Giorgia fece finta di niente, ma il dubbio rimase. Del resto, ultimamente Antonio sembrava evitare la cena. Tre sere di fila tornava dal lavoro dicendo: “Sono stanchissimo, non ho fame.” Niente minestra, niente polpette.
Quella notte, mentre lui dormiva, Giorgia non riuscì a chiudere occhio. Lo osservò al chiaro di luna, lottando contro i suoi pensieri. “Non è possibile. Non può essere…”
Due giorni dopo, Antonio non tornò per cena. Il piatto si raffreddò. Senza resistere, Giorgia si gettò uno scialle sulle spalle e corse verso la casa della maestra Valeria.
Arrivata al cancello, esitò. La casa era silenziosa, solo il corridoio era illuminato. Ma quella giacca appesa? Sembrava proprio a quella di Antonio. Poi le venne in mente: sua figlia Beatrice aveva da poco imparato a ricamare e, orgogliosa, aveva decorato la fodera della giacca del padre con piccoli girasoli. Con un nodo alla gola, Giorgia la girò. I ricami le trafissero gli occhi come pugnali. Il cuore le batteva all’impazzata, le gambe cedettero. Cadde a terra in lacrime.
Un minuto dopo, Antonio apparve nel corridoio, disfatto e pallido.
“Giorgia… non è come pensi…”
“Non mi dire che stavi spiegando la grammatica fin a tardi,” replicò lei, la voce spezzata più dal dolore che dalla rabbia. “Io, povera scema, credevo fossi stanco… Invece sei qui con lei! E ti nascondi pure sotto il tavolo come un ladro!”
Lui cercò di seguirla, ma lei era già per strada.
“Giorgia, ti prego, perdono!”
“Che la gente guardi pure! Io non vado in giro a saltare nei letti degli altri. A me non fa vergogna, a voi due sì!”
Valeria sembrava una principessa in quel paesino. I locali non contavano nulla per lei. Viveva in un appartamento condiviso, contando i giorni prima di tornare in città. Finché un gradino del portico non cedette. Iniziò a piangere, e proprio allora passò Antonio. Offrì aiuto, aggiustò il legno. E poi… rimase per un caffè.
Da lì, tutto era cominciato.
Prima, biscotti del supermercato. Poi, pasta al forno. Poi, serate a chiacchierare in cucina. Valeria non lo amava, ma la solitudine pesava. E lui? Lui si sentiva importante. Una maestra, con lui!
Ma ora la verità era venuta a galla.
Giorgia piangeva nel cuscino. Le figlie, Beatrice di nove anni e Ludovica di sei, si strinsero a lei, piangendo senza capire.
Divorzio? E dove sarebbe andata? Senza famiglia, in mezzo ai pettegolezzi del paese. Lavoro? Quasi niente.
Antonio si sentiva in colpa. Per giorni non si avvicinò, vivendo come un estraneo. Cucinava da solo, lavava i suoi panni. Tentò di parlare, di scusarsi, ma Giorgia rimase dura.
“Torna dalla tua maestra. Io non ti merito.”
“Giorgia… pensa alle bambine…”
“Non usarle come scusa! Non ora!”
Passarono due mesi. La scuola finì, Valeria se ne andò. In casa regnava un silenzio gelido.
Agosto. L’ultima settimana d’estate. Le bambine giocavano nel cortile.
“Bea! Ludo!” chiamò Giorgia dalla finestra. Le figlie corsero dentro. La madre porse un fagotto.
“Portate a papà il pranzo, è in campagna.”
Correndo, le due raggiunsero il trattore di Antonio in mezzo al campo. Scuotevano le braccia come bandierine.
“Papà! Mamma ti manda da mangiare!”
Lui uscì dalla cabina, come svegliandosi.
“Mamma?! Ha mandato?!”
“Ecco!” disse Beatrice porgendogli il fagotto. “C’è la pasta e il pane.”
Antonio si sedette, distese tutto su un telo, respirò l’odore del pane fresco. Gli occhi gli bruciarono.
“Papà, piangi?”
“No, è solo polvere…”
Tornato a casa con un mazzo di fiori di campo, si avvicinò a Giorgia.
“Perdonami, Giorgia. E grazie.”
“Se non ti avessi perdonato, non ti avrei neanche dato da mangiare,” rispose lei, sorridendo per la prima volta da mesi.
Nove mesi dopo, nacque Andrea. Piccolo, paffutello, con gli occhi del padre.
E Antonio? Non mise mai più piede in casa di un’altra donna, neanche per chiedere il sale.
Ora lo sapeva: la sua casa era il tesoro più prezioso che avesse.