**12 Marzo**
Quando Matteo se n’è andato, mi sono sentita come un fulmine a ciel sereno. Ha preso tutti i nostri risparmi, quelli che avevamo messo da parte per comprare una casa, ed è scomparso. Proprio così, come se io e la nostra bambina di sei mesi non fossimo mai esistite. Sono rimasta sola in un appartamento in affitto, senza un euro, con una figlia tra le braccia e senza alcuna speranza.
E poi, proprio quel giorno in cui pensavo di aver toccato il fondo, qualcuno ha bussato alla mia porta. Aprii, e lì, davanti a me, c’era lei: mia suocera, Elena Vittoria. La stessa donna con cui avevo sempre avuto un rapporto freddo, teso, quasi ostile. Mi strinsi nelle spalle, aspettandomo i soliti rimproveri. Invece, con voce ferma, mi disse:
«Fa’ le valigie. Tu e la bambina venite a casa mia.».
Provai a rifiutare. Ci eravamo sopportate a malapena per anni, come poteva funzionare? Ma non mi lasciò neanche il tempo di parlare:
«Non sei un’estranea. E la piccola è mia nipote. Andiamo. Non vi lascerò per strada.».
Persino mia madre mi aveva detto che non poteva ospitarmi—la mia sorella maggiore viveva già da lei con i suoi figli, era troppo. E invece ecco lì mia suocera, l’ultima persona da cui mi sarei aspettata aiuto. Non trovai le parole, e sussurrai solo:
«Grazie…».
Elena Vittoria prese la piccola tra le braccia, le guardò negli occhi e le disse dolcemente:
«Allora, stellina, vuoi venire a vivere con la nonna? Leggeremo storie, faremo passeggiate, ti farò le treccine…».
Ero pietrificata. Quella stessa donna che un tempo chiamava mia figlia «figlia di nessuno» e diceva che avevo intrappolato suo figlio nel matrimonio, ora era tutta dolcezza e premure.
Nella sua casa ci diede la stanza più grande, trasferendosi lei in quella più piccola. La sera, ci servì verdure al vapore e pollo, poi mi fissò severamente:
«Stai allattando. Devi mangiare bene. Se vuoi qualcosa di fritto, va bene, ma per la piccola è meglio così. Ho preso anche degli omogeneizzati—se non le piacciono, dimmelo e ne compriamo altri.».
Non ce la feci più—scoppiai in lacrime, per il calore, la sorpresa, il dolore, la gratitudine. Mi abbracciò e sussurrò:
«Zacqua, cara. Gli uomini… che ci puoi fare? Nemmeno mio figlio ha conosciuto suo padre—l’ho cresciuto da sola. Non permetterò che anche tu debba farlo. Andrà tutto bene, devi solo resistere.».
Ho vissuto con lei per sei anni. Mia suocera non è diventata solo famiglia—ha preso il posto della madre che, a quanto pare, non ho mai avuto. Abbiamo cresciuto la bambina insieme, e poi mi sono risposata con un uomo che ha accettato me e mia figlia senza esitare.
Al mio secondo matrimonio, Elena Vittoria sedette al posto della madre della sposa—perché lo era davvero. Ora la mia bambina va già a scuola, e io aspetto un altro figlio, un maschietto. E mia suocera, la mia roccia inaspettata, mi chiede ogni giorno:
«Quando arriverà, il mio nipotino forte?».
Ecco il punto. Mio marito se n’è andato, ma sua madre è rimasta. È rimasta quando nessun altro ha voluto farlo. E questa, forse, è la vera famiglia.