Figlie criticano la madre “egoista” che ha dedicato loro tutta la vita

Nella sonnolenta campagna della Sicilia, dove il sole cuoce i pensieri e i pettegolezzi si arrampicano sulle mura dei vecchi palazzi, esisteva una regola non scritta: una madre deve sacrificarsi per i figli, dimenticando i propri sogni. Ma Elena, madre di due figlie ormai adulte, decise di ribellarsi a questa logica. La sua scelta di accettare l’eredità della sorella sconvolse la sua vita e scatenò l’indignazione di chi l’aveva sempre vista solo come un’ombra sacrificata.

Elena si era sposata giovane, piena di speranze. Aveva dato alla luce due bambine, Rossana e Simona, ma la felicità durò poco. Il marito, rivelatosi un farabutto, sparì tre anni dopo la nascita della secondogenita, lasciandola sola con due neonate. Crescerle da sola fu una fatica disumana. Elena rinunciò a tutto, lavorando fino allo stremo per garantire loro quel poco che poteva. Ma alcuni problemi, come una casa di proprietà, rimasero irrisolti.

Vivevano in una casetta ai margini del paese, con un orto che le teneva a galla nei momenti difficili. Le figlie crebbero, si sposarono e partirono per la città, affittando appartamenti. Elena restò sola. La salute crollò, e andò in pensione prima del previsto. Proprio allora, sua sorella maggiore, Clara, si ammalò gravemente. Elena, senza esitare, si trasferì da lei in città, in un ampio appartamento nel centro storico. Quello che vide la lasciò senza parole.

Clara, senza legami familiari, era vissuta solo per se stessa. Spendeva soldi in viaggi, teatri, vestiti alla moda, senza preoccuparsi del domani. Persino con la sorella era stata sprezzante: «Se non mi assisti, Elena, troverò qualcun altro. Ma poi l’appartamento non sarà tuo». Elena rimase scioccata da quell’egoismo, ma vivendo con Clara, cominciò a capirne la filosofia. Quando la sorella morì, lasciandole l’appartamento, Elena si svegliò dal torpore. Per la prima volta si chiese: e se vivessi per me?

Decise di restare in città, immersa nel rumore delle strade e nelle luci dei caffè. Dopo decenni, si sentì finalmente viva. Iniziò a visitare mostre, passeggiare nei giardini, persino iscriversi a un corso di ballo latino. Ma la sua felicità diventò un problema per le figlie.

Rossana e Simona erano abituate a una madre che anteponeva i loro bisogni ai propri. Rossana, con un mutuo sulle spalle, contava che Elena vendesse l’appartamento per darle una mano con le rate. Simona, in attesa del terzo figlio e in affitto, sognava di comprare una casetta con quei soldi. Avevano già pianificato tutto, senza consultarla. Ma Elena si rifiutò di vendere. Voleva restare in città e vivere la vita che non aveva mai osato desiderare.

«Sono stanca di sacrificarmi», disse alle figlie quando arrivarono a chiedere spiegazioni. «Adesso voglio vivere per me, almeno questa volta».

Le figlie andarono su tutte le furie. La chiamarono egoista, ingrata. «Hai vissuto solo per noi, e ora ci abbandoni per i tuoi capricci!», gridò Rossana. Simona, asciugandosi le lacrime, aggiunse: «Come puoi pensare solo a te, quando io ho tre figli e vivo in un bilocale?».

Elena tacque, ma il cuore le si spezzava. Ricordava i pasti saltati per comprare loro i vestiti nuovi, le notti passate a cucire per racimolare qualche soldo in più. E ora la accusavano di tradimento. La cosa peggiore? Non l’avevano aiutata nemmeno a badare a Clara. Erano comparse solo dopo la morte della zia, quando avevano fiutato l’eredità.

«Come puoi dimenticarti di noi e dei tuoi nipoti? Come osi goderti la vita in città?», sbottò Rossana prima di sbatterle la porta in faccia.

Simona smise di chiamare. La cancellarono dalla loro vita, definendola «una che si vuole troppo bene». Elena restò sola, ma non si pentì della sua scelta. Per la prima volta, si sentiva libera. Passeggiava lungo il lungomare, sorseggiava caffè nei bar, sorrideva agli sconosciuti. I suoi occhi, un tempo spenti dalla fatica, ora brillavano di vita.

Possiamo biasimarla? Aveva dato tutto alle figlie, ma alla fine aveva scelto se stessa. Loro, abituate ai suoi sacrifici, non accettarono che avesse diritto alla felicità. Chi era l’egoista? La madre che voleva vivere la sua vita, o le figlie che pretendevano nuovi sacrifici? Elena conosceva la risposta, ma questo non leniva il dolore della rottura. Sperava solo che un giorno capissero: anche una madre ha diritto a un cuore.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

sixteen − twelve =

Figlie criticano la madre “egoista” che ha dedicato loro tutta la vita