Mi chiamo Lorenza, e fino a pochi mesi fa ero convinta di sapere tutto sulla vita, sul matrimonio e sui tradimenti. Ma una visita ha stravolto la mia mente e mi ha fatto vedere tutto diversamente. Ora che il dolore si è un po’ attenuato, voglio raccontarti come sono andata dall’amante di mio marito pronta a strapparle i capelli… e alla fine sono diventata sua amica.
Due mesi fa, mio marito Riccardo se n’è andato. Ha semplicemente preso la sua borsa e ha detto che non poteva più vivere in un’atmosfera di continue critiche. Ero sconvolta. Avevamo passato dieci anni insieme, e anche se tra noi non c’era più né passione né intimità, non credevo che avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarmi. E soprattutto, non immaginavo che non se ne stesse andando nel vuoto, ma da un’altra donna.
Quando ho scoperto l’indirizzo di questa Gemma — così si chiamava — dentro di me qualcosa si è spezzato. Ero tesa come una corda. Il cuore mi batteva forte, le mani mi tremavano. Sono andata da lei, in una casa isolata nella campagna vicino a Siena, furiosa, umiliata, pronta a litigare come una pescivendola al mercato. Volevo sfogare tutta la rabbia che avevo accumulato, dirle tutto in faccia. Volevo riavere mio marito. O almeno capire… perché lei?
La porta è stata aperta da una donna esile, bassa, sulla quarantina. Nessun sorriso. Solo stanchezza negli occhi e una tristezza contenuta.
— Allora sei tu… — ho detto subito, senza preamboli. — Sei tu quella che mi ha portato via mio marito?
— Mi chiamo Gemma — ha risposto tranquilla. — Riccardo è andato ad aiutare mio fratello a riparare il tetto. Tornerà domani. Entra. Vuoi un caffè? O del latte fresco? L’ho appena munto.
Mi sono sentita come paralizzata. Ero venuta per litigare, e lei mi offriva latte appena munto! Sono entrata e ho guardato in giro. La casa era semplice, ma ordinata e accogliente. L’odore di erbe aromatiche, le lenzuola pulite, libri e album sulle mensole, un cesto con gomitoli di lana in un angolo.
— Come hai fatto a conquistarlo? — ho chiesto brusca. — Ha lasciato la città, il nostro appartamento, il comfort, il lavoro… per questo?
— Chiedilo a lui. È venuto da solo. Io non l’ho chiamato.
— Ah, davvero?! — ho quasi urlato. — E invece tu sei subito caduta ai suoi piedi quando hai visto un uomo con uno stipendio, con la macchina…
Gemma mi ha guardato con un’espressione compassionevole.
— Lorenza, ho cresciuto due figli da sola. Mio marito non c’è più da anni. So lavorare duramente e non ho illusioni. Ma so rispettare la persona che amo. Forse è questo che ha attirato Riccardo.
— Lui si sarà solo lamentato di me! E tu ne hai approfittato per infilarti nel nostro matrimonio!
— Non si lamentava — ha risposto dolcemente. — Raccontava. Di come tornava a casa e ogni sera gli facevi pesare tutto ciò che ti doveva. Di come lo umiliavi davanti agli amici, delle scenate. Lui voleva solo un po’ di pace. Voleva qualcuno che lo aspettasse senza pretese.
Mi sono zittita. All’improvviso mi sono sentita a disagio. Gemma non aveva né rabbia né falsa amarezza. Solo onestà.
— Anche tu sei stanca, Lorenza — ha proseguito. — Hai dolore e risentimento. Ma non litighiamo. Se lui deciderà di andarsene, lo lascerò andare. Non lo trattengo con la forza. Tra noi c’è solo… tranquillità.
Per la prima volta dopo mesi, non ho saputo cosa rispondere. Mi sono seduta al tavolo e abbiamo bevuto il caffè. Mi ha offerto una crostata, miele e formaggio fatto in casa.
Poi ha detto:
— Resta qui stanotte. È già buio. E c’è ancora tanto da dirci. Ti preparo il letto nella stanza di mio figlio, lui sta all’università.
Sono rimasta. Quella notte non ho quasi dormito. Nella mia mente continuavano a rimbombare le parole di Gemma, i ricordi delle litigate con Riccardo, di come avevo caricato su di lui la mia insoddisfazione, come urlavo, lo accusavo, mi compativo… ma non mi ero mai accesa che si spegnesse accanto a me.
La mattina dopo mi sono alzata in silenzio e le ho lasciato un biglietto:
*Gemma, sono venuta da te come un’inimica. Ma me ne vado con rispetto. Grazie per non avermi umiliata, per non avermi urlato contro, per non avermi cacciata. Se il destino ti darà la possibilità di essere felice, prendila. E se mai passerai da Siena, vieni a trovarmi. Solo per un caffè.*
Me ne sono andata. Senza isterismi. Senza drammi.
Riccardo non è tornato. Ma ormai non lo volevo più indietro. Adesso sapevo una cosa: quando una persona se ne va, è perché stava davvero male. E se qualcuno gli ha dato il calore che io non sono riuscita a dargli… che sia felice.
E io… ho ancora tutta la vita davanti.