**25 Ottobre, 2023**
Viviamo in un piccolo paesino della Sicilia, dove il tempo scorre lento e la famiglia dovrebbe essere sacra. Invece, mi ritrovo a lottare contro un vortice di stanchezza e solitudine. Sono Stefano, padre di tre bambini piccoli, e oggi scrivo perché non riesco a sopportare il peso di ciò che è successo. Mia madre e mia suocera, entrambe oltre i cinquant’anni, hanno deciso che i loro bisogni vengono prima dei miei. Sono partite per un ritiro di yoga sulle Dolomiti, lasciandomi solo con i bambini. E questa ferita brucia ancora.
I miei figli sono Matteo, di quattro anni, Ginevra di tre, e il piccolino, Domenico, che ne ha appena uno e mezzo. Mia moglie, Valeria, lavora dall’alba al tramonto per mantenere la famiglia. Non mi lamento di lei, fa quello che può. Ma io sono qui, da solo, con tre bambini che hanno bisogno di me ogni secondo. Matteo fa domande senza sosta, Ginevra piange per un nonnulla, e Domenico non vuole stare giù nemmeno un minuto. La mia vita è un ciclo infinito di panni da stendere, pasti da preparare, pavimenti da pulire e battaglie per non perdere la pazienza. Dormo quattro ore a notte, se va bene.
Quando aspettavamo Domenico, mia madre, Maria, e mia suocera, Angela, promisero che mi avrebbero aiutato. Dicevano che avrebbero portato i più grandi al parco, o tenuto il piccolo qualche ora per farmi riposare. Ci credevo, mi aggrappavo a quelle parole come a un’ancora di salvezza. Ma dopo la nascita di Domenico, tutto cambiò. Angela sbottò: «Ho una mia vita, non posso passare le giornate con i nipotini!». Mia madre, invece, cominciò a sospirare: «Sono stanca, voglio vivere per me, per una volta». Le loro parole sembravano un tradimento, ma speravo ancora.
Poi, il colpo finale. Si sono messe d’accordo e hanno annunciato la partenza per un ritiro di due settimane in montagna. «Abbiamo bisogno di staccare», disse mia madre, sorridendo. «Stefano, capirai, anche noi meritiamo un po’ di pace». Mia suocera aggiunse: «Voi giovani siete forti, ce la farete. Io alla vostra età facevo tutto da sola». Ero sconvolto. Sapevano quanto stessi soffrendo, vedevano le occhiaie, sentivano le mie richieste disperate. Ma la loro “pace interiore” valeva più delle mie lacrime.
Provai a dissuaderle. «Come faccio da solo con tre bambini?», chiesi. «Domenico ha la febbre, Matteo non obbedisce, a volte non ho nemmeno il tempo di mangiare!». Mia madre scrollò le spalle: «Dai, esageri. Tutti i genitori passano per questo». Angela fu ancora più fredda: «Non essere drammatico. Torneremo tra due settimane, non è la fine del mondo». La loro indifferenza mi trapassò il cuore. Mi sentivo abbandonato, come se io e i miei figli fossimo solo un fastidio per la loro nuova libertà.
Valeria, quando le ho raccontato della loro partenza, si è limitata a sospirare. «Che posso fare? È una loro scelta». Quelle parole mi hanno spezzato. Ero solo, contro il caos. Il primo giorno senza di loro fu un incubo: Domenico piangeva senza sosta, Ginevra rovesciò il succo sul divano, Matteo fece i capricci perché voleva andare al parco. Urlai contro di loro, poi piansi per la colpa. La mia vita era diventata un inferno, e nessuno mi tendeva una mano.
Telefonai a mia madre, sperando in un briciolo di rimorso. Ma lei, rilassata e serena, mi rispose: «Stefano, qui è bellissimo! Resisti, andrà tutto bene». Angela non rispose nemmeno. Il loro disinteresse mi uccideva. Ricordavo le promesse, i giuramenti di amore per i nipoti. E invece loro erano lassù a meditare, mentre io affogavo nel caos.
La vicina, Lucia, vedendomi distrutto, è venuta a controllare. Vide il disordine e gli occhi rossi, e mi abbracciò. «Stefano, non sei solo», sussurrò. «Posso tenere i bambini un paio d’ore, se vuoi riposare». La sua gentilezza è stata l’unico raggio di luce in questi giorni. Una sconosciuta mi ha mostrato più umanità dei miei stessi familiari.
È passata una settimana, e sono allo stremo. Domenico ha ancora la febbre, non dormo, e i bambini sentono la mia disperazione e diventano ancora più difficili. Non so come resistere altri sette giorni. Mia madre e mia suocera non chiamano, non scrivono, come se ci avessero dimenticato. Il loro egoismo mi lacera l’anima. Darei qualsiasi cosa perché tornassero e si prendessero cura dei nipoti, anche solo per un’ora. Ma hanno scelto se stesse, le loro montagne, il loro benessere. Io sono rimasto ad affogare.
Non posso perdonarle. Sapevano quanto avessi bisogno, ma hanno preferito il loro comodo. I miei figli, i loro nipoti, per loro sono solo un peso. Questa lezione è più amara di tutte: le persone di cui ti fidi possono voltarti le spalle nel momento più duro. Non so come le guarderò negli occhi al loro ritorno, se torneranno. Il mio affetto per loro si spegne, mentre il dolore cresce. Ma per Matteo, Ginevra e Domenico devo resistere, anche se tutto il mondo, anche la mia stessa famiglia, sembra essersi schierato contro di me.
**Una lezione imparata a caro prezzo:** a volte, chi dovrebbe sostenerci è il primo ad abbandonarci. Ma non importa quanto buio sia il momento, troverai la forza per chi ti ama davvero.