IL MARITO SE NE ANDÒ, MA LA SUOCERA RIMASE…
Quando Marco mi lasciò, rimasi come tramortita. Portò via tutti i risparmi che avevamo messo da parte per comprare casa e svanì, come se io e nostra figlia di sei mesi non fossimo mai esistite. Restai sola in un appartamento in affitto, senza un soldo, con una bambina tra le braccia e nessuna speranza.
Proprio quel giorno, quando credevo che tutto crollasse, qualcuno bussò alla porta. Aprii, ed eccola lì: mia suocera, Anna Rossetti. La stessa con cui avevo sempre avuto un rapporto gelido, pungente, quasi ostile. Mi strinsi, aspettandomi accuse e rimproveri. Invece, con voce ferma, disse:
«Prendi le tue cose. Verrai a vivere da me con la bambina.»
Cercai di rifiutare. Ci eravamo tollerate a fatica per anni, cosa poteva mai venirne di buono? Ma non mi lasciò nemmeno parlare:
«Non sei un’estranea. E questa piccola è mia nipote. Andiamo. Non vi lascerò per strada.»
Persino mia madre aveva detto di non avere spazio— «vive già con me tua sorella e i suoi figli, è già difficile così.» Eppure, ecco mia suocera, quella da cui mi sarei aspettata l’ultimo aiuto. Senza parole, sussurrai:
«Grazie.»
Anna Rossetti prese la piccola tra le braccia, le fissò gli occhioni e bisbigliò:
«Allora, stellina, vivrai con la nonna? Leggeremo storie, faremo passeggiate, ti farò le treccine…»
Ero sbalordita. Quella stessa donna che poco prima chiamava mia figlia «una trovatura» e diceva che avevo «intrappolato» suo figlio nel matrimonio, ora era tutta dolcezza e premura.
Nella sua casa, ci diede la stanza più grande, trasferendosi lei in quella più piccola. La sera, preparò verdure al vapore e pollo, posando il piatto con uno sguardo severo:
«Allatti ancora. Mangia sano. Se vuoi il fritto, per te va bene, ma per la piccola è meglio così. Ho anche comprato omogeneizzati—se non vanno bene, dimmelo, ne prendiamo altri.»
Non resistetti— scoppiai in lacrime. Per il calore, per la sorpresa, per il dolore, per la gratitudine. Mi abbracciò:
«Piano, cara. Gli uomini… cosa possiamo aspettarci? Neanche mio figlio ha mai conosciuto suo padre—l’ho cresciuto da sola. Non permetterò che tu faccia lo stesso. Andrà tutto bene, resisti.»
Vissi con lei per sei anni. Mia suocera divenne più che famiglia—sostituì la madre che, a quanto pare, non avevo mai avuto. Crescemmo la bambina insieme, e poi mi risposai—con un uomo che accettò me e mia figlia.
Al matrimonio, Anna Rossetti sedette al posto della madre della sposa—perché lo era davvero. Ora mia figlia va a scuola, e io aspetto un altro bambino—un maschietto. E la mia suocera, la mia più inaspettata roccia, mi chiede ogni giorno:
«Quando arriverà, il mio nipotino robusto?»
Ecco com’è andata. Il marito se ne andò, ma sua madre rimase. Rimase quando nessun altro volle restare. E questo non è, forse, il vero significato della famiglia?