Mamma è pronta a perdonare il tradimento di papà dopo cinque anni… ma noi no.

A volte sembra che mia mamma non abbia un cuore, ma un mare infinito di pazienza. Cinque anni fa, papà si è comportato in modo così meschino che ancora oggi non riesco a parlarne con calma. E lei? Sorride tranquilla e dice: «Quello che è successo è passato. È tornato, si è pentito, ha chiesto perdono… Vuole rifare famiglia insieme…»

Io e mio fratello, però, siamo assolutamente contrari. Perché ricordiamo tutto. E dimenticare certe cose sarebbe come tradire noi stessi. Quasi quarant’anni insieme. Dalla stanzetta in affitto alla villa in campagna. Prima una stanza condivisa, poi un bilocale, un trilocale, e infine un attico di lusso, oltre a una casa fuori Roma. Papà amava vivere alla grande. Auto nuove ogni due anni, ristrutturazioni degne di una rivista, elettrodomestici top di gamma.

E poi amava la sua segretaria. Letteralmente – gli piaceva sbirciarle sotto la gonna con regolarità. Finché un giorno lei gli ha annunciato di aspettare un bambino. Troppo tardi per l’aborto. E lui ha deciso: «L’amo, vado a rifarmi una famiglia!» Se fosse andato via e basta, ancora pazienza. Invece no. Si è messo a spartire i beni come se fossimo estranei. «Non mi sto mica fregando da solo?»

Io ero già sposata e vivevo con mio marito. Mio fratello, invece, abitava ancora con mamma. Avrebbe dovuto ricevere un appartamento per il matrimonio, papà aveva promesso. Dopo lo scandalo, però, delle promesse è rimasto solo l’aria. Niente regalo. Si è preso la casa, il box, l’auto, e ha svuotato l’appartamento di tutto ciò che considerava «suo». Ha pure lasciato mamma senza accesso al conto – i soldi servivano alla «nuova» famiglia, diceva.

Per mesi è tornato come un impiegato puntuale – una volta per lo sgabello preferito, un’altra per il set di bicchieri. Solo quando mio fratello ha cambiato la serratura, ha smesso. Allora abbiamo deciso di vendere l’appartamento per aiutare mio fratello a comprarne uno per sé. Al matrimonio, papà non è stato invitato – e non ha insistito. Dopo la sua fuga, le cose sono diventate più strette, ma ce l’abbiamo fatta.

Mamma è tornata al suo vecchio lavoro da commercialista, e l’hanno riaccolta a braccia aperte. Io e mio fratello ci siamo dati una mossa, e piano piano la situazione si è sistemata. Lui, invece, ha iniziato ad affondare. Problemi di salute, la giovane moglie di cui si fidava ciecamente l’ha cacciato di casa. Stavolta non ha nemmeno litigato per i soldi – le ha lasciato tutto, tenendosi solo la macchina e trasferendosi in un hotel.

E poi… le telefonate a mamma, i piagnistei: «Perdonami, sono stato un idiota… Torniamo insieme…» E indovinate? Lei l’ha ascoltato! È venuta da me e mio fratello e ci ha detto: «Vostro padre vuole riconciliarsi… Che ne dite di dargli un’altra possibilità?»

Io e mio fratello siamo rimasti senza parole. Le abbiamo risposto chiaro: se lo riaccogli, noi smettiamo di venire qui. Ti vogliamo bene e ti supporteremo sempre, ma riprenderti un traditore non è perdono, è un insulto a te stessa.

E di chiamarlo «papà», non ne vogliamo più sapere. Perché chi abbandona la famiglia per un’illusione non ha il diritto di farsi chiamare padre.

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