**MOTIVO D’AMORE**
— Perché sei così brusca? — chiese Ettore, sorpreso nel vedere Alice che preparava la valigia. — Che succede?
Alice fece scorrere le dita sui dorsi dei libri nello scaffale, quelli che lui chiamava con sufficienza “romanzetti da donne”.
— Ricordi che promettesti di insegnarmi a riconoscere i vini?
— E allora?
— Niente di niente, — rispose lei secca, gettando sul tavolo le chiavi di casa. — Come sempre.
— Non lo faccio apposta! — si scaldò lui. — Ho solo i miei impegni.
— E io, Ettore, ho la mia vita. E sono stanca di aspettare che tu ne faccia parte.
Alice aveva sempre sognato un amore come nei libri. Dove incontri qualcuno e, subito, ah, è Lui! Un turbine di emozioni, respiri all’unisono, tenerezze, cure e quella famigerata “chimica”. E se ci sono problemi, sono solo esterni, mai tra loro.
— Figlia mia, l’amore a prima vista esiste solo nelle fiabe, — le diceva dolcemente la mamma. — Nella vita, l’amore ha bisogno di un motivo. Anzi, più d’uno.
Alice sbatté le palpebre: — Un motivo? Mamma, quello è calcolo, non sentimento!
— Senza motivo si amano solo i gattini e i neonati. Ma perfino un gattino vorresti abituarlo alla lettiera, se ti piscia nelle ciabatte. E un uomo? Vorresti qualcuno che si prenda cura di te, che sia il tuo sostegno. Gli occhi belli vanno bene, ma solo all’inizio. E poi?
La mamma aveva ragione. Ma Alice non lo sapeva ancora.
Cercava il suo ideale, ignorando chi le stava accanto. Finché, un giorno, nel suo bar preferito arrivò un nuovo barista. Alto, occhi castani, voce vellutata. E quando, quella prima sera, le versò un calice di vino parlandole di note di ciliegia e vaniglia, il cuore di Alice sussultò.
Si innamorò. Davvero. Per sempre. Così le sembrava.
— È speciale, — assicurava all’amica. — Talentuoso, appassionato, diverso dagli altri.
— È un barista, Alice. Normale. E troppo sicuro di sé.
Ma lei non ascoltava nessuno. Neanche quando si comportò male con i suoi genitori. Neanche quando, con il primo stipendio dopo mesi senza lavoro, comprò una chitarra invece di pagare le bollette. Neanche quando lavorava due turni per pagare l’affitto e lui passava le giornate a giocare online.
Sopportò. Credette. Perché in lui c’era quel brivido, l’attrazione, la promessa di una favola.
Ma la favola finì presto. Ettore non era il tipo da impegnarsi. Voleva essere amato così com’era. Nutrito, sostenuto, ispirato. Lui, invece, viveva per sé. Con stile, libertà. Senza doveri.
Alice chiuse la valigia in silenzio. Fuori pioveva. Dentro, era vuoto e amaro.
Ricordò: nella borsa c’era ancora lo scontrino del loro primo appuntamento. Lui aveva promesso che era solo l’inizio. Invece, era stata la fine.
— Mi sbagliavo, — disse al vuoto. — Ho scambiato l’amore per attrazione. Adesso so: si ama senza motivo solo chi lo merita.
Quando tornò dai genitori, la mamma annuì:
— Finalmente. Bentornata, figlia mia adulta. Ora sai che l’amore non sono farfalle nello stomaco. È quando ti vedono. Ti ascoltano. Ti apprezzano. E ti ricambiano.
Alice sedette in cucina, si versò un tè. Per la prima volta dopo tanto tempo, bollente, forte, senza scuse annacquate. E per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì in pace.
A volte, per amare davvero, bisogna prima capire chi non merita di essere amato.