La mia ex suocera si vanta che suo figlio mi ha lasciato tutto dopo il divorzio: l’amara verità è che non c’era nulla da prendere.

La mia ex suocera si vanta che suo figlio mi abbia lasciato tutto dopo il divorzio: la verità amara è che non aveva niente da portare via

Anna sedeva nella cucina del suo piccolo appartamento a Firenze, guardando dalla finestra la pioggia grigia che bagnava il cortile. Il cuore le si stringeva dal dolore e dalla rabbia quando ripensava alle parole della sua ex suocera, Grazia Rossi. Lei, a testa alta, raccontava a tutti i vicini e conoscenti quanto suo figlio, Marco, fosse un uomo generoso. «Le ha lasciato tutto — l’appartamento, la macchina, perfino i mobili non li ha toccati! Se n’è andato con una valigia, un vero gentiluomo!», proclamava orgogliosa a destra e a sinistra. Se non si conoscesse la verità, sembrerebbe davvero un gesto nobile. Ma Anna sapeva come erano andate le cose, e quella bugia le bruciava dentro.

L’appartamento in cui viveva ora glielo aveva lasciato sua nonna prima del matrimonio. Anna ricordava come avesse custodito con cura le chiavi di quella casa, il suo rifugio, dove ogni crepa sul muro le era familiare. La macchina? L’aveva comprata lei, con i soldi messi da parte lavorando in ufficio, ancora prima che Marco entrasse nella sua vita. Lui non aveva mai speso un euro né per l’una né per l’altra. Quando la suocera descriveva come suo figlio «non avesse preso niente di casa», Anna sorrideva amaramente. E cosa avrebbe potuto prendere? Tutto quello che c’era in quell’appartamento — dal divano al bollitore — lo aveva comprato lei o glielo avevano regalato i suoi genitori. Marco? Era un ospite nella loro casa, non il padrone.

Il loro matrimonio era durato quattro anni, ma per Anna erano stati quattro anni di battaglia. Marco aveva lavorato sì e no due anni in tutto. Il resto del tempo «cercava se stesso». Lavoro d’ufficio? Troppo lontano. Lo stipendio in un negozio? Non all’altezza delle sue ambizioni. Fare il capo in un bar? Troppo poco per uno come lui. Sognava in grande, ma si fermava alle fantasie. Anna, invece, si alzava ogni mattina alle sei per andare al lavoro, mentre Marco dormiva fino a mezzogiorno. Pagava le bollette, faceva la spesa, preparava la cena, e lui… lui cercava «la sua strada». A volte si chiedeva: «Perché mi sono punita scegliendo lui?»

Quando arrivò il momento del divorzio, Anna sentì insieme sollievo e vuoto. Era stanca di essere l’unica adulta nella loro famiglia. Marco, come promesso, se ne andò. Con una valigia, come amava ripetere sua madre. Uscì dall’appartamento sbattendo la porta, come se fosse lui la vittima. La suocera aveva elevato quel momento a un gesto eroico. «Mio figlio è un vero cavaliere! Ha lasciato tutto alla ex moglie e ha ricominciato da zero!» — la sua voce risuonava in tutto il palazzo, e Anna serrava i pugni per non urlare. Si immaginava di afferrare Grazia per le spalle e gridarle la verità: «Non ha lasciato niente perché non aveva messo niente! Se n’è andato perché non poteva prendere ciò che non era suo!»

Ma Anna tacque. Non voleva abbassarsi ai pettegolezzi. I suoi cari — gli amici, i genitori — sapevano la verità. Avevano visto come si fosse caricata di tutto, come si fosse spenta, come piangesse di notte pensando di essere lei la colpa, di non aver saputo ispirare suo marito. L’avevano sostenuta quando aveva deciso di divorziare. E gli altri? Che credessero alle favole di Grazia Rossi. Anna sapeva che chi ascolta i pettegoli non merita il suo tempo.

Eppure, ogni volta che le arrivavano frammenti di quelle chiacchiere, una ondata di rabbia le saliva al petto. «Le ha lasciato tutto!» suonava come una presa in giro. Non era lui a lasciare, era lei a tenere ciò che già era suo. Non gli aveva permesso di distruggere la sua vita, come aveva distrutto il loro matrimonio. Anna guardava il suo appartamento, le foto alle pareti, i fiori che aveva piantato sul balcone, e pensava: «È mio. Me lo sono guadagnato. E nessuno mi porterà via la mia verità».

Ora, con il divorzio alle spalle, Anna stava imparando a vivere di nuovo. Si era iscritta a un corso di yoga, aveva ripreso a dipingere, cosa che non faceva dalle scuole superiori. Sorrideva più spesso, e i suoi occhi, spenti durante gli anni del matrimonio, si erano riaccesi. Ma in fondo al cuore restava un dolore. Non per amore di Marco — quello era morto da tempo. Per l’ingiustizia. Perché la sua bugia era diventata leggenda, e la sua verità era rimasta nell’ombra. Ma Anna sapeva che ce l’avrebbe fatta. Ce l’aveva sempre fatta.

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