Portiamo nostro figlio dai suoceri affinché trascorrano del tempo con il nipote, ma la suocera crede di farci un favore

Gloria si affacciò alla finestra del suo appartamento a Bologna, osservando Paolo mentre sistemava il seggiolino nell’auto. Il loro figlio, il vivace Matteo di quattro anni, saltellava eccitato all’idea di andare dai nonni. Ogni weekend lo portavano dai genitori di Gloria, ma ogni volta che tornavano a casa, lei sentiva una strana irritazione crescere dentro di sé. Sua madre, Rosalba, era convinta che badare al nipote fosse un enorme favore fatto a loro, e questa convinzione faceva ribollire Gloria dal nervoso.

Tutto era iniziato due anni prima, quando Matteo era diventato abbastanza grande per passare il weekend con i nonni. Gloria e Paolo avevano pensato che fosse un modo perfetto per farli legare. Rosalba e suo marito, Vittorio, adoravano Matteo: lo riempivano di biscotti, lo portavano al parco, gli leggevano storie. Gloria si commuoveva vedendo gli occhi del bambino brillare, ricordando i pomeriggi spensierati con la sua nonna. Ma non immaginava che le sue buone intenzioni si sarebbero trasformate in un malinteso così fastidioso.

Ogni volta che riprendevano Matteo, Rosalba li accoglieva con l’aria di chi ha compiuto un sacrificio epico. “Ecco, vi ho aiutato, ora potete riposarvi,” diceva, asciugandosi una fronte perfettamente asciutta. Oppure: “Non è facile, ma l’ho fatto per voi, così avete tempo per le vostre cose.” Gloria stringeva i pugni, mentre Paolo, solitamente pacato, sussurrava in macchina: “Ma davvero crede che lo lasciamo qui per andare a ballare? È per loro, non per noi!”

Non che Gloria e Paolo non apprezzassero il tempo con Matteo. Lo adoravano, giocavano con lui, costruivano torri di mattoncini e passeggiavano lungo il Canale di Reno. Ma vedevano quanto Rosalba si illuminasse quando il nipote le correva incontro gridando: “Nonna!” Volevano regalare loro quella gioia, eppure ogni commento di Rosalba sembrava un colpo di frusta. “Sono stanca, ma pazienza, l’importante è che voi siate sereni,” diceva, come se le avessero scaricato un peso. Gloria si sentiva in colpa, senza sapere perché.

Il culmine arrivò un sabato mattina. Mentre portavano Matteo, Rosalba sospirò: “Ecco, un altro giorno a rincorrere il terremoto. Ma capisco, voi avete i vostri impegni.” Gloria scoppiò: “Mamma, non lo portiamo perché ci pesa! Lo facciamo per te e papà, perché abbiate un rapporto con lui! Non è un favore a noi!” Un silenzio imbarazzato calò sulla stanza. Rosalba sgranò gli occhi, Vittorio si immerse nel giornale, e Paolo strinse la mano di Gloria come per dire: “Finalmente!”

Quella sera, tornando a prendere Matteo, Rosalba era stranamente silenziosa. Non si lamentò, non sospirò, solo lo abbracciò e mormorò: “Tornate presto.” Gloria sentì un misto di sollievo e rimorso. Forse era stata troppo dura? Ma Paolo, al volante, sorrise: “Deve abituarsi all’idea che non le stiamo scaricando un fardello, ma condividendo una felicità.” Matteo cantava sul sedile posteriore, e Gloria pensò che per quel sorriso avrebbe ripetuto la verità altre mille volte.

Ora continuano a portare Matteo dai nonni, ma con più cautela. Gloria spera che Rosalba abbia capito: non cercano una babysitter, ma vogliono che il loro figlio cresca circondato da amore. Però, ogni volta che sente un accenno di “favore,” sente ancora quel bruciore dentro. La loro famiglia non è un do ut des, è affetto. E se Rosalba non lo capisce, Gloria è pronta a ricordarglielo. Per Matteo. Per la verità.

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