Strani nella nostra casa: Grazie alla suocera per gli ospiti imposti
Ero seduta in cucina nel nostro piccolo appartamento a Bologna, stringendo una tazza di tè ormai freddo, cercando di trattenere le lacrime di rabbia. Quattro anni di matrimonio con Marco, sacrifici infiniti per avere una casa nostra, e ora la nostra casa si era trasformata in un luogo di passaggio grazie a sua madre. L’ultima goccia era stata la sua amica, che mia suocera ci aveva imposto senza neanche chiedere.
Io e Marco venivamo dalla provincia. Anni trascorsi in affitto, con gli scarafaggi come vicini di casa, ci avevano insegnato a contare ogni centesimo. Avevamo risparmiato su tutto per ottenere un mutuo. I nostri genitori non ci avevano aiutato: mia madre ci aveva regalato un frullatore per il matrimonio, e mia suocera, Rosalba, ci aveva dato un tostapane che si era rotto dopo un mese.
Finalmente, dopo anni, avevamo comprato un monolocale. Facemmo i lavori da soli—non avevamo soldi per i muratori. Marco stendeva la carta da parati di notte, io dipingevo le pareti finché le braccia non cedevano. I parenti non solo non avevano aiutato—li vedevamo solo alle feste. Ma appena sistemammo tutto, Rosalba annunciò:
“Dovete ospitare la mia amica Livia. Le ho organizzato un soggiorno in un centro benessere, ora è in debito con me. Mostratele la città!”
Non aveva chiesto se volevamo, se per noi andava bene. Ci aveva messo davanti al fatto compiuto. Dunque, mentre lei pensava alla sua salute, noi dovevamo farci carico di una sconosciuta, spendendo tempo ed energie? Ribollivo di indignazione, ma Marco, come al solito, non disse nulla.
Incontrammo Livia alla stazione. Era una donna arrogante e sfacciata. Le facemmo vedere i monumenti di Bologna, ma lei si comportava come se fossimo le sue guide personali. Chiedeva caffè, pranzi, più foto. Io e Marco ci sentivamo come domestici non pagati. Ero furiosa, ma resistevo per mio marito.
Quella di Rosalba non era la prima volta. Già prima ci aveva scaricato i suoi parenti. Un anno fa, suo fratello minore Vittorio aveva vissuto con noi un mese. Mangiava a nostre spese, si ubriacava, urlava di notte, e una volta aveva preso la giacca di Marco dicendo che a lui serviva di più. In più, voleva che gli trovassi “una fidanzata cittadina” per non tornare al paesino. Ero sconvolta, ma Rosalba aveva solo scrollato le spalle: “È giovane, si svaga e poi si calma.”
Livia se ne andò raggiante, mentre dentro di me rimaneva un sapore amaro. Sapevo che non era finita. Marco non sapeva dire di no a sua madre. Sembrava dimenticarsi che a diciassette anni lei lo aveva cacciato di casa con uno zaino in spalla, urlando che doveva cavarsela da solo. Ora invece recitava la parte della santa, e Marco credeva a ogni sua parola.
Cercai di parlargli, spiegai che eravamo una famiglia a parte, che presto avremmo avuto un figlio e che gli estranei in casa non ci servivano. Ma lui mi guardava con occhi vuoti, come se non mi sentisse.
“Lucia, mamma vuole solo il nostro bene”, ripeteva, come un disco rotto.
Il nostro bene? Rosalba ci usava come voleva! Aveva un bilocale con il mutuo, perché non ospitava lì i suoi invitati? Non aveva dato un euro per il nostro appartamento, e ora sfruttava la nostra gentilezza. La rabbia mi saliva quando vedevo il suo sorriso falso. Davanti a Marco interpretava la madre premurosa, ma alle sue spalle era una maleducata a cui non importava dei nostri confini.
Una volta non ce la feci più. Livia era appena partita, e Rosalba chiamò per “ringraziarci”, lasciando subito intendere che presto sarebbe arrivata sua cugina. Scoppiai:
“Basta! Questa è casa nostra, non un albergo! Se vuoi aiutare le tue amiche, ospitale tu!”
Sbuffò al telefono:
“Ingrata! Faccio tutto per voi e tu mi rispondi così?”
Marco, sentendomi urlare, impallidì.
“Lucia, perché sei così sgarbata con mamma? Non lo fa con cattiveria.”
Lo guardai, e il cuore mi si strinse. Non vedeva come sua madre lo manipolasse, come stesse rovinando la nostra famiglia. Volevo proteggere la nostra casa, il nostro futuro bambino, ma come potevo, se mio marito stava dalla parte di sua madre?
Adesso mi trovavo di fronte a una scelta: tacere e sopportare, o mettere un ultimatum. Sognavo che Rosalba sparisse dalla nostra vita, che Marco finalmente aprisse gli occhi sulla sua vera natura. Ma temevo che, se avessi dichiarato guerra, avrei perso io stessa. Come potevo mettere mia suocera al suo posto senza distruggere la mia famiglia?