Non voglio una matrigna!

*Diario di un padre*

Non volevo tornare a casa. Mio padre quella mattina aveva lasciato cadere che avrebbe portato un’altra “fidanzata” a farmi conoscere. Ancora una volta avrei dovuto indossare un sorriso finto, fingermi la brava bambina, solo perché quella donna estranea restasse con noi. Ma ero stanca di questa farsa senza fine.

Dopo il divorzio, il nostro appartamento a Milano era diventato un viavai di estranei. Mio padre portava a casa una “mamma” dopo l’altra, e a volte rimpiangevo di aver scelto di vivere con lui. Mia madre, invece, era fredda come un inverno sulle Alpi: per lei, il lavoro veniva sempre prima di tutto. Io crescevo tra le cure delle nonne, mentre lei si limitava a rimproverarmi per ogni piccola marachella. Amore? Affetto? Ne potevo solo sognare.

Mia madre sosteneva la famiglia, guadagnava bene, ma a quale prezzo? Spesso pensavo che sarebbe stato meglio se fosse stata semplicemente una mamma, non una macchina per fare soldi. Quando il loro matrimonio crollò, se ne andarono come se si fossero liberati di un peso. Ognuno ricominciò una nuova vita, ma io rimasi in mezzo, non voluta da nessuno.

Provai a farmi notare: marinavo la scuola, rispondevo male agli insegnanti, pur di avere la sua attenzione. Ma in cambio ricevevo solo urla e umiliazioni. Dopo un’ennesima lite, quando la chiamarono dal preside, mi prese a schiaffi e mi cacciò di casa. Feci un fagotto e andai da mio padre. Lei non fece nulla per fermarmi, anzi, tirò un sospiro di sollievo.

Con mio padre, Marco, la vita diventò più semplice. Sentivo il suo calore, il suo affetto sincero. Mi misi a studiare, smisi di ribellarmi. Le nonne ci aiutavano in casa mentre lui lavorava per mantenerci. Nel nostro appartamento alla periferia di Milano si era creato un fragile equilibrio, quello che avevo sempre desiderato.

Ma tutto cambiò quando mio padre decise di cercare una nuova moglie. Da allora, la casa si riempì di donne sconosciute. Io le accoglievo con freddezza, cercando di allontanarle. Non volevo “mamme” che mi guardassero come un peso. Ma stavolta mio padre fu irremovibile: *”Basta capricci! Faccio tutto per te, voglio che abbiamo una famiglia vera!”*

Oltrepassai la porta e sentii una voce familiare. Il cuore mi balzò in petto. Tolsì le scarpe e sbirciai in salotto. Lì, seduta a tavola, c’era la mia insegnante preferita, la signora Bianchi. La adoravo: gentile, giusta, sempre pronta ad ascoltarmi. Ma cosa ci faceva lì?

Si scoprì che era venuta per parlare dei miei voti. Rimasi confusa. Per un attimo pensai che potesse entrare a far parte della nostra famiglia. Era forse lei la “fidanzata”? Immobile, temevo di spezzare quella speranza. Ma la conversazione finì, e la signora Bianchi se ne andò, lasciandomi nello sconforto.

Prima che potessi riprendermi, squillò il campanello. Sulla soglia c’era una ragazza sconosciuta, giovane, con un trucco appariscente e un sorriso sicuro di sé. Sentii tutto crollarmi dentro. Avevo sperato così tanto che la signora Bianchi non fosse lì per caso! Disperata, corsi in camera, sbattendo la porta, e scoppiai a piangere.

Rimasi rinchiusa fino a sera, quando arrivò la nonna. Le confidai tutte le mie paure. *”Non voglio nessuna matrigna! Perché papà non capisce quanto soffro?”* singhiozzai. La nonna mi strinse forte. Capiva il mio dolore, la mia anima ferita dalla solitudine e dai tradimenti.

Parlò con mio padre. Decisero che non avrebbe più portato “fidanzate” a casa finché non fossi pronta. E nella mia mente già nasceva un piano. Ero decisa a far incontrare mio padre con la signora Bianchi. Se i sogni possono avverarsi, perché non aiutare questo? Giurai che avrei fatto di tutto perché la mia insegnante preferita entrasse nella nostra famiglia.

Nel profondo sapevo: la mia speranza si sarebbe realizzata. Perché anche nel giorno più buio c’è sempre un po’ di luce, no?

*Lezione del giorno: A volte, ciò che desideriamo di più è già davanti a noi. Basta avere il coraggio di vederlo.*

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