Vecchiaia nell’ombra del tradimento

**Vecchiaia all’ombra del tradimento**

Oggi vi racconto una storia accaduta nel nostro cortile, in un quartiere dormitorio di Napoli. È una vicenda piena di dramma, dolore e colpi di scena, come la trama di un film tragico.

Ci trasferimmo in questo quartiere alla fine degli anni Settanta, quando l’ultimo palazzo era appena stato costruito. Era considerato quasi di lusso: nuovo, con appartamenti spaziosi. Aperta una scuola vicina, così i bambini potevano andarci senza attraversare mezza città. L’anno scolastico iniziava non a settembre, ma a febbraio, per dare tempo alle famiglie di sistemarsi. Dopo la guerra, una casa era un lusso, e qui invece c’erano appartamenti accessibili in un quartiere nuovo. Si stabilirono soprattutto giovani famiglie con figli, e il cortile presto si riempì di voci allegre.

I bambini si fecero amici in fretta, già d’estate sapevano in che classe sarebbero andati e passavano le giornate a correre per strada. Ma c’era una bambina, Donatella, che rimaneva in disparte. Aveva già dieci anni, eppure stava sempre chiusa in casa. Usciva solo per commissioni della mamma o con la nonna, anche se a noi, di sei anni, era permesso giocare fuori da soli. Nel gruppo si sussurrava che Donatella avesse una madre severa, quasi una tiranna, che la picchiava per ogni piccolo sbaglio.

Un giorno decidemmo di invitarla a giocare e andammo a casa sua. Aprì la porta la madre di Donatella e, con nostra sorpresa, ci disse che avrebbe voluto che sua figlia uscisse di più, ma che era Donatella a preferire la solitudine. Ce ne andammo a mani vuote, promettendo di non intrometterci più nella sua vita.

Donatella cresceva sotto lo sguardo attento della madre e della nonna, che volevano vederla raffinata e colta. Era diversa da noi: sempre ordinata, composta, non come noi, sempre in giro per cantieri abbandonati. A volte, di notte, dal suo appartamento si sentivano le note di un violino – melodie così malinconiche che facevano venire i brividi.

Dopo qualche mese, una donna con suo figlio, Matteo, si trasferì nel nostro palazzo, nello stesso piano di Donatella. E, miracolo, Donatella e Matteo diventarono amici. Per la prima volta la vedemmo in cortile: rideva, giocava, non era più rinchiusa. La loro amicizia sembrava la salvezza per quella ragazza solitaria.

Passarono gli anni. Donatella e Matteo compirono diciotto anni, si iscrissero alla stessa università. Ma Donatella non terminò gli studi: a diciannove anni Matteo insistette per sposarsi. Presto rimase incinta, e un anno dopo nacque il figlio, Luca – identico al padre, con gli stessi capelli scuri e gli occhi verdi intensi. I parenti erano felici, mentre il cortile brulicava di pettegolezzi sulla giovane famiglia.

Poco dopo, una donna sola, Silvia, di circa quarant’anni, si trasferì nel palazzo. Era riservata, ma conquistò presto la simpatia dei vicini: portava medicine a chi ne aveva bisogno, aiutava con le borse pesanti. Donatella spesso chiedeva a Silvia di andare a prendere Luca all’asilo quando lei era bloccata al lavoro.

Ma un giorno tutto crollò. Donatella tornò dal lavoro prima del solito, desiderosa di passare la serata con il marito e il figlio. Aprendo la porta, si bloccò: Silvia e Matteo si stavano baciando proprio in salotto. Tutto divenne chiaro. Silvia non aiutava solo con il bambino – era già parte della loro casa mentre Donatella lavorava. Il tradimento andava avanti da mesi.

Donatella, accecata dal dolore, cacciò Matteo. Lui, senza esitare, raccolse le sue cose e si trasferì da Silvia, che viveva un piano sopra. La nonna di Donatella era morta anni prima, e sua madre si era trasferita in un’altra città con un nuovo marito. Donatella rimase sola con il figlio. Sognava di andarsene, ma non poteva: la madre di Matteo, nonna di Luca, adorava il nipote e non voleva perderlo. Donatella, a malincuore, rimase nello stesso palazzo, dove ogni giorno le ricordava del tradimento.

Un paio d’anni dopo, Silvia diede alla luce un figlio di Matteo, Marco, sorprendentemente simile a Luca. I bambini non si frequentavano – Silvia e Matteo li tenevano separati. Matteo iniziò a bere, come anche Silvia. Perso il lavoro, i soldi scarseggiavano e i bambini pativano la fame. La madre di Matteo, la signora Anna, ormai anziana, si prese cura di entrambi i nipoti, comprando loro vestiti e cibo.

Ma la salute della signora Anna peggiorò. Fu ricoverata in ospedale. Donatella, nonostante il rancore, non poteva abbandonare Marco al suo destino. Matteo e Silvia dimenticavano di prenderlo all’asilo, non lo nutrivano a sufficienza. Donatella, stringendo i denti, iniziò a prendersi cura anche del secondo bambino.

La tragedia colpì quando la signora Anna morì d’infarto, dopo aver saputo che Matteo, durante una rissa ubriaco, aveva accoltellato un amico ed era finito in prigione. Silvia sparì, abbandonando Marco. Donatella non lo mandò in orfanotrofio – aveva già sofferto abbastanza. Con uno stipendio misero, crebbe due figli, privandosi di tutto.

Gli anni passarono. Luca si trasferì a Milano, trovando un lavoro prestigioso. Marco, dopo la terza media, entrò in un istituto tecnico e diventò elettricista. Donatella andò in pensione, e i figli, grati per i suoi sacrifici, le mandavano regolarmente soldi. A volte tornavano a Napoli, ma le visite erano rare.

Donatella affrontò la vecchiaia circondata dai ricordi del dolore e del tradimento, ma con orgoglio per i figli che aveva cresciuto da sola. La sua storia è quella di un cuore che può sopportare l’insopportabile per chi ama.

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