Il diritto alla stanchezza

Andrea tornò a casa tardi. Senza dire una parola, si tolse le scarpe nell’ingresso, appese il cappotto e andò direttamente in bagno. Dopo qualche minuto era già in cucina, dove lo aspettava un piatto di spezzatino di pollo con piselli – la specialità di sua moglie Simona. Accanto, c’era un’insalata di mare. Prese la forchetta, la rigirò un attimo nel piatto, poi si girò di scatto.

«Dimmi la verità… Dove hai preso quest’insalata?» chiese piano, ma con fermezza.

Simona si bloccò, con la teiera a mezz’aria. Nei suoi occhi c’era qualcosa di preoccupato.

Erano sposati da più di trent’anni. Se avesse dovuto valutare il loro matrimonio da uno a cento, Simona avrebbe detto cinquantacinque. Perché c’era stato di tutto: amore e nervosismo, felicità e fatica, momenti luminosi e giornate pesanti. Una vita normale. E Andrea, anche se testardo e con un carattere robusto, era un uomo buono. Fedele, affidabile, lavoratore.

La svolta era arrivata la scorsa primavera, quando Simona si era ammalata. Il medico aveva parlato di semplice stanchezza accumulata negli anni. Andrea l’aveva riportata a casa in taxi – la loro macchina era rotta da tempo, tutti i soldi andavano a ripagare il prestito della figlia, Beatrice.

Beatrice si era appena sposata e voleva un matrimonio «da favola». E anche se il vestito era strano e la torta «sembrava gomma», secondo Andrea, i genitori avevano sopportato. Volevano solo che la figlia fosse felice.

Dopo il matrimonio, i giovani si erano trasferiti in un appartamento ereditato dal nonno dello sposo, mentre Andrea e Simona continuavano a pagare il debito, arrangiandosi con una macchina vecchia, elettrodomestici consumati e una fatica senza fine.

Simona insegnava inglese e dava lezioni private. Andrea faceva il meccanico in fabbrica. Rifiutava di mangiare in mensa o di ordinare cibo – solo piatti fatti in casa! Caldi, freschi, vari.

Simona non discuteva, anche se dopo il lavoro crollava. Una volta, però, aveva esploso:

«Come faccio a prepararti primo, secondo, insalata e dolce ogni sera? Non sono una macchina!»

Ma Andrea le rispondeva con storie della sua bisnonna, che lavorava nei campi, sfamava una famiglia di otto persone e trovava pure il tempo per il teatro amatoriale.

Simona era semplicemente stanca. Un giorno, entrando in una gastronomia nuova vicino a casa per comprare del pane fresco, vide i banconi pieni di insalate. E all’improvviso disse:

«Mi dia dell’insalata di mare, una porzione grande…»

A cena, c’erano cannelloni, una crostata… e quell’insalata.

«Che novità! Buona come quella fatta in casa» aveva detto Andrea, soddisfatto.

Simona non aveva detto niente. E da quel momento era diventato il suo segreto: se non ce la faceva, comprava qualcosa pronto. Fatto bene, buono, un po’ costoso – ma almeno poteva respirare.

Sarebbe andata avanti così, se non fosse successo l’imprevisto. Al lavoro, Andrea aveva condiviso il pranzo con un ragazzo nuovo, un tirocinante. Lui stava mangiando polpette e un’insalata sospettosamente simile a quella che aveva portato Andrea.

«Da dove vengono le polpette?»

«Dalla gastronomia all’angolo. Sono buone come quelle della mia mamma!» aveva riso il ragazzo.

Andrea si era insospettito. Troppe coincidenze. E lì, era nato il dubbio…

Quella sera, mangiò in silenzio, poi fece la domanda. Simona abbassò lo sguardo.

«Io… sono solo stanca. Pensavo che a te non importasse, purché fosse buono…»

Andrea si alzò. Si avvicinò. La abbracciò.

«A me importa. Ma anche tu sei umana, Simò. Hai il diritto di essere stanca.»

Lei singhiozzò. Lui sorrise.

«Pace?»

«Pace.»

E quella sera, invece della solita cena, ordinarono una pizza, misero un vecchio film e per la prima volta dopo tanto tempo si sentirono non solo marito e moglie… ma una coppia in cui entrambi contavano. E bastò proprio quello per cambiare tutto.

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