Oggi mi è tornata in mente quella volta che ho sbagliato, e ne pago ancora le conseguenze.
Angelica camminava per le vie autunnali di Milano, trascinando una valigia pesante. Il vento le scompigliava i capelli, una pioggerellina fredda cadeva senza sosta, e ogni passo le bruciava i piedi, segnati dai tacchi che le avevano scorticato la pelle. Ma il dolore più forte era quello al cuore.
“Com’è potuto succedere…” sussurrò, fissando le pozzanghere. “Come ho fatto a crederci?”
Sei anni con Flavio. Promesse, viaggi insieme, la vita nel suo appartamento, regali, fiori… E ora? Solo una valigia, la strada, zero in banca e neanche un centesimo da chi le aveva giurato di proteggerla per sempre. L’aveva semplicemente cacciata. Con una frase: “Ho incontrato un’altra”.
Angelica non piangeva. Era troppo orgogliosa per umiliarsi. Ma dentro di sé sentiva solo un vuoto infinito.
Passando davanti a un bar accogliente, cedette alla tentazione del calore e della pace. Entrò, ordinò un caffè nero e due bignè. Si sedette vicino alla finestra. Finalmente, dopo un giorno intero, si era fermata. Si guardò intorno: il locale era affollato di donne con le amiche, coppie giovani, una coppia anziana. E accanto alla finestra, un uomo in un costoso completo, con un portatile, dall’aria seria e concentrata.
Angelica lasciò quasi cadere la tazzina. Era lui. Pietro.
Lo stesso Pietro che aveva lasciato sette anni prima per Flavio. Allora viveva con la nonna, indossava camicie sgualcite, risparmiava per un corso di programmazione e la pregava di avere pazienza, promettendo che le cose sarebbero cambiate. Ma lei non aveva voluto aspettare. Non aveva voluto vivere in un vecchio appartamento con un orologio a cucù e l’odore di medicine. Voleva “vivere bene”. E lo voleva subito.
E ora Pietro era cambiato: sicuro di sé, elegante, dall’aria benestante. Angelica lo fissò, dimenticando il caffè e i dolci. I ricordi le riaffiorarono in mente: le loro serate passate in cucina a bere tè, la nonna di lui, dolce e gentile, Pietro che le preparava la frittata e la chiamava “la mia principessa”.
Serrò le labbra. Ecco l’occasione. Forse non era sposato? Forse si sarebbe ricordato di lei? Forse l’avrebbe perdonata?
Si alzò. Attraversò metà del locale. Il cuore le batteva all’impazzata e le gambe tremavano. Ma all’improvviso, una voce squillante la fermò:
“Papà! Papino!”
Pietro si alzò e si voltò. Una bambina di circa cinque anni gli correva incontro. Dietro di lei, una donna bellissima, con i capelli lunghi. L’uomo abbracciò la figlia, baciò la moglie e li portò al suo tavolo.
Angelica rimase immobile. Poi si girò e tornò al suo posto in silenzio. La valigia, i bignè, il caffè ormai freddo. Il cuore le si strinse così forte che avrebbe voluto urlare.
Un errore. Quello fatale. Quando lasci chi ti ama davvero per un’illusione. Per chi sa parlare bene, ma tradisce con facilità.
Adesso Pietro era felice. E lei? Non aveva niente. Né una casa, né amore, né un futuro. Solo ricordi e una valigia in mano.
Uscì dal bar, chiuse la porta alle sue spalle e capì all’improvviso: gli errori più grandi non sono quando scegli la persona sbagliata, ma quando non apprezzi chi ti ha amato davvero.