Rientro all’alba: il sapore del passato sulle labbra.

Lui è tornato a casa all’alba. Sulle labbra – il sapore del passato.

Alessandro è apparso sulla soglia quasi all’alba. Era sparito tutta la notte. Nell’ingresso l’ha accolto Chiara – pallida, con gli occhi gonfi, in camicia da notte, a piedi nudi.

“Perché non mi hai chiamato?” – la sua voce tremava come una corda di violino.

“Non potevo… Scusami,” ha risposto piano, evitando il suo sguardo. È entrato in cucina, ha preparato la moka macinando il caffè, versando l’acqua.

Non sapeva da dove cominciare. Cosa dirle? Come spiegare che una notte l’aveva cambiato dentro? Chiara avrebbe capito? Gli avrebbe creduto?

Si è seduta di fronte a lui, in silenzio, senza accuse. Aspettava.

Alessandro ha tirato fuori dalla tasca un foglietto di carta piegato con cura, l’ha aperto. Bastò un solo sguardo di sua moglie – e lei capì tutto. Un nome. Una sola parola: “Elena”. E tutto tornò al suo posto.

Tre anni prima. Era iniziato tutto un venerdì qualunque.

La settimana lavorativa era finita, Alessandro, capo del reparto ingegneria in un’azienda edile, aveva chiuso la porta dell’ufficio con sollievo. Faceva caldo, si respirava primavera e speranza. Sognava una cena tranquilla, le risate dei figli, i progetti per la casa al mare con la moglie Chiara. Tutto era come sempre. Fino a uno sguardo casuale.

L’aveva vista.

Quindici anni senza contatti – e l’aveva riconosciuta subito. Elena. Il primo amore. Quella per cui un tempo gli bruciava il petto, la voce gli si spezzava e le mani diventavano di ghiaccio.

Si ricordò: terza media, i suoi ricci biondi, sorrisi timidi, sguardi fugaci. La prima dichiarazione. Tre anni di amicizia, un bacio alla festa di fine anno, la promessa di stare insieme… Poi, un addio gelido: “Mi sposo. La nostra infanzia è finita”.

Aveva sofferto, ma la vita andava avanti. C’era Chiara. Solida, tranquilla. Con lei aveva costruito una famiglia, erano nati i figli, erano arrivate le abitudini e la routine.

Ma quell’incontro… Si erano trovati faccia a faccia in piazza. Elena parlava di una conferenza accademica, di un sabato nella città della gioventù. Lui annuiva, ma non sentiva le parole – solo il battito del suo cuore.

Al bar tutto si era mischiato – passato e presente. Elena, bella, di successo, sposata. Figli ancora no, ma c’era tempo. Rideva, gli toccava la mano – e lui dimenticava chi fosse, dove fosse, a chi dovesse delle spiegazioni.

Poi era arrivata la stanza d’albergo. Lo spumante. La nostalgia dolceamara. Quella notte era tornato il ragazzo innamorato. Le baciava i capelli, sussurrava ciò che non le aveva mai detto. Elena ripeteva: “Non ti ho mai dimenticato”.

Ma il mattino era arrivato come una condanna. Alla stazione lei piangeva, lui taceva. Sul treno gli aveva lasciato un numero – su un pezzo di carta stropicciato. Poi era scomparsa.

Alessandro era tornato a casa. All’alba. Colpevole, confuso. I bambini erano usciti dalle loro stanze – silenziosi, preoccupati. Non trovò le parole. Solo un sussurro:

“Perdonatemi…”

In cucina – il solito silenzio. Chiara era seduta di fronte a lui, muta, come se ascoltasse i suoi pensieri. Lui ha estratto il foglietto. Lei ha visto il nome. La sua voce si è incrinata:

“Allora, Alessandro? Vuoi tornare indietro? All’infanzia?”

Si ricordò di quando le aveva raccontato di quel primo amore, sdraiato sull’erba sotto il cielo della casa al mare. Allora aveva riso, ma ricordava tutto.

Si è avvicinato alla finestra, ha guardato la città a lungo. Poi ha strappato con cura il numero e l’ha buttato. Si è avvicinato, l’ha abbracciata, sussurrando:

“Scusami. Mai più. Te lo giuro.”

Lei non lo ha respinto, ma non si è stretta a lui.

“Basta, Alessandro. L’infanzia è finita. Rimedia ai tuoi sentimenti. Io ai miei penserò io.”

È passato un mese. Vivevano accanto, ma non insieme. Lui dormiva in salotto. In casa regnava un silenzio opprimente. I bambini parlavano a bassa voce, come dopo un lutto. E in effetti era un lutto. Non di morte, ma di fiducia perduta.

Poi, una mattina, Chiara ha posato una tazza di tè accanto alla sua mano. E in quel momento qualcosa è cambiato. Senza parole. Senza spiegazioni. È tornato.

Lei lo ha aiutato a superare la vergogna. Lo ha riportato dal passato al presente. In famiglia.

Con Elena non si è più rivisto. E non voleva. I ricordi arrivavano piano, con una dolce malinconia, ma senza dolore. Tutto era finito. Restava solo un retrogusto. Leggero, amaro. Come un caffè bevuto di prima mattina, in solitudine.

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