Il Silenzio Misterioso: Come la Solitudine Ha Aperto i Cuori

**Il silenzio misterioso di Anna Mancini: come la solitudine ha aperto i cuori**

Anna Mancini si svegliò all’alba, quando i primi raggi di sole sfioravano appena le pesanti nuvole sopra il paesino di Monteluce. Si preparò con calma un toast caldo al formaggio e si fece un tè forte alla menta. Quel giorno prometteva di essere libero da impegni, quindi poteva permettersi di rilassarsi un po’. Anna si accomodò nel salotto accogliente, accese la vecchia televisione che ronzava per l’età, quando all’improvviso un suono acuto del campanello squarciò il silenzio.

«Chi sarà? Non aspetto nessuno», borbottò fra sé e andò ad aprire. Si avvicinò alla porta, stava già girando la chiave nella serratura quando udì una conversazione dall’altra parte. Si bloccò, in ascolto, e ciò che sentì le strinse il cuore di terrore.

Anna Mancini aveva preso una decisione difficile, che le era costata molta fatica. Ma non c’era alternativa. Era stanca dell’indifferenza degli altri, della loro freddezza e distrazione. Era andata più volte al negozio sotto casa, aveva fatto scorta di provviste, era tornata, aveva chiuso la porta a doppia mandata e bloccato alcuni numeri sul telefono. Tranne quello della figlia e dei più cari, ovviamente.

Suo figlia, Caterina, viveva in una città lontana e chiamava di rado. Evidentemente stava meglio là, e pazienza, Dio la benedica. Gli altri, invece, sembravano trattare Anna come se nemmeno si ricordassero di lei. Di solito era lei a chiamare per prima, a fare gli auguri, ad ascoltare i loro problemi, ma la sua vita non interessava a nessuno.

I vicini bussavano solo per chiedere un po’ di sale, farina o qualcos’altro che gli servisse all’improvviso, quando il negozio era già chiuso o facevano troppo pigri per andarci. L’amica telefonava per vantarsi dei successi dei nipotini o del suo viaggio, senza lasciarle dire una parola. E sua sorella, Lidia, adorava passare a trovarla per assaggiare i suoi profumati pasticcini e il pesce al forno. Si gustava tutto con appetito, poi prometteva:
«Anna, tesoro, ho una bottiglia di ottimo rosso e un formaggio stagionato favoloso, portato dall’estero. Dobbiamo vederci questa settimana, passare una serata da me, chiacchierare come una volta!»

Anna aspettava l’invito concreto, ma Lidia, come al solito, sprofondava nei suoi affari e problemi. Fino alla prossima volta, quando sarebbe toccato di nuovo a lei chiamare. Con gli altri era la stessa storia. Nessuno ricordava più quante volte li avesse aiutati. No, Anna non si aspettava gratitudine. Lo faceva di cuore, senza pretendere nulla in cambio. Ma le sarebbe piaciuto un briciolo di attenzione, un po’ di calore.

Dicono: *non fare del bene se non vuoi ricevere del male*. Eppure, nel profondo, desiderava solo un po’ di affetto. Anna era distrutta. Le sembrava di non contare per nessuno. Probabilmente nessuno nemmeno si sarebbe accorto della sua sparizione. Tanto meglio: che cadesse il velo delle illusioni, che si aprissero gli occhi sulla verità. Non per niente la gente si ritira nei conventi o se ne va in luoghi isolati per vivere da eremiti. Pazienza, non sarebbe morta di fame!

Il primo giorno del suo volontario isolamento confermò i suoi pensieri più cupi. Nessuno chiamò, né al telefono né alla porta. Anna si fece un bagno caldo, si spalmò la crema sul viso, si preparò un toast con una bella fetta di formaggio e si mise a guardare una serie tv. Fuori il tempo era orribile: cielo grigio, vento freddo, quindi non si pentì affatto della sua decisione di non uscire. Ma presto le lacrime le rigarono le guance. La protagonista della serie, una donna della sua età, si ammalava gravemente e si spegneva sola, dimenticata da tutti. Nessuno si ricordava più di lei.

Anna si addormentò piangendo, avvolta in una coperta sul divano, con il monotono brusio della tv di sottofondo.

Così passarono due giorni.

La mattina del terzo giorno, alcuni deboli raggi di sole riuscirono a filtrare tra le nuvole. Anna si svegliò tardi, ma, stranamente, di ottimo umore. Sul telefono c’erano due chiamate perse di Caterina – accidenti, non le aveva sentite. Mentre rifletteva se richiamare o no, fu la figlia a ricontattarla:

«Mamma, ciao! Perché non rispondi? Stai bene? Stamattina mi sono svegliata e sentivo che qualcosa non andava. Poi ho capito: non mi chiami da tre giorni! Mamma, è successo qualcosa? Come stai? Mi sei mancata tantissimo. E sai, ho una novità! Volevo dirtela più tardi, ma non resisto. Mamma, io e Sergio aspettiamo un bambino! Ci credi, diventerai nonna! E poi Sergio è stato trasferito qui per lavoro. Vivremo vicini, sono così felice, mamma! E tu?»

La mattina dopo, qualcuno suonò alla porta inaspettatamente. Anna si avvicinò in silenzio, senza nemmeno guardare dallo spioncino – pensava che se ne sarebbero andati dopo qualche secondo. Ma dall’altra parte sentì le voci dei vicini, e stavano parlando di lei.

«Ma la nostra Anna non si vede da un po’, sarà partita?» – la voce di nonna Vera, la vicina di fronte.

«Non so, non mi ha detto niente. Che sia ammalata?» – la voce di Tamara, la vicina di destra, era preoccupata. «E se le fosse successo qualcosa?»

«Dai, suona ancora, bussa, forse il campanello non funziona. Qualcuno ha il numero della figlia?» – nonna Vera iniziò a chiedere in giro. «Tamara, chiama, chiama! La nostra Anna è una donna buona, aiuta sempre gli altri. Ma è sola, e sai com’è in questi casi! Dai, proviamo, altrimenti dovremo sfondare la porta!»

Anna si sentì in imbarazzo, ma i vicini erano decisi. Aprì la porta, fingendo di essersi appena svegliata:

«Oh, nonna Vera, Tamara, buongiorno! Dormivo, non vi ho sentito subito. Ieri notte non riuscivo a prendere sonno, ho bevuto del tè alla menta col miele, ecco perché non mi sono svegliata. È successo qualcosa?»

«Grazie a Dio, no! Ci hai fatto prendere un bello spavento!» – sorrise subito nonna Vera. «Vieni, beviamo un caffè insieme, perché suoniamo, bussiamo e non capiamo dove sia finita la nostra Anna? Ci siamo preoccupate, io e Tamara. Sei il nostro sole, sempre sorridente! Ci manchi!»

«Passerò, nonna Vera, passerò più tardi» – Anna chiuse la porta, quando il telefono squillò. Era sua sorella Lidia.

«Anna, ciao! Sai che mi sei apparsa in sogno stanattima? Scusami, volevo invitarti da tempo, ma tra una cosa e l’altra non ci sono mai riuscita. Che ne dici di passare da me stasera verso le sette? Dai, parliamo come una volta, d’accordo? Allora, ti aspetto, ci siamo capite.»

Anna sorrise – figuriamoci, proprio quando aveva deciso di non importunare più nessuno, di isolarsi, perfino di offendersi un po’, tutti si erano improvvisamente ricordati di lei.

E a pranzo, sullo schermo del telefono, apparve un numero sconosciuto. Anna non voleva rispondereE infine, con un sorriso malizioso, Anna prese il telefono e rispose: «Pronto?» mentre fuori il sole illuminava finalmente la sua nuova vita.

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