Nonna dal nulla

**La nonna dal nulla**

Giorgia dormiva come se avesse lavorato tre turni di fila senza riposo, quando un suono acuto squarciò il silenzio della porta.
— Santo cielo, chi è a quest’ora? Avete perso la testa? — borbottò rivoltandosi dall’altra parte. Ma il campanello insistette, implacabile, come se qualcuno stesse lottando contro il tempo.

Irritata, si avvolse nella vestaglia e si avvicinò alla porta, spiando dal buco della serratura. Davanti a lei, una vecchietta grinzosa stringeva tra le braccia un grosso gatto peloso. Il suo viso era pallido, consumato, come se la vita l’avesse già abbandonata.

— Chi è? — ringhiò Giorgia, senza alcuna intenzione di aprire. Di donne così si raccontavano storie, e non tutte benevole. Ma all’improvviso, la vecchina emise un gemito, scivolò lungo il muro e crollò a terra. Il gatto le sfuggì dalle braccia e iniziò a miagolare disperato, girandole intorno.

— Perché capitano sempre a me queste cose… — sospirò Giorgia, spalancando la porta.

— Nonnina, sta male? Chiamo un’ambulanza subito, non si preoccupi, tutto andrà bene — sussurrò, sollevandola con delicatezza. La trascinò fino al divano e compose il numero.

Il gatto, intelligente come un umano, si sedette accanto a lei e la osservò con occhi penetranti.

— Come si chiama, nonna?
— Antonietta De Luca… i documenti sono nello zaino… — ansimò la donna, indicando una borsa logora.

Giorgia frugò nello zaino, estrasse le carte, ma prima che potesse fare altre domande, la vecchina mormorò:
— Però, piccola, in ospedale non ci vado… Il mio nipotino mi aspetta. Devo portargli i soldi, altrimenti ci caccia fuori di casa, me e il micio…

— Verrà il dottore e deciderà se può andare da qualche parte in queste condizioni. Del gatto non si preoccupi, lo accudirò io. E perché deve portare soldi a lui? Dovrebbe essere il contrario!

— Non chiedere, cara… certe cose non sono per te… — la nonna rispose, distogliendo lo sguardo.

In quel momento, il campanello suonò di nuovo. Arrivarono il medico e l’infermiere. Dopo una visita, il verdetto fu chiaro: ricovero immediato all’ospedale Sant’Anna.

— Non ci vado! — si ostinò Antonietta.
— Vada, nonna. Io verrò a trovarla, glielo prometto. E il gatto starà benissimo con me, ci faremo compagnia.

Il mattino dopo, Giorgia si svegliò prima del solito. Una domanda le martellava la mente: perché, perché finiva sempre coinvolta in tragedie altrui? Ma il cuore le diceva che non era tutto inutile. In Antonietta c’era qualcosa di familiare.

I suoi genitori erano morti quando aveva tredici anni. Alcol. La grappa adulterata. Da allora, la sua vita era precipitata. L’orfanotrofio. Solo una vicina, la vecchia Maria, aveva reso la sua infanzia meno buia. Ma anche lei era morta quando Giorgia compì sedici anni. Da allora, sola, senza nessuno.

Ora ne aveva ventitré. Indipendente, intelligente, abituata alle difficoltà. Il giorno prima, sfogliando i documenti, aveva notato l’indirizzo di Antonietta. E quel mattino ci andò.

L’edificio in via Verdi era normale. Due anziane sedute vicino all’ingresso. Bastarono dieci minuti di chiacchiere per conoscere la vita della nonna.

Anni prima, era rimasta sola con il nipote dopo che i suoi genitori erano morti in un incidente. Lo aveva cresciuto come poteva, ma lui, appena maggiorenne, si era unito a una banda di delinquenti. Ora la cacciava di casa, chiedeva soldi, minacciava di uccidere il gatto se lei non glieli portava. Affittava l’appartamento dei genitori e viveva con una ragazza. La polizia? Non si interessava di “questioni di famiglia”.

Giorgia ribolliva di rabbia. Salì le scale, suonò il campanello. Aprì un ragazzo dall’alito pesante di alcol.

— Verme! Come osi cacciare una vecchia di casa? Non provi neanche vergogna?! — entrò a forza, i pugni stretti. — Fai le valigie e torna dalla tua donna! O ti faccio a pezzi io!

Il ragazzo annuì, spaventato. In quindici minuti, con una borsa in spalla, sparì. Giorgia rimase. Pulì l’appartamento, diede da mangiare al gatto. E poi andò in ospedale.

Antonietta scoppiò in lacrime nel vederla.

— Ecco da mangiare e tutto il necessario. E il tuo nipote l’ho cacciato. Non discutere, nonna. Gli anziani non devono dormire per strada.

— Grazie, piccola. Pensavo di morire sotto un ponte…

— Io ho bisogno di lei. E anche il gatto. Riposati. Domani torno.

Una settimana dopo, Giorgia riportò Antonietta a casa.

— Com’è pulito… com’è bello… Come potrò mai ripagarti?

— Posso chiamarla nonna?

— Certo, tesoro mio. Sei come una figlia per me…

Il gatto fusa ai loro piedi, finalmente rilassato. La paura aveva lasciato quella casa.

Passò un anno. Giorgia divenne la nuova nipote di Antonietta. Il ragazzo non si fece più vedere. Lei stesso si trasferì da lei, affittò il suo appartamento e diede tutti i soldi alla nonna.

— Nonna, non potrei mai farmi mantenere da te. Vivo come una regina qui.

Poco dopo, il nipote morì in una rissa da ubriachi. La sua fine riempì Giorgia di amarezza: avrebbe potuto vivere diversamente…

Due anni dopo, Giorgia si innamorò. Per caso. Il nuovo medico di base, Pietro, giovane e gentile, era così premuroso con Antonietta che il suo cuore si sciolse.

— Figlia mia — sussurrò Antonietta — non lasciartelo scappare…

Quando Pietro le chiese di sposarlo, Giorgia pianse. Un anno dopo nacque il loro primo figlio. E Antonietta divenne una bisnonna felicissima.

Vissero insieme altri dodici anni. A novantacinque, Antonietta se ne andò in pace, nel sonno. Fino all’ultimo fu lucida. Aiutava, raccontava fiabe.

Giorgia soffrì terribilmente. Ma Pietro e i figli la sostennero. Il gatto ormai non c’era più, ma un altro randagio aveva trovato casa con loro.

Arrivò il giorno di svuotare l’appartamento. La casa era ancora di Antonietta. Giorgia non aveva mai preteso di intestarsela, lo trovava sbagliato. Ma tra le carte, trovò una busta.

“Giorgia, tesoro mio. Se sapessi quanto mi hai reso felice. Mi hai ridato mia figlia, Sofia. Senza di te, non avrei vissuto così a lungo. Grazie. Accetta il mio regalo. È nella credenza, sotto i cassetti. Te lo sei meritato, nipote mia adorata.”

Giorgia non riuscì a fermare le lacrime. “Nipote mia adorata”. Quelle parole le trafissero il cuore.

Pietro prese dalla credenza un pacco e dei documenti. Dentro c’erà l’atto di donazione della casa e una busta piena di euro.

“Giorgia. La donazione l’ho fatta tempo fa, è inutile protestare. I soldi sono quelli che mi davi dall’affitto. Prendili.Giorgia guardò la foto di Antonietta sulla mensola, accarezzò il gatto che dormiva accanto a lei, e sorrise pensando che, a volte, la felicità arriva proprio come quella nonna: dal nulla.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

16 + twenty =

Nonna dal nulla