Luce alla finestra: il cammino verso la felicità

Vittorio, o “Vittù” come lo chiamava sua madre, aveva ormai superato i trentotto anni. Ma per Anna Rossi, professoressa all’università locale, lui rimaneva sempre il suo bambino, il suo piccolo tesoro. Non aveva mai visto in lui un uomo adulto, capace di vivere la sua vita.

Anna non si era mai sposata. Aveva dedicato tutto se stessa al lavoro e a suo figlio, avuto a trentasei anni. Vittorio era nato fragile, e lei aveva fatto di tutto per rafforzarlo. Le sue cure erano state smisurate: lo vestiva, lo imboccava, gli lavava i denti. A tre anni era diventato un bambino robusto e dolce, ma Anna non lo lasciava mai solo.

All’asilo iniziarono i problemi. Le maestre la rimproveravano:
— Suo figlio non sa fare niente da solo! Gli altri bambini si vestono, lui aspetta che lo aiutino.

Lei non accettava le critiche:
— Un bambino ha una madre! Se fa fatica a vestirlo, cambi lavoro!

Alla fine lo ritirò dall’asilo e assunse una tata che, proprio come lei, non gli concedeva autonomia. Vittorio si abituò a lasciare che altri decidessero per lui. Per la scuola, Anna scelse una nuova tata: una pensionata del quartiere che controllava ogni suo passo. Ottenne anche certificati medici per esentarlo dall’educazione fisica. Il cibo, i vestiti, gli orari: tutto dipendeva da lei.

— Mangia questo panino, non sei sazio — diceva Anna, spalmando con cura il burro sul pane e porgendolo a Vittorio, già decenne.

Lui obbediva senza discutere. Con la mamma non si discute.

Vittorio non era grasso di natura, ma la mancanza di movimento e le abbondanti porzioni fecero il loro dovere. A vent’anni era un ragazzo alto, carino, ma un po’ paffuto. Si iscrisse all’università dove insegnava sua madre. I colleghi ridevano quando vedevano Anna che lo aspettava nello spogliatoio per aiutarlo a infilarsi il cappotto. Alle maniche della sua giacca erano cuciti i guanti con un elastico — così non li perdeva.

Studiava con diligenza e, dopo la laurea, rimase a lavorare in dipartimento — la madre aveva insistito. A ventisei anni, lei decise che era ora di sposarsi. Scelse lei la sposa. Vittorio non oppose resistenza. Ma il matrimonio finì presto.
— Non era quella che sembrava! — si indignava Anna. — Diceva che Vittorio era troppo dipendente, criticava le mie attenzioni. Non l’ho tollerato e li ho fatti divorziare!

Dieci anni dopo trovò un’altra moglie. E anche questa volta fece annullare il matrimonio, sostenendo che “non era adatta”.

Elena, la seconda moglie, ebbe un figlio, Matteo, già dopo il divorzio. Anna pretese il test del DNA, che confermò la paternità. Ma Vittorio, per la prima volta, sfuggì al controllo materno. Andò da Elena per conoscere suo figlio.

Elena viveva con poco, in un monolocale in affitto. Quando vide Matteo, di due mesi, qualcosa in lui cambiò.
— Resto con voi — disse con fermezza.

Chiamò la madre e le disse che avrebbe ritirato le sue cose più tardi. Anna trascorse la notte in lacrime, senza sapere come riprendersi il figlio. Non conosceva neppure l’indirizzo di Elena. Vittorio evitava gli incontri e andò a prendere le sue cose mentre lei era fuori casa.

Ma un giorno la invitò al compleanno di Matteo. Anna arrivò carica di regali, raggiante.
— Per mio nipote, Matteo Vittorio! — annunciava orgogliosa nei negozi.

Sulla soglia la accolse Vittorio con il bambino in braccio.
— Conosci la nonna, piccolo — disse. — Mamma, non avrai rivali nel coccolarlo. Elena, come sai, non ha più genitori.

Le passò Matteo. Anna trattenne le lacrime, anche se il cuore le si stringeva.

— Gli dai la forchetta? — esclamò, guardando Elena. — E se si punge?
— È per bambini, è sicura — rispose lei.
— E i calzini? Li mette da solo? — continuò Anna.
— Sì — intervenne Vittorio. — Lo fa da un po’.
— Beve dalla tazza? Non la rovescia?
— Se la rovescia, imparerà a stare attento — sorrise lui.
— Va in bici? E se cade?
— Lo aiuteremo ad alzarsi — rispose Vittorio. — Se piange, lo consoleremo.

Anna era l’unica ospite. La tavola era imbandita con cura, e lei per la prima volta si sentì apprezzata.
— Mamma, io ed Elena ci siamo risposati — le disse Vittorio. — Matteo ora ha il mio cognome.
— E se veniste a vivere da me? — propose timida. — Nella mia casa grande sono così sola…
— No, mamma — rispose dolcemente lui. — Vogliamo la nostra indipendenza. Stiamo risparmiando per un mutuo. Andrà tutto bene.

Anna passò la giornata con Matteo, e subito si affezionarono.
— Posso portarlo a casa mia qualche volta? — chiese.
— Basta che non lo vizii troppo! — rise Vittorio.
— A cosa servirebbe una nonna? — replicò lei. — Senza di voi mi sento così vuota… Il lavoro non basta. Con voi sono felice. Grazie, Elena, per il nipote!
— E a lei per il figlio — sorrise Elena. — Matteo ha il miglior papà.

Tornata a casa, Anna sentì il peso del silenzio. Le stanze, un tempo piene di vita, ora le sembravano gelide. Accese il laptop e iniziò a scrivere:

«Vendesi trilocale in centro a Modena, 65 mq. Cucina spaziosa, bagno separato, terzo piano, cortile con area giochi. Vicino a scuola e asilo…»

Ma dopo un attimo chiuse il file e aprì un sito di annunci immobiliari. I suoi occhi si posarono su un modesto bilocale vicino all’università.
— Questa casa la terrò per il nipote — decise. — Vivono in una stanza in affitto, come ho potuto permetterlo? I soldi bastano, e se no — chiederò un prestito. Con lo stipendio ce la farò.

Una settimana dopo, Anna si presentò a casa di Vittorio senza avvisare. Elena si irrigidì, ma la suocera sorrise e appoggiò delle chiavi sul tavolo.
— L’appartamento è pulito e arredato — disse, quasi scusandosi. — Ho comprato un bilocale vicino al lavoro. Per ora c’è solo un letto e un tavolo, ma sistemerò tutto.

Vittorio ed Elena rimasero senza parole.
— Mamma, e tu? — chiese lui.
— Me la caverò — rispose. — L’importante è che Matteo abbia una casa.

Il piccolo Matteo corse verso la nonna, tendendo le braccia.
— Vuole andare dalla nonna — sorrise Vittorio.

Anna lo sollevò e lo fece volteggiare per la stanza, ridendo:
— Dalla mia finestra torna a splendere il sole!

Il suo cuore, imprigionato dalla solitudine per anni, ora batteva all’unisono con la gioia. Sapeva di aver fatto la scelta giusta — per quel sorriso, per la sua famiglia.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

5 + four =

Luce alla finestra: il cammino verso la felicità