«Non permetterò di essere umiliata al mio matrimonio!» urlava mia figlia mentre la supplicavo di invitare la nonna.
Mia figlia, Beatrice, ha 25 anni e ha appena annunciato il suo matrimonio. I preparativi ci hanno travolti: l’abito è già scelto, il menu approvato, gli inviati quasi tutti spediti. Ma un dettaglio, come un fulmine a ciel sereno, mi ha sconvolto.
Mia mamma, la nonna di Bea, quest’anno ha compiuto 80 anni. L’età si è fatta sentire: si muove con lentezza, la vista non è più quella di un tempo, e l’aspetto, diciamolo pure, tradisce i suoi anni. Capelli bianchi raccolti in una crocchia, il viso segnato dalle rughe e la sua maglia preferita, con quel motivo sbiadito che indossa da una vita. Lei non corre dietro alla moda e spesso dice:
«A cosa mi servono vestiti nuovi? Sono già vecchia. Meglio che aiuti voi e Bea con qualche soldo».
Una sera, mentre discutevamo degli ultimi dettagli del matrimonio, le chiesi se avesse invitato la nonna. Bea esitò, il suo viso si contorse. Balbettò qualcosa sul fatto che sarebbe stato difficile per nonna raggiungere la sala ricevimenti a Milano, starla seduta tanto tempo a tavola, e poi la giornata era già piena. Ma capii che la ragione era un’altra.
«Bea, dimmi la verità», insistetti.
E allora mi lanciò quella frase che mi trafisse il cuore come un coltello:
«Mamma, non voglio che venga. Sembra… fuori posto. Le mie amiche sono chic, curate, vengono da buone famiglie. Non voglio che ridacchino di mia nonna».
Rimasi di ghiaccio. Come? Mia figlia, la mia Bea, che ho cresciuto con tutto l’amore del mondo, poteva dire una cosa del genere? Quella notte non chiusi occhio. Come farle capire che il valore di una persona non sta nei vestiti alla moda? Che la nonna non è solo una vecchietta con un vestito antico, ma è parte della nostra famiglia, le nostre radici? È lei che le preparava le torte, la cullava tra le braccia, gioiva per i suoi primi passi, i suoi primi voti a scuola…
Un matrimonio non è solo una festa per gli sposi. È un inno alla famiglia, a chi è stato sempre lì, a chi ti ha fatto diventare chi sei. E poi, che razza di amiche sono se ridono di una nonna?
La mattina dopo provai ad affrontare il discorso con dolcezza, senza accuse. Le raccontai di come la nonna vegliava su di lei mentre io lavoravo, di come le cuciva le bambole con gli scampoli di stoffa, di come si preoccupava per ogni suo raffreddore. «Davvero pensi che meriti di essere allontanata?»
Bea rimase in silenzio, annuendo a tratti. Poi scoppiò in lacrime:
«Mamma, mi vergogno di questi pensieri… ma non riesco a fermarli».
«Tranquilla, tesoro. Invitiamo la nonna e tutto si sistemerà», cercai di calmarla.
«Invitarla?!» Le lacrime si asciugarono all’istante. «Ho detto che non verrà! Non voglio fare brutta figura al mio matrimonio!»
«E io allora? Sono anch’io una vergogna per te?» mi sfuggì.
La discussione si protrasse, ma fu inutile. Le dissi che non sarei venuta al matrimonio se avesse trattato così la nostra famiglia. Bea scrollò le spalle, come se non contasse nulla. E io mantenni la promessa. Non andai in comune, né al ristorante. Non risposi neanche al telefono.
Quel giorno andai da mia mamma, nel suo piccolo appartamento in periferia. Le portai da mangiare, la aiutai con le pulizie, feci la spesa, buttar via l’immondizia. Dentro di me, però, ero lacerata: come stava Bea? Il vestito le stava bene? Era felice nel giorno più importante?
Ma insieme a quel dolore, ne cresceva un altro, più amaro e pesante. Un giorno, anche io sarò solo una vecchia di cui vergognarsi? Non per ciò che sono, ma solo perché il tempo ha fatto il suo corso?
Quella sera, mentre prendevamo il tè nella sua cucina accogliente, la nonna si illuminò:
«Sandra, ma hai dimenticato? Oggi è il matrimonio di Bea! Siamo in ritardo? Forse riusciamo ancora ad arrivare al ristorante! Sbrigati!»
La guardai negli occhi: pieni di speranza. Si precipitò verso l’armadio per prendere il vestito buono. Io… non ebbi il coraggio di dirle la verità. Non potevo spezzarle il cuore.
«Mamma, mi sono dimenticata di dirtelo… hanno rimandato. Il comune era pieno, sai com’è…»
Lei rise, borbottò qualcosa sui giovani e la loro fretta, e tornammo al tè.
Ma dentro di me, un macigno.
Non so come guardare negli occhi mia figlia ora. E come farà lei a guardare sua nonna. Come è possibile che una bambina cresciuta nell’amore sia diventata così fredda e egoista? Questa domanda mi tormenta.





