**Il sacco misterioso: una rilettura drammatica**
Nella cittadina costiera di Pinarella, dove la nebbia mattutina si posa sui tetti e l’odore della resina si mescola alla salsedine, Marco trascinò a fatica un enorme sacco bianco fin sotto il portone e sospirò esausto.
— Mamma mia, che peso! — borbottò, fissando il carico.
Si asciugò la fronte sudata e digitò il codice per entrare.
— Marcello, sei tu? — risuonò la voce della suocera, mentre lui spingeva il sacco verso l’ascensore.
Una volta in cucina, lo depositò accanto al tavolo.
— Marco, ma cos’è questa roba? — esclamò Lucrezia, la suocera, guardandolo sospettosa.
Lui strizzò l’occhio con fare furbo.
— Ora vedrà! — disse, iniziando a svuotare il sacco sul tavolo.
— Santo cielo, Marco, ma perché così tanto? — sbottò Lucrezia, gli occhi sgranati dallo stupore.
Primra di conoscere Marco, Lucrezia si considerava un modello di parsimonia. Sua figlia Giulia la pensava allo stesso modo, ma ne soffriva.
— Giulia, rimetti giù quel detersivo! — ordinava Lucrezia al supermercato. — Prendi quello accanto, costa la metà! Si può anche fare scorta!
— Mamma, ma è di qualità inferiore… — protestava Giulia.
— Non è vero! È semplicemente meno pubblicizzato! Un detersivo è sempre un detersivo! Ma quanto sei ingenua?
Giulia, brontolando che chi è avaro paga sempre due volte, riposava il pacchetto e prendeva la scelta materna.
Se col detersivo si rassegnava, con i vestiti era più dura.
— Mamma, guarda, mi sta bene? — Giulia mostrava una gonna nuova.
— Un’altra? Quanto costa? — increspava il naso Lucrezia.
— Che importa! — sbuffava Giulia. — Non compro nulla da secoli! L’importante è che mi doni!
— Ma il prezzo conta! — incrociava le braccia Lucrezia, fissandola.
Giulia diceva il prezzo, sapendo già cosa sarebbe seguito.
— Accidenti! Ma vale così poco! — si indignava la madre.
— Mamma, basta! Con quei soldi non si compra più nulla! Voglio vestirmi bene, io già ho tutto rattoppato! — cercava di difendersi Giulia.
— Si può essere eleganti spendendo meno! — tagliava corto Lucrezia.
Ogni discorso sulla qualità del tessuto o sulla vestibilità perfetta era inutile.
— Mamma, perché sei così tirchia? Non siamo poveri! — esplodeva Giulia.
— Proprio perché non siamo poveri, so risparmiare e fare scorte! Tu invece hai preso da tuo padre: sei una spendacciona! — ribatteva la madre.
Giulia taceva, ricordando il divorzio dei genitori. Litigi, divisione dei beni, battaglie per gli alimenti: tutto aveva trasformato Lucrezia in un’avara incallita.
All’università, Giulia non invitava mai nessuno a casa. La madre vedeva gli ospiti come una spesa inutile.
— Non capisco queste cene tra amici! — brontolava. — Si riuniscono, mangiano, bevono, chiacchierano, e poi la padrona di casa deve lavare i piatti e riempire il frigo!
Giulia cercava di spiegare, ma alla fine alzava le spalle: la madre non ascoltava. Dopo la laurea, trovò lavoro e conobbe Marco.
— A mamma non piacerà, — capì subito Giulia.
Marco non aveva nulla di ciò che Lucrezia apprezzava: né casa di proprietà, né genitori ricchi, né eredità. Un semplice impiegato, ma con ambizioni. E le ambizioni, secondo Lucrezia, non si potevano toccare. Giulia rimandò a lungo l’incontro, ma quando Marco parlò di matrimonio, dovette cedere.
— Marco, mia madre è… particolare — iniziò Giulia. — Molto parsimoniosa.
— Ma è una buona cosa, — scrollò le spalle lui.
— No, non capisci. È… tirchia come poche! Conterà ogni boccone che mangerai. Preparati a sopportare. Dopo il matrimonio, affitteremo un appartamento, e lei potrà continuare a risparmiare.
— Sciocchezze! — sorrise Marco. — Ce la faremo. Anzi, meglio vivere con lei. Non riusciremo mai a comprare casa, e dai miei è un viavai continuo. Decidi tu!
Giulia rifletté: “Marco non ha idea di cosa combina mamma. Ma possiamo provare. Se non funziona, ce ne andiamo.”
— Va bene, rischiamo — concluse. — Ma se diventa insopportabile, dimmelo subito.
— Mi sottovaluti, — le strizzò l’occhio.
Il matrimonio fu modesto, con grande gioia di Lucrezia.
— Bravo, non bisogna sprecare soldi inutilmente! — approvò.
Scoprendo che i giovani sarebbero vissuti con lei, Lucrezia ebbe un attimo di esitazione, ma trovò un senso nella cosa.
— Va bene, restate pure. Risparmiate per la casa. Ma le mie regole resteranno le stesse! — annunciò.
— E non devono cambiare! — intervenne Marco. — Lei, Lucrezia, è un esempio! I giovani non sanno risparmiare, poi si lamentano. Sono dalla sua parte!
La suocera arrossì di piacere.
— Che genero! Povero ma intelligente. Con questo atteggiamento andrà lontano! — pensò.
Marco conquistò rapidamente la sua fiducia, proponendo:
— Lasci che mi occupi io della spesa per tutti. So dove si risparmia. Economizzeremo saggiamente!
— Marco, sei un tesoro! — si commosse Lucrezia.
Giulia ascoltava stupita, mentre Marco le strizzava l’occhio.
Presto gli armadi scricchiolavano per le scorte. Marco mantenne la parola, e Lucrezia gioiva come una bambina. Ma non per molto.
— No, no, così non va! — Marco le sottrasse il misurino di detersivo. Ne versò metà indietro e glielo ridiede. — Questo basta!
Lucrezia lo guardò perplessa.
— Marco, è troppo poco, non laverà niente…
— Lavarà tutto! Se fa la schiuma, è già pulito! — dichiarò lui.
Lucrezia era confusa, ma pensò: “Forse ha ragione?”
Più tardi chiese a Giulia:
— Quali sono le debolezze di tua madre? Cosa le piace?
— Ah! — si illuminò Giulia. — Mamma è fissata con le stoviglie. Non compra mai usato. Risparmia su tutto, ma i piatti devono essere nuovi e belli.
— Capisco, — sorrise Marco. — Uno spreco. Lo sistemeremo!
— Lucrezia, guardi che servizio ho trovato online a poco prezzo! — mostrò tazze e piatti.
La suocera fece una smorfia.
— Online? Ma è usato!
— E allora? Si lava e sembra nuovo!
— Mai! Chi ci ha mangiato dentro? — s’indignò.
— Io non ci mangerei. Compriamo nuovo, se serve! — replicò lei.
— E il risparmio? — fece finta di stupirsi Marco.
— Per le stoviglie si può fare un’eccezione.
— Bene, d’accordo. Solo che, se un giorno vorremo un’eccezione anche noi, non lo dimentichi — sospirò lui.
Lucrezia intuì un inganno, ma non capì dove.
— Primo round a noi! — sussurrò Marco a Giulia quella sera.
— Davvero hai smosso qualcosa in mamma? — chiese lei.
— Un po’. Ma è soloE quella notte, mentre dormiva, Lucrezia sognò montagne di monete d’oro che si trasformavano in polvere al vento, e comprese finalmente l’inutilità di accumulare senza vivere.