Un’alleanza inaspettata: come genero e suocera diventano una squadra
Anna Bianchi sistemò con cura in una borsa a quadri patate coltivate nel suo orto, sottaceti fatti in casa e alcune confezioni di marmellata, poi partì per andare a trovare la figlia e il genero. “Lenù, sono già sul treno. Fai sì che Fabrizio venga a prendermi alla stazione, la borsa è pesantissima,” telefonò alla figlia. “Certo, mamma, ti aspettiamo,” rispose Elena. La mattina dopo, appena scesa dal treno, Anna sentì: “Mamma, siamo qui!” Si voltò… e rimase senza parole. Accanto alla figlia incinta c’era un uomo curato ed elegante, che non aveva nulla a che fare con quell’autotrasportatore trasandato e burbero con cui non era mai riuscita a trovare un punto d’incontro.
Eppure, Fabrizio non aveva mai avuto fretta di sposarsi. A trentasette anni era ancora scapolo e, durante le pescate con gli amici, ripeteva di non aver ancora incontrato una donna che gli facesse “scoccare la scintilla”. Alcuni amici lo invidiavano: niente moglie, niente problemi. Altri sospiravano: è bello avere qualcuno che ti aspetta a casa. Lui scherzava, dicendo che almeno aveva un vantaggio: niente suocera.
Poi, un fulmine a ciel sereno. In un autogrill vide Lei. Elena. La ragazza con gli occhi azzurri e il badge al petto gli sembrò uscita da un sogno. Gli sorrise, e fu la fine: l’uomo era perduto. La sera stessa tornò con lo stesso SUV, nascondendo dietro la schiena un mazzo di fiori, e le disse con voce tremante: “Ciao, Elena… Posso offrirti un caffè?”
Da quel momento, tutto accadde in un turbinio. Il matrimonio arrivò in fretta. Per la prima volta in anni, Fabrizio correva a casa, non in un motel. Tornava dai viaggi di lavoro con il cuore leggero. Si sentiva non solo un uomo, ma un marito. Poi, presto, un futuro padre. Tutto andava alla perfezione… se non fosse stato per l’incontro con la suocera.
Anna Bianchi non era certo una donna timida: elegante, distante, educata con severità. Al primo incontro accolse il genero con una cortesia glaciale. Quando lui, con tutto il cuore, la chiamò “seconda mamma”, lei replicò seccamente: “Chi ti ha detto che sono tua madre?”
Non se la prese. Capì semplicemente che avrebbe dovuto guadagnarsi la sua fiducia.
Passò un anno. Elena era ormai all’ultimo mese di gravidanza. Fabrizio tornò da un viaggio, e la moglie lo guardò preoccupata: “Mamma vuole venire a stare da noi qualche giorno…” “Oh! Pensavo fosse qualcosa di serio!” rise lui. “Se viene la mamma, ben venga. Però…” si grattò la barba con aria contrariata.
“Però,” riprese Elena, “fatti una rasata e un taglio. A lei non piace che sembri un vecchio marinaio.” “E a te?” “A me sì, ma la mamma è la mamma…”
E Fabrizio obbedì. Si tagliò i capelli, si rasò la barba, si guardò allo specchio e non si riconobbe. Alla stazione, Anna Bianchi quasi inciampò: di fronte a lei non c’era più un autista trasandato, ma un uomo curato e giovanile. Un sorriso le illuminò il volto, caldo e sorpreso. E Fabrizio si accorse di una cosa… era contento di rivederla. Qualcosa in lei era cambiato. E forse, anche in lui.
A cena, scappò in camera per guardare la partita, abbassando il volume per non disturbare. All’improvviso, una voce dietro di lui: “Fabrizio, alza il volume! Anche a me piace il calcio! E pure la pallacanestro.”
Si voltò. Anna Bianchi era lì, con un sincero interesse. E mentre tifavano insieme per la stessa squadra, capì che questa non sarebbe stata una semplice visita.
Il giorno dopo, lui ed Elena si prepararono per una gita al lago. Tenda, canne da pesca, provviste. Anna domandò: “State andando a pescare? Vengo anch’io! Prendi la mia tenda, Fabrizio, io cucinerò la zuppa di pesce, non mi fermerete tanto facilmente!”
All’aria aperta, la suocera sembrava rinata: accendeva il fuoco, sistemava i ceppi come tavoli, rideva e scherzava, piena di energia come se avesse vent’anni di meno. La zuppa che preparò era così buona che Fabrizio ne chiese il bis tre volte. Presto, iniziarono a darsi del tu. E scherzarono sul fatto che, se da anziana Elena fosse stata come sua madre, lui sarebbe stato un uomo fortunato.
Anna abbracciò la figlia e sussurrò: “Che bello avervi…”
E in quel momento, Fabrizio capì: nessun campionato del mondo avrebbe mai potuto regalargli questa felicità semplice, autentica, tutta sua.