«Questa non è un’ostello!» — Il fratello di mio marito si è trasferito da noi e non riesco a mandarlo via

«Questa non è un albergo!» – Il fratello di mio marito si è trasferito da noi, e non riesco a cacciarlo

Due anni fa, io e mio marito abbiamo finalmente inaugurato la nostra casa. Piccola, ma nostra. In realtà, apparteneva alla sua famiglia, e prima di noi ci aveva vissuto per anni suo fratello maggiore, Simone. Dire che ero entusiasta di questa circostanza sarebbe una bugia. Ma capivo: la famiglia è importante, bisogna rispettarla. Ho cercato di accettare, di non intromettermi, di fare la “comprensiva”.

Peccato che Simone avesse un piccolo “ma”: fin dall’inizio mi dava ai nervi. Trentacinque anni e nemmeno un giorno di lavoro serio, sempre attaccato alle gonnelle della madre e con l’aria di chi ha il diritto di pretendere tutto. Parlava come un professore, dispensando lezioni di vita e atteggiandosi a filosofo. Ma in realtà? Un pigro da manuale.

Quando ci siamo trasferiti, Simone non c’era – era partito per Bolzano, dove diceva di “studiare” e di voler restare a vivere. Mia suocera ci aveva dato carta bianca: ristrutturazioni, mobili, tutto a nostro piacimento. Lei stessa assicurava che Simone non sarebbe più tornato. E poi, diciamocelo: quell’appartamento era invivibile. Non sembrava una casa, ma una tana grigia, piena di polvere, macchie e una puzza di fumo che ti entrava nelle ossa.

Carta da parati marrone sporco, soffitto macchiato, divano con le molle che spuntavano tipo sorpresa negli ovetti di Pasqua. Sembrava ci avessero abitato non delle persone, ma… boh, chi lo sa. In ogni angolo c’erano rifiuti, e l’odore era quello di un’osteria degli anni ’70. Io e mio marito abbiamo passato giorni a buttare sacchi di immondizia, poi abbiamo dormito per settimane su un materasso e mangiato su scatoloni. Ma alla fine, ne è valsa la pena: mobili nuovi, pareti luminose, tutto accogliente. La casa ha ripreso vita.

E per due anni è stato tutto tranquillo. Niente ospiti indesiderati, niente litigi. Avevo quasi dimenticato chi fosse Simone. Ma un giorno, mia suocera ha chiamato – voce tremante, quasi sussurrando: «Simone torna. A Bolzano non è andata bene».

Mio marito ha reagito con calma. «Succede, il poveretto ha avuto sfortuna», ha detto. Pochi giorni dopo, però, un altro colpo di telefono: «Non viene da me, ma da voi. Gliel’ho proposto, ma ha rifiutato. Dice che il paese è noioso, lui vuole la città». Nella sua voce si sentiva la rassegnazione. Sapeva di metterci in difficoltà, ma forse non aveva alternative.

E così, Simone è arrivato. Con una borsa, le sigarette e le solite abitudini. Non abbiamo figli, lo spazio è poco, ma abbiamo sistemato una brandina in cucina. Pensavo sarebbe rimasto una settimana, massimo due. Che ingenua. Ha steso le radici.

Ed è cominciato il delirio. Piatti sporchi nel lavello. Impronte di scarpe dappertutto, persino sul tappeto della camera. Il posacenere in cucina sempre traboccante. Le finestre chiuse per il fumo, ti sentivi come in una cantina. E soprattutto, quel tono: «Ma perché compri tutta questa carne? Bisogna risparmiare». «Non sai lavare gli scaffali». «Che spreco, questo detersivo costoso».

Lui, che non ha mai lavorato un giorno, ora mi spiega come vivere. E io resisto. Quando hanno chiamato mio marito per un lavoro all’estero – tre mesi – sono rimasta sola con questo… coinquilino forzato.

Ho provato a parlarne con mio marito. Gli ho detto che era troppo, che non volevo condividere casa con un uomo che manco sa dire “grazie” per la cena. Ma lui si limita a sospirare: «È mio fratello. È un momento difficile. Abbi pazienza».

Ma io non ce la faccio più. Questa è casa mia. Il mio spazio, la mia aria. Io pulisco, cucino, tengo tutto in ordine. Lui, invece, vive come se fosse il suo diritto. Non voglio fare la strana con mio marito, ma non sono né una domestica né la gestrice di un ostello. Non siamo in una comune!

Che devo fare? Subire in silenzio la sporcizia, le sigarette, le prediche? O impormi e rischiare di rovinare la pace in famiglia? Ho paura che, nel tentativo di mantenere l’armonia, alla fine perderò me stessa.

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«Questa non è un’ostello!» — Il fratello di mio marito si è trasferito da noi e non riesco a mandarlo via