Suocera o catastrofe? I litigi esasperano una nuora

“Non sei una madre, sei un disastro!” — gli scontri con la suocera hanno spinto Alessia all’estremo

Alessia era ai fornelli, rigirando i panzerotti, quando suo marito entrò in cucina.

— Alessia, oggi mi ha chiamato mia madre — iniziò Luca. — Dice che non la lasci vedere nostro figlio.

— Si è lamentata? — si stupì Alessia.

— Sì. Dice che trovi sempre scuse. Non vede Matteo da un mese — aggiunse lui.

Alessia si asciugò nervosamente le mani sul grembiule.

— Luca… è difficile dirlo — esitò. — Tua madre… mi ha detto una cosa che devi sapere.

Gli raccontò tutto. Luca impallidì e si sedette sulla sedia: non se lo aspettava.

Era iniziato un mese prima. Quel giorno, Valentina, sua madre, era arrivata come sempre senza preavviso. Appena entrata, aveva osservato il corridoio con sguardo critico:

— Di nuovo disordine. Giocattoli ovunque! Non si può crescere un bambino in questo caos!

Alessia aveva sorriso forzatamente, ma dentro si sentiva stringere. Matteo si era appena addormentato, e i suoi giochi erano sparsi sul pavimento dove aveva giocato. Ma per la suocera era solo un motivo per sfogare la sua rabbia.

— Luca! — aveva alzato la voce Valentina. — Sei un uomo o cosa? Devi dire a tua moglie come tenere la casa!

— Mamma, va tutto bene — aveva borbottato lui, senza alzare gli occhi dal telefono.

— Per te va bene? Sembra sia passato un uragano, e tu sei come in vacanza!

— Matteo è solo vivace — aveva aggiunto Alessia con calma, ma la voce tradiva la tensione.

— Vivace! Dovresti badare a lui, non lasciarlo scorrazzare per casa!

E ancora una volta la conversazione era tornata al fatto che Luca da bambino era stato controllato in ogni dettaglio. Un figlio perfetto, cresciuto sotto una lente d’ingrandimento. Alessia annuiva in silenzio, ma dentro di lei cresceva la ribellione.

— Valentina — aveva detto finalmente. — Cresco mio figlio secondo le mie idee. Ha due anni. Sta esplorando il mondo.

— Esplorando? E poi graffi, tagli, e tu ripeti solo “esplora”!

— Sono bambini. Imparano attraverso il movimento, gli errori, l’esperienza.

— No! È la tua negligenza. E se si fa male seriamente?

— Mamma… — era intervenuto Luca, ma la suocera si era infervorata ancora di più.

— Se non impari a essere una madre decente, penserò a chi rivolgermi!

Il giorno dopo era tornata, bussando con forza come sempre.

— Perché ci metti tanto ad aprire? Credevo non ci fossi! — aveva fulminato con lo sguardo.

— Ero occupata — aveva risposto Alessia con calma.

— Altri giocattoli! Ma pulisci almeno?

— Certo. Ma Matteo gioca. È normale.

— Normale? Ai tempi di Luca… — aveva iniziato la suocera.

— Sì, lo so. Era perfetto. Nemmeno un granello di polvere. Peccato che ancora non sappia friggere un uovo!

— Cosa vuoi dire con questo?

— Che hai cresciuto un uomo che non sa vivere da solo.

— Lui lavora, porta i soldi! Tu stai a casa!

— Mi occupo di nostro figlio. E voglio che sia indipendente, non come suo padre: adulto ma incapace.

In quel momento, dalla stanza accanto era arrivato il rumore di un vetro rotto, seguito dal pianto del bambino. Alessia era corsa in salone: Matteo era in piedi vicino al vetro, con una mano tagliata.

— Mio Dio… — l’aveva preso in braccio. — Tutto bene, piccolino, tutto bene!

— Vedi? — aveva sibilato Valentina. — Te l’avevo detto! Non sei una madre, sei un disastro! Andrò dai servizi sociali!

Alessia era rimasta immobile. Non era più solo un insulto: era una minaccia.

— Bene. Venga pure con l’assistente sociale. Ma ora è meglio che se ne vada — aveva detto con freddezza.

Da quel giorno, Alessia era cambiata. Non sbatté la porta in faccia alla suocera, ma semplicemente smise di aprirle senza motivo. E trovava sempre una scusa: quarantena, visita medica, lavori in casa, il bambino malato…

Una volta Valentina si presentò senza avvisare. Alessia sbirciò dallo spiraglio:

— Oh, non ha visto il mio messaggio? Scusi! Ma Matteo ha le difese basse, il medico consiglia di non far entrare nessuno.

— Io non sono un’estranea!

— Lo so, ma… è il dottore che lo dice. Aspettiamo un po’ e ci rivedremo!

La suocera se ne andò furiosa, senza dire una parola.

Quella sera Luca si avvicinò alla moglie.

— Mamma dice che non la fai entrare. Perché?

— Perché ho paura. Mi ha minacciato con i servizi sociali.

— Stai esagerando.

— Sei sicuro che non si lamenterà ancora se si arrabbia?

Lui tacque. Alessia gli prese la mano.

— È nostro figlio. La sua sicurezza viene prima di tutto.

— Pensi che possa fargli del male?

— Non vede i limiti. La sua premura diventa pericolosa.

— Va bene — cedette lui. — Non insisterò più.

Alessia sorrise sollevata. La suocera aveva superato il limite, e ora le regole del gioco erano cambiate.

A volte, proteggere la propria famiglia significa saper dire di no, anche a chi dovrebbe amare senza condizioni.

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