L’ombra del tradimento in casa
Maria Rossi era in cucina, mescolando con cura un risotto ai funghi in una vecchia pentola di terracotta, perfetta per quel piatto. Suo figlio Luca, il suo orgoglio e unica speranza, sarebbe tornato presto a casa. Immaginava la sua gioia nel trovare un pasto caldo, preparato con amore dalla madre. Avvolse la pentola in un panno per mantenerla al caldo, la mise in una borsa e si diresse verso l’appartamento del figlio, situato nell’edificio accanto. Aveva una chiave di riserva, per ogni evenienza.
Qualche giorno prima aveva parlato con Luca al telefono. Lui, come al solito, aveva chiamato dal cellulare, ma Maria, abituata alle vecchie abitudini, aveva richiamato dal telefono fisso. Aveva risposto sua moglie, Alessia, dicendo che Luca era al lavoro. Ma lui le aveva detto che ora lavorava da casa! Qualcuno mentiva. E Maria era certa: non suo figlio.
Alessia era apparsa nella loro vita come un uragano. Una ragazza proveniente da un paesino lontano, senza istruzione, senza lavoro, senza una casa. Come aveva potuto Luca, un ragazzo intelligente e pieno di prospettive, lasciarsi accecare dall’amore? Aveva insistito per sposarsi, nonostante i genitori lo avessero pregato di aspettare. Si erano sposati, e Alessia si era trasferita nel confortevole bilocale regalato a Luca per il matrimonio. Fortunatamente, l’appartamento era intestato a lui.
Alessia non lavorava, dedicando il tempo a “cercare sé stessa”. Luca, invece, lavorava dalla mattina alla sera per mantenerla. Recentemente aveva affittato un altro appartamento, dicendo che gli serviva per lavorare, perché ad Alessia arrivavano spesso parenti dal suo paesino. Soprattutto il “cugino” Simone, con il quale, a quanto diceva, era cresciuta strettamente. Maria non si era intromessa, ma il suo cuore di madre sentiva che qualcosa non andava.
Quel giorno aveva deciso di far felice il figlio con il suo piatto preferito. Entrando nell’appartamento, non accese la luce nell’ingresso per non farsi notare. Dalla camera arrivava una musica allegra, ma volgare. Maria sbirciò all’interno e si bloccò. La borsa con la pentola le scivolò di mano e cadde rumorosamente sul pavimento. Nella stanza, due persone danzavano abbracciate strettamente. Alessia e un uomo, chiaramente non suo cugino.
La musica si fermò. Alessia, impallidita, corse nell’ingresso. “Maria! Che sorpresa!”, esclamò, forzando un sorriso.
“Vedo,” rispose fredda la suocera, cercando di controllarsi.
“Vuoi entrare? Abbiamo la torta,” propose Alessia, sperando in un rifiuto.
Maria fece un sorriso tirato. “Ho portato la cena per Luca, il suo preferito. Spero non si sia raffreddato,” disse, porgendole la borsa. Alessia, sollevata che la tempesta fosse passata, promise di avvolgere la pentola nel panno.
Maria uscì e si sedette su una panchina nel cortile. A quell’ora il cortile era deserto, i bambini dormivano. Dondolandosi leggermente, cercava di riordinare i pensieri. Aveva fatto bene a non fare una scenata. Alessia avrebbe trovato una scusa. Ma la caduta della pentola era stato un errore. Maria, medico d’emergenza, era abituata a rimanere calma nelle situazioni critiche. Prendeva decisioni in pochi secondi, salvava vite, e non lasciava mai cadere nulla. Eppure, quella volta aveva fallito. Ma come restare impassibile quando si trattava del suo unico figlio?
Decise che non era ancora finita. Alessia non avrebbe cambiato abitudini. Una settimana dopo, Maria ci riprovò, questa volta con delle focacce. Entrò in silenzio come un’ombra, tirò fuori il telefono e registrò tutto. La musica era la stessa, ma non c’era più ballo: la scena era molto più esplicita. Finita la registrazione, bussò alla porta. Alessia, arrossata, aprì appena. “Focacce per Luca,” disse la suocera, consegnandole il sacchetto e andandosene.
A casa valutò le opzioni. Poteva andare senza Luca, mostrare le prove e cacciare Alessia. Ma quella avrebbe potuto raccontare al figlio che la suocera l’aveva calunniata. Oppure poteva dirgli tutto subito. Ma Luca, educato e ingenuo, avrebbe potuto credere a un “incidente” o a un “semplice bacio”. No, doveva agire con certezza.
Sabato, Maria e suo marito si fecero invitare a cena da Luca e Alessia. Portò di nuovo le focacce. Dopo la prima tazza di caffè, guardò Alessia e chiese: “Allora, hai trovato te stessa?”
Luca la guardò stupito – non aveva mai usato quel tono. Alessia, intuendo il pericolo, borbottò: “Non ancora.”
“Posso aiutarti,” disse Maria, posando il telefono con il video sul tavolo.
“Che cos’è?” Luca passò dallo schermo, dove sua moglie e il “cugino” dimostravano chiaramente qualcosa di più che affetto familiare, ad Alessia e viceversa. Lei abbassò gli occhi, in silenzio.
“Film interessante, eh?” chiese la suocera, trattenendo la rabbia.
“Mi tradisci? E lui non è tuo cugino?” la voce di Luca tremava. “Alessia, dimmi qualcosa!”
“E cosa potrebbe dire?” intervenne la madre. “Come puoi essere così ingenuo?”
Alessia si alzò, il volto fiammeggiante. “Sì, non è mio cugino,” sbottò. “Siamo venuti qui insieme, senza soldi, senza documenti. E tu, un ragazzo perbene con casa e una madre che ti porta le focacce. Abbiamo pensato di sistemarci così, poi si sarebbe visto.”
“Hai detto che mi amavi,” disse Luca basso.
“Io ho detto tante cose,” rise amara Alessia. “Non devi essere così credulone.”
Andò in camera, probabilmente a fare le valigie. Luca rimase immobile, come pietrificato. Il padre tacque, fidandosi della moglie. Maria pregò in silenzio: “Dio, non lasciare che corra dietro a lei!”
Quando la porta si chiuse alle spalle di Alessia, Luca guardò sua madre. Nei suoi occhi si leggeva: “Cosa faccio ora?” Il suo mondo era crollato: famiglia, amore, speranze. Il primo grande tradimento gli strappava il cuore.
“Beviamo un caffè,” propose Maria, da medico sapeva che in momenti di crisi serviva un attimo di quiete.
Luca prese due focacce. Sua madre, intelligente e forte, trovava sempre una soluzione. E anche quella volta sapeva che il tempo e il suo amore avrebbero aiutato il figlio a ricominciare.