**Diario di un figlio che non deve nulla**
Valentina e Matteo si preparavano per il matrimonio. Alla vigilia del grande giorno, la madre della sposa, Maria Teresa, arrivò per conoscere la futura consuocera. L’incontro si svolse a casa di Liliana, la madre di Matteo. Si parlò dei dettagli del matrimonio, si chiacchierò a tavola. Il mattino dopo, Maria Teresa si preparò a ripartire. Valentina la accompagnò fuori.
«Allora, che ne pensi di Matteo?» chiese alla madre.
«Un bravo ragazzo» rispose lei con un sorriso, ma sospirò pesantemente.
«Mamma, cosa c’è?» si stupì Valentina.
«Figlia mia, stai alla larga da sua madre. Non sai ancora molte cose su di lei.»
Quelle parole si riveleranno presto vere.
Quando Valentina scoprì che la suocera voleva vivere con loro, disse apertamente al marito:
«Dovrai scegliere: o io, o tua madre.»
«Non ho intenzione di scegliere» rispose Matteo con calma. «Noi continuiamo a vivere come sempre, e mia madre risolverà i suoi problemi da sola.»
«Quindi non la farai trasferire da noi?»
«Gliel’ho già detto.»
«E lei?»
«Si è offesa. Mi ha chiamato ingrato e ha detto che me ne pentirò.»
«Prevedibile…»
Liliana andò in pensione presto—aveva lavorato per anni come hostess di volo.
«Basta. Ho fatto abbastanza» decise, dopo aver ottenuto una buona pensione, decisamente più alta di quella di molti.
Ma capì presto che quei soldi non bastavano per il suo stile di vita. La soluzione le venne naturale: far pagare tutto al figlio.
«Ti ho cresciuto, ti ho dato un’istruzione. Ora tocca a te fare il tuo dovere di figlio» disse a Matteo quando compì appena 23 anni. «Dal prossimo mese, pagherai l’affitto e la spesa.»
«D’accordo» rispose lui. «Ma se mantengo la famiglia, tu non ti intrometti più nella mia vita.»
Lei accettò—e, va riconosciuto, non interferì. La vita del figlio non la interessava più di tanto. Matteo era cresciuto soprattutto dai nonni mentre lei cercava, senza successo, di sistemarsi.
Passarono gli anni. Il figlio crebbe, e si trasferì da lei al liceo. Per cinque anni pagò puntualmente l’affitto e la mantenne. Lei intanto godeva la vita, spendendo la pensione solo per sé.
Quando Liliana compì cinquant’anni, Matteo portò a casa la moglie.
«Che aspetto curato hai!» si stupì Valentina al primo incontro con la suocera. «Non sembri affatto una pensionata.»
Scoprendo che i giovani avrebbero vissuto con lei, Liliana fu persino contenta. «Meglio così» disse, pensando: «Almeno non dovrò più cucinare.»
Valentina la prese per sincera, ma Matteo le spiegò:
«Mia madre non ha avuto il coraggio di cacciarci. Negli ultimi cinque anni ho pagato io per tutto.»
La visita di Maria Teresa dissipò ulteriormente le già fragili illusioni:
«Figlia, stai attenta. Questa donna vive solo per sé stessa. Vi dimenticherà se diventerete un peso. L’importante è tenerti stretto tuo marito. Mi è piaciuto. Ma con sua madre siete stati sfortunati.»
Passarono sei mesi. Liliana si innamorò. Un uomo di nome Antonio cominciò a frequentarla sempre più spesso. Poi…
«Avete due settimane per andarvene. Vendo l’appartamento. Mi trasferisco a Napoli.»
«Sei seria?» rimase senza parole Matteo.
«E perché no? Ne ho tutto il diritto. L’appartamento è mio. Me l’hanno regalato i miei genitori.»
«E ci cacci via?»
«Sì. È tutto legale.»
Matteo indossò la giacca in silenzio e uscì. Quella sera, lui e Valentina già preparavano le valigie. Andarono a vivere da un collega, che cercava inquilini. Un mese dopo, Liliana vendette casa e partì per Napoli con Antonio.
Qualche giorno dopo, Matteo provò a chiederle del denaro in prestito:
«No, certo. Ho già pianificato tutte le spese» rispose freddamente la madre.
«Beh, buona fortuna» disse lui.
«Anche a te» rispose lei con un sorriso. Nemmeno un abbraccio d’addio.
Passò un anno. Liliana chiamò: divorziata da Antonio, che le aveva portato via i soldi e sparito. Era sola, senza casa. Tornò e dichiarò subito:
«Vivrò con voi.»
«No. Prendi i soldi che ti rimangono e chiedi un mutuo.»
«Un mutuo? Alla mia età? Con la pensione?»
«Cerca un lavoro. Dovrai arrangiarti come tutti.»
«Quindi non mi aiuterai?»
«Non ti devo nulla, mamma.»
Lei esplose:
«Sei un ingrato! Ti ho cresciuto!»
«Sto solo seguendo il tuo esempio» rispose tranquillo il figlio.
Liliana chiese ospitalità alle amiche finché ebbe denaro. Poi—rifiuto dopo rifiuto. Tornò dal figlio.
«Mamma, non sei né malata né vecchia. Cerca lavoro. Affitta almeno una stanza. Fatti vedere.»
«Non ti faccio pena?»
«No. Mi ricordi quella cicala… che cantò tutta l’estate.»
Più tardi, Liliana trovò sistemazione… non con un lavoro, ma con un nuovo matrimonio. Con il primo che capitò. Ma almeno aveva una casa.
Ma questa è un’altra storia.
**Lezione:** C’è chi crede che il sangue sia un debito. Ma un figlio non è un conto da saldare. A volte, il miglior modo d’amare è dire “basta.”