Sembrava Perfetta, ma Era il Mio Più Grande Dolore

Sembrava perfetta. E invece è diventata il mio più grande dolore.

La prima volta che ho visto Ginevra, ho pensato di aver trovato la donna dei miei sogni – elegante, delicata, con quegli occhi che sembravano nascondere mondi interi. Ci siamo avvicinati in fretta. La portavo nei miei posti preferiti di Milano, cucinavamo insieme piatti semplici, ridevamo per cose insignificanti. Ero certo: era lei, quella giusta. Quando le ho chiesto di sposarmi, non ho avuto neanche un dubbio.

Il matrimonio è stato intimo e sincero. Una cerimonia piccola con i parenti, un vestito bianco, un ballo lento con una canzone dolce. La vita sembrava tranquilla. Ginevra era premurosa, sempre attenta, un po’ distaccata – ma pensavo fosse il suo carattere. Poi, però, quella calma ha cominciato a incrinarsi.

All’inizio, si fermava sempre dopo il lavoro. “Riunioni con i colleghi”, diceva. “Incontri improvvisi”. A volte i suoi racconti non tornavano. Cercavo di ignorare i sospetti. Finché un giorno il suo telefono, che di solito teneva sempre con sé, è rimasto sul tavolo della cucina senza blocco. Non volevo ficcanasare… ma qualcosa mi ha spinto a guardare.

Ho visto i messaggi. Un nome: Federico. I testi erano chiari: *”Quando ci vediamo? Promettimi. Mi mancano le tue mani.”* E lei rispondeva con la stessa intensità. Mi si è stretto il cuore. Chi era? Cosa c’era tra loro?

Il giorno dopo ho scavato più a fondo. Ho trovato un suo vecchio profilo sui social. Foto di feste, scatti in bikini, uomini che non conoscevo. Status pieni di allusioni a passione, libertà, avventure fugaci. La Ginevra che conoscevo e quella dei post erano due persone diverse. Non riuscivo a crederci. Ma sentivo che la realtà era peggiore di quanto immaginassi.

Due settimane dopo, ho trovato il suo diario. Per caso – o forse era destino. Sulla copertina c’era scritto: *”Non aprire.”* Ma l’ho aperto. Ogni pagina mi feriva come un coltello:

*”Lui crede che io sia brava. Non sa quanto ho fame di emozioni. Di toccare. Un solo uomo non mi basta.”*
*”Federico mi ha chiesto di restare. Stavo per dire di sì. Ma ha una famiglia. E io ho un caleidoscopio di desideri.”*
*”Marco è così ingenuo. Pensa che staremo insieme per sempre. Se solo sapesse di Matteo…”*

Ero seduto per terra, incapace di trattenere le lacrime. Mia moglie. Mia – eppure non mia per niente. Tre uomini. Tradimenti. Una vita tutta una recita.

Ho installato un programma sul suo telefono. Il mercoledì e il venerdì, infatti, usciva dalla città. Lo stesso hotel. La stessa stanza. Sempre Federico. E poi c’era Matteo, sposato. A lui scriveva: *”Sei il più passionale. Con te mi sento viva. Ma non chiedermi di più.”*

Ero distrutto. Eppure, avevo paura di affrontarla. Finché un giorno ho perso il controllo:

*”So tutto.”*

È impallidita. Non ha negato. Ha solo pianto. Aspettavo spiegazioni. Scuse. Ma ha solo detto:

*”Ho paura di essere sola. Non posso essere solo una moglie. Ho bisogno di più. Di sentirmi desiderata. Tu sei buono. Ma non sai accendere il fuoco che ho dentro.”*

È stato peggio di una confessione di tradimento. Era l’ammissione che per lei io non contavo nulla. Un porto sicuro. Un appoggio. Ma non l’uomo che avrebbe scelto davvero.

Una settimana dopo, abbiamo firmato il divorzio. Me ne sono andato. Lei è rimasta nell’appartamento – e nella sua ragnatela di bugie.

Nell’ultimo messaggio mi ha scritto:

*”Scusami. Tu eri vero. Io stavo solo cercando me stessa. E non ci sono riuscita.”*

Non racconto questa storia per vendetta. Non le porto più rancore. Voglio solo che, se qualcuno la legge, capisca: le maschere possono essere bellissime. Ma dietro spesso si nascondono anime che non conosceremo mai fino in fondo.

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