L’Ombra dei Sogni Infranti

**L’ombra delle speranze perdute**

Beatrice sedeva in un accogliente caffè nel cuore di Firenze, di fronte alla sua amica Giulia. Questa, mescolando lentamente il caffè, la fissava con occhi indagatori, come cercando di decifrare un enigma.

«Sei strana oggi» disse Giulia, strizzando gli occhi. «Su, dimmi cos’è successo.»

«Alessandro mi ha chiesto di sposarlo» rispose Beatrice con voce soffusa, ma nel suo sorriso si intravedeva una traccia di amarezza.

«Davvero? Finalmente!» esclamò Giulia, illuminandosi per un istante, per poi aggrottare le sopracciglia. «Ma dov’è la tua felicità? L’hai aspettato per anni!»

«Gli ho detto di no» la voce di Beatrice tremò mentre distoglieva lo sguardo.

«Cosa?!» Giulia rischiò di rovesciare il caffè. «Ma era il tuo sogno! Alessandro è sempre stato al tuo fianco, e tu… Perché?»

«Dopo quello che ha fatto, non potevo fare altrimenti» rispose Beatrice in modo criptico, gli occhi oscurati dai ricordi.

«Che cosa ha fatto?» Giulia si sporse in avanti, incapace di trattenere la curiosità.

Beatrice prese un respiro profondo, raccogliendo i pensieri, e iniziò a raccontare. Giulia l’ascoltava trattenendo il fiato, incredula.

Beatrice aveva sempre immaginato l’amore come una scena di un film romantico: mazzi di fiori, dichiarazioni appassionate, la volontà di sacrificare tutto per l’altro. Si vedeva come l’eroina la cui vita era un eterno tripudio di emozioni. Queste immagini, ispirate da film e libri, erano diventate l’unico copione possibile per l’amore.

Ma la vita si rivelò più complicata. Giovane e piena di illusioni, Beatrice imparò l’amore attraverso errori, innamorandosi e lasciandosi. La sua teatralità, radicata nell’anima, dava a ogni storia un tono drammatico.

Al primo uomo dedicò quattro anni. Aveva appena diciotto anni quando si conobbero. Ingenua e innamorata, sperimentò per la prima volta una relazione. Ma la sua passione si infranse contro la sua freddezza. Avevano idee diverse sull’amore, e l’intimità che Beatrice sognava non arrivò mai.

Decise di lasciarlo, ma non semplicemente: voleva un finale degno di un film. Annunciò che aveva bisogno di partire per il mare, da sola, «per capirsi». Lui non oppose resistenza, dato che non convivevano, si vedevano solo.

Alla stazione, mentre il treno stava per partire, Beatrice, in piedi sulla soglia, esplose:

«Ti lascio.»

«Come? Perché?» lui rimase sbalordito.

«È meglio così» rispose lei, scomparendo nel vagone.

Il treno partì. Lui corse lungo la banchina, gridando:

«Beatrice! Ti amo! Sposami!»

Lei si affacciò e rispose con freddezza:

«Mai.»

Così, con un dramma degno del cinema, si concluse il suo primo amore.

Un anno dopo, iniziò una nuova storia con Matteo, un informatico. Galante come un personaggio da favola: fiori, regali, viaggi. Con lui si sentiva protetta, e gli sguardi della gente sembravano pieni d’invidia. Matteo la presentò ai genitori, la portò in vacanza, la sommersi di attenzioni. Due anni dopo, tutto sembrava condurre al matrimonio, e Beatrice già si vedeva sua moglie.

Ma un giorno Matteo annunciò che era stato trasferito in un’altra città. Aggiunse, sorridendo sognante:

«Immagina: ci sposeremo, tu mi aspetterai a casa con i bambini, preparerai la mia amata ribollita…»

Beatrice rabbrividì. La scena di una vita domestica, dipinta da lui, era lontana dal suo sogno di eterna passione.

«Non credo» replicò brusca. «Odio la ribollita.»

Si girò e quasi scappò via, immaginando la sua sciarpa sventolare al vento mentre lui la guardava a cuore spezzato.

Dopo di lui, molti altri uomini passarono, ma nessuno rimase a lungo, finché non incontrò Alessandro. La loro relazione divenne presto una vita insieme. Ebbero un figlio, e Beatrice era certa di voler diventare sua moglie. Alessandro era affidabile, premuroso, ma la romantica scintilla mancava.

Beatrice attese una proposta, ma gli anni passavano e Alessandro non sembrava avere fretta. Cinque anni insieme, il figlio cresceva, ma l’anulare restava vuoto. Dentro di lei cresceva la frust**”Eppure, quella stessa notte, mentre il silenzio della casa sembrava urlarle addosso la sua solitudine, capì che forse la vera felicità non era in un finale da film, ma nell’amore semplice che aveva sprecato.”**

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