L’ombra dei sogni infranti

L’ombra delle speranze svanite

Chiara sedeva in un accogliente caffè nel cuore di Firenze, di fronte alla sua amica Beatrice. Questa, mescolando il caffè, la fissava con attenzione, come se cercasse di decifrare un enigma.

— Sei strana oggi — disse Beatrice, strizzando gli occhi. — Su, dimmi cosa succede.

— Matteo mi ha chiesto di sposarlo — sussurrò Chiara, ma nel suo sorriso si nascondeva un velo di amarezza.

— Davvero? Finalmente! — Beatrice si animò, ma subito aggrottò la fronte. — E dov’è la tua felicità? Lo aspettavi da anni!

— Ho detto di no — la voce di Chiara tremò, e distolse lo sguardo.

— Cosa?! — Beatrice quasi rovesciò il caffè. — Ma era il tuo sogno! Matteo è sempre stato al tuo fianco, e tu… Perché?

— Dopo quello che ha fatto, non potevo fare altrimenti — rispose Chiara in modo enigmatico, gli occhi oscurati dai ricordi.

— Che ha fatto? — Beatrice si protese in avanti, incapace di nascondere la curiosità.

Chiara sospirò profondamente, raccogliendo i pensieri, e iniziò a raccontare. Beatrice ascoltò trattenendo il fiato, incredula.

Chiara aveva sempre immaginato l’amore come una scena da un film romantico: mazzi di fiori, dichiarazioni appassionate, la disponibilità a sacrificare tutto per l’amato. Si vedeva come l’eroina di una vita fatta di emozioni eterne. Quelle immagini, ispirate da film e libri, erano diventate l’unico copione possibile per il suo amore.

Ma la vita si rivelò più complessa. La giovane Chiara, piena di illusioni, imparò l’amore attraverso gli errori, innamorandosi e lasciandosi. La sua teatralità, radicata nell’anima, dava a ogni storia un tono drammatico.

Al primo uomo dedicò quattro anni. Aveva appena diciotto anni quando si conobbero. Ingenua e innamorata, imparò a costruire relazioni accanto a lui. Ma il suo ardore si scontrò con la sua freddezza. Erano lontani nelle idee sull’amore, e l’intimità che Chiara desiderava non arrivò mai.

Decise di lasciarlo, ma non in modo semplice: le serviva un finale degno di un film. Annunciò di dover partire per il mare, da sola, “per capirsi”. Lui non oppose resistenza: non vivevano insieme, si vedevano solo.

Alla stazione, mentre lui la salutava ignaro dei suoi piani, un attimo prima che il treno partisse, Chiara, in piedi sul predellino, sbottò:

— Ti lascio.

— Come? Perché? — lui si confuse.

— È meglio così — disse lei, sparendo nel vagone.

Il treno si mosse. Lui corse dietro, gridando:

— Chiara! Ti amo! Sposami!

Lei si affacciò e rispose fredda:

— Mai!

Così, con un dramma degno del cinema, finì il suo primo amore.

Un anno dopo iniziò una nuova relazione, con un informatico di nome Antonio. Era galante come un eroe romantico: fiori, regali, viaggi. Con lui Chiara si sentiva protetta, e gli sguardi della gente sembravano pieni d’invidia. Antonio la presentò ai genitori, la portò in vacanza, la riempì di doni. Per due anni tutto sembrò portare al matrimonio, e Chiara già si vedeva sua moglie.

Ma un giorno Antonio annunciò di essere stato trasferito in un’altra città. E aggiunse, sorridendo sognante:

— Immagina: ci sposeremo, tu mi aspetterai a casa con i bambini, cucinerai la mia minestra preferita…

Chiara si gelò. Quella visione di routine domestica era lontanissima dal suo sogno di eterna passione.

— Non credo — rispose secca. — Odio quella minestra.

Si girò e quasi corse via, immaginando la sua sciarpa svolazzare al vento mentre Antonio la guardava con il cuore in pezzi.

Dopo di lui, Chiara ebbe molti corteggiatori, ma nessuno rimase a lungo, finché non incontrò Matteo. La loro storia diventò presto una vita insieme. Ebbero un figlio, e Chiara era sicura di volerlo sposare. Matteo era affidabile, si prendeva cura di lei e del bambino, ma di romantico aveva poco.

Chiara aspettò la proposta, ma gli anni passavano e Matteo non si decideva. Cinque anni insieme, il figlio cresceva, ma l’anulare restava vuoto. Dentro di lei cresceva la frustrazione. Era cambiata: dalla ragazza romantica era diventata una donna pronta a lottare per i suoi sogni.

Provò tutto: dolcezza, manipolazione, provocazioni, pur di fargli capire quanto volesse sposarsi. Ma lui sembrava non notare i suoi indizi. A un certo punto Chiara guardò la sua vita con occhi diversi: Matteo non la apprezzava, non la rispettava, fingeva solo di amarla. Il vero amore doveva essere vivido, passionale, e lui non la chiedeva nemmeno in moglie!

Il risentimento diventò desiderio di vendetta. Non voleva andarsene semplicemente, ma fargli provare il suo dolore. Decise che la sua vendetta sarebbe stata fredda e calcolata.

L’occasione arrivò dopo cinque anni. Matteo la invitò a cena.

— Perché? — chiese Chiara, anche se il cuore le batteva per il presentimento.

— Voglio parlarti — rispose evasivo.

— Va bene — accettò, esultando dentro.

Al ristorante, tutto era come nei suoi sogni: fiori, un tavolo intimo, luce soffusa. Dopo il primo bicchiere di vino, Matteo iniziò:

— Chiara, siamo insieme da anni. Abbiamo un figlio, ha già cinque anni. È ora di ufficializzare.

Lei tacque, fissandolo negli occhi. Lui proseguì:

— Inoltre, mi han offerto un lavoro all’estero. Ma prendono solo chi è sposato. Con la famiglia.

— Sposato? — Chiara rise amaramente. — Ti conviene? E a me?

— Cosa? — Matteo si confuse. Si aspettava che fosse raggiante.

— A me conviene? — la sua voce si fece gelida. — Non mi interessa. Non ti sposerò.

Un silenzio pesante calò.

— Spiegati — riuscì a dire Matteo.

— Non hai capito in dieci anni, non capirai ora — rispose, alzandosi. — Ti lascio.

Chiara uscì dal ristorante sentendosi l’eroina di un dramma. «Come al cinema», pensò, camminando per le strade della sera.

— Non ti capisco, Chiara! — esclamò Beatrice al caffè. — Sognavi il matrimonio! Avete un figlio, tutto andava bene! Ma sei fuori?

— Ho sognato troppo a lungo — rispose amara Chiara. — È arrivato tardi.

— Tardi a cosa?

— A dimostrarmi che mi ama davvero.

— E questo va dimostrato?

— Certo! — Chiara si infiammò. — Sono una donna, ho bisogno di romanticismo, passione! Lui ha trasformato la mia vita in una noia grigia. Mi ha chiesto di sposarmi come se firmassimo un contratto. Conveniva a lui! A me no! Che se ne vada!

— Te ne pentirai — scosse la testa Beatrice.

— Già mi pento — ammise Chiara. — Ma sono felice di avergli fatto capire cosa significa essere sottovalutata.

— E ora?

— Non lo so. Vedremo…

Tornata a casa, Chiara scoprì che le cose di Matteo erano sparite. «Peccato», pensò. «Vediamo quanto resisterà.»

Passò un mese. Matteo non si fece vivo, non chiamPassarono settimane, poi un giorno, aprendo la cassetta delle lettere, Chiara trovò un invito di nozze con la foto di Matteo e una sconosciuta sorridente, e capì che il suo dramma romantico era ormai diventato una commedia amara.

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