«Marco, un battesimo al ristorante? Ma allora dobbiamo comprare un regalo!» dissi a mio marito quando scoprimmo che nostra figlia organizzava una festa sontuosa per la piccola. Ecco la storia di come io e Marco cercammo di capire come celebrare il battesimo della nipotina, e perché finì per scatenare tante discussioni.
**L’invito al battesimo**
Nostra figlia, Valentina, aveva avuto una bambina sei mesi prima. La nipotina, Beatrice, era la prima della famiglia, e io e Marco non stavamo nella pelle dalla gioia. Quando Valentina annunciò il battesimo, fui contenta: un evento importante, da festeggiare con tradizione. Ma poi aggiunse che non sarebbe stata una semplice cerimonia in chiesa con un té a casa, bensì un pranzo al ristorante, con decine di invitati, un presentatore e persino un fotografo. «Valentina, ma che bisogno c’è di tutta questa ostentazione? È un battesimo, non un matrimonio!»
Lei spiegò che voleva un ricordo speciale. Suo marito, Luca, la sostenne: «È la nostra primogenita, vogliamo festeggiarla degnamente». Non discutemmo, ma dentro di me non ero tranquilla. Io e Marco siamo persone semplici, abbiamo sempre vissuto con sobrietà, e certe spese ci sembravano esagerate.
**Il dilemma del regalo**
Il vero problema sorse quando pensai al regalo. Di solito si dona qualcosa di significativo: una croce, un’icona, soldi per il futuro. Ma Valentina lasciò intendere che al ristorante gli ospiti avrebbero portato doni, e «presentarsi a mani vuote non si fa». Chiesi: «Quindi dobbiamo mettere dei soldi nella busta?» Lei rispose evasiva: «Fate come vi pare, ma tutti portano qualcosa». Fece due conti: venti euro nella busta erano ridicoli, ma di più non potevamo permettercelo. Con la pensione misera e i risparmi già svaniti per riparare il tetto, la situazione era complicata.
Marco propose di saltare il ristorante del tutto. «Andiamo il giorno dopo, festeggiamo Beatrice a casa e le regaliamo qualcosa di sincero», disse. Concordai: in casa era più intimo, senza ansie da busta. Decidemmo per una crocetta d’argento e una Bibbia illustrata—simbolica e sentita.
**Il confronto con Valentina**
Quando le raccontai il nostro piano, si offese. «Mamma, mi state dicendo che non verrete al battesimo? È il giorno più importante per Beatrice, e voi vi tirate indietro!» Cercai di spiegare che non era contro il battesimo, ma contro lo «spettacolo al ristorante». Lei lo prese come un affronto. «Tutti i nonni ci saranno, e voi no? Non vi sentite parte della famiglia?» Mi ferì. Certo che ci sentivamo parte della famiglia, ma doveva per forza esserci un ristorante di mezzo?
Marco fu irremovibile: «Se vogliono buttare soldi, problemi loro, noi preferiamo stare con la nipotina in santa pace». Ma vedendo Valentina turbata, iniziai a dubitare. Forse eravamo davvero troppo antiquati? Forse avremmo dovuto adeguarci, anche controvoglia?
**La soluzione**
Trovammo un compromesso. Io e Marco andammo in chiesa per la cerimonia, un momento toccante e genuino. Beatrice, vestita di bianco, sembrava un angioletto. Al ristorante non andammo, ma il giorno dopo ci presentammo da Valentina e Luca. Regalammo la croce e la Bibbia, passammo del tempo con Beatrice, sorseggiammo un caffè. Valentina all’inizio fece il broncio, ma poi si sciolse, soprattutto quando vide quanto la piccola si aggrappava a noi.
Capii che le tradizioni sono personali. Per Valentina era essenziale la festa; per noi, la vicinanza. Ma rimase un dubbio: d’ora in poi, ogni ricorrenza sarebbe una questione di buste e obblighi?
Se vi è capitato qualcosa di simile, ditemi: come avete gestito la situazione? Come si trova l’equilibrio tra i propri principi e le aspettative dei figli? O forse io e Marco esageriamo con la nostra «modestia»? Raccontate, ho bisogno di consigli.