La porta aperta

La porta socchiusa

Quando Federica tornò dal supermercato, la porta di casa era leggermente aperta. Non spalancata, ma neppure chiusa del tutto. Lo spiraglio tra la porta e il telaio pareva perfettamente calcolato, come se qualcuno avesse scelto con cura quella posizione precisa. Quasi fosse entrato, si fosse guardato intorno, avesse esitato un attimo… e poi fosse andato via, senza il coraggio di restare. O forse, al contrario, fosse ancora lì dentro.

Posò le buste della spesa per terra e si bloccò. Il cuore batteva piano ma veloce. Nessun rumore, nessun passo. Solo silenzio e una lieve corrente che muoveva l’angolo del tappeto nell’ingresso. E poi, appena percettibile, un odore estraneo, insolito per la sua casa. Tabacco? O forse solo l’aria della strada? Tese l’orecchio, ma l’odore svanì subito.

Viveva da sola da tre anni. Dopo che Riccardo se n’era andato—prima in un appartamento in affitto, poi in un’altra città, poi in un’altra vita. Le aveva scritto due volte. La prima per prendersi una felpa, la seconda per dirle che si sarebbe sposato. Lei non aveva risposto. Non per rabbia, ma perché non sapeva cosa dire quando nessuno le chiedeva più niente. Dentro di sé, tutto si era ormai consumato—rimaneva solo una superficie piana, un po’ malinconica, come un vetro appannato: sembra ci siano tracce, ma non si capisce di chi.

Federica entrò lentamente, scrutando il corridoio. Tutto era al suo posto. La giacca sull’attaccapanni, l’ombrello nell’angolo, le lettere sulla mensola. Nessun segno di confusione, nessun tappeto spostato, nessuna scarpa fuori posto. Tutto normale, eppure tutto diverso. Chiuse la porta, la serrò e attivò l’allarme. La lucina verde la calmò un po’. Se qualcuno avesse voluto entrare, però, sarebbe ormai già andato via. Eppure, rimaneva quella sensazione, come un’eco sospesa alle sue spalle.

In cucina, tutto era come lo aveva lasciato la mattina. Il gas spento, la tazza nel lavello, il libro sul davanzale, aperto a metà. Un segno piegato all’angolo della pagina. Era sicura di aver usato un segnalibro. O forse no? Magari qualcuno l’aveva sfogliato. O solo guardato. Ma l’aria era cambiata. Come se fosse stata leggermente spostata. Come se qualcuno avesse attraversato la stanza in punta di piedi, lasciando dietro di sé un vuoto appena percettibile. Non paura, ma la traccia di una presenza estranea.

Tornò nel corridoio e solo allora notò una vecchia fotografia sulla cassettiera. Non incorniciata, solo un semplice scatto un po’ sbiadito, con un angolo piegato all’interno. Federica si avvicinò. Era una foto che aveva messo via da tempo in un cassetto. Lei e Riccardo. Una decina di anni prima. Lui la abbracciava da dietro, mentre lei rideva. Lo scatto era stato fatto da un amico, durante un pic-nic. Allora tutto sembrava solido, quasi eterno. Ora sembrava ritagliato da un altro tempo. E qualcuno l’aveva lasciata lì, non per caso.

La foto era posata dritta. Non poteva essere caduta da sola. Qualcuno l’aveva presa, guardata, lasciata lì. E poi era andato via. O forse no? Federica si guardò attorno, in ascolto, come se le pareti trattenessero ancora l’eco della sua ombra. Non aveva nascosto quella foto per rancore—semplicemente non riusciva più a guardarla. E ora era lì, esposta, come una sfida. O una richiesta.

Federica si sedette sul divano. Prese il telefono. Scorse le chiamate recenti. Niente. Nemmeno un messaggio. Solo notifiche del supermercato e della banca. Righe asettiche, senza una parola vera.

Si alzò e chiuse la porta del balcone—il vento circolava ancora per la casa. Muoveva la tenda, dolcemente, come una carezza. La sera stava diventando notte. E all’improvviso—un suono squarciò il silenzio. Il campanello. Un solo squillo. Netto. Come se qualcuno fosse certo che lei avrebbe sentito.

Federica si avvicinò. Guardò dallo spioncino. Nessuno. Scale vuote, silenzio, la debole luce della lampadina sul soffitto. Solo, sul tappeto davanti alla porta, un plaid arrotolato. Il loro. Blu, con strisceE mentre lo prendeva tra le mani, sentì il profumo familiare della lavanda, quello che usavano sempre, e capì che Riccardo, in qualche modo, era davvero tornato.

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