**Diario di Renzo Bianchi**
Stamattina, schiacciando con violenza la sveglia, mi sono alzato dal letto a piedi scalzi e mi sono trascinato in cucina. E lì, mi aspettava una sorpresa che mi ha lasciato senza fiato. Seduta al tavolo, con una gamba elegantemente accavallata sull’altra, c’era Beatrice. Indossava solo un grembiule di pizzo, nient’altro. La vista mi ha talmente scombussolato che ho istintivamente chiuso gli occhi.
«Tesoro, sei sveglio!» ha esclamato Beatrice, volando via dalla sedia come una farfalla per avvinghiarsi al mio collo. «Ti ho preparato la colazione!»
«Davvero? E cosa sarebbe?» ho chiesto, guardando con sospetto quella sostanza fibrosa nel piatto.
«Ma come, Renzo? Sono broccoli al vapore!»
Broccoli al vapore? Io sono abituato a colazioni più sostanziose.
«Magari un po’ di maionese?» ho osato suggerire, incapace di masticare quel piatto insapore.
Ma appena ho visto le sue sopracciglia perfette avvicinarsi, ho subito ritrattato:
«Certo, amore, senza maionese!»
Mentre finivo di mangiare, mi chiedevo: «Perché così tanta fortuna?» Non per i broccoli, certamente, ma per quella dea seduta su una sedia sbiadita nella mia cucina. «Una ninfa… una sirena… Beatrice è mia!»
***
La prima volta che vidi Beatrice fu al teatro, dove lavoro come tecnico delle luci da trent’anni. Mentre riparavo un proiettore, il fascio di luce cadde sul palco, e la vidi: un’apparizione eterea, quasi irreale. Da quel momento, non ebbi più pace.
No, non sono il tipo che corre dietro a ogni gonna. Anzi, al teatro, sono conosciuto come un uomo serio, onesto. Forse è proprio per questo che il cielo mi ha premiato con Beatrice?
***
Mi sono raduto in fretta e mi sono preparato per il lavoro.
«Potresti stirare la mia camicia?» ho chiesto timidamente.
Ma la mia «ninfa» era troppo occupata con qualcosa di divino.
«Tesoro, puoi farlo tu?» ha sussurrato, senza staccare gli occhi dallo smartphone.
«Va bene, lo farò io.»
Non sapendo dove fosse il ferro da stiro, ho lisciato la camicia con le mani bagnate. Soluzione pratica, da uomo. Poi ho afferrato la borsa degli attrezzi, ho baciato Beatrice sul divano e sono corso al lavoro.
Solo sul tram mi sono accorto che qualcosa non andava. Dopo avermi guardato, ho realizzato: nella borsa mancava il pacchetto di panini o le polpette ancora calde. «Va beh, prenderò qualcosa al bar», mi sono consolato.
***
Un messaggio di Beatrice: «Tesoro, mandami trecento euro. Oggi ho l’appuntamento per le unghie!»
Mi sono bloccato. Non sapevo che una manicure costasse così tanto. Ma non volevo deluderla.
«Se servirà, chiederò un prestito a Pietro», ho pensato, mentre confermavo il bonifico. La bellezza richiede sacrifici!
Mezz’ora prima della fine del turno, un altro messaggio:
«Al ritorno, compra l’avocado e il latte senza lattosio per cena! Baci!»
Della lista, conoscevo solo il latte. Ho vagato per il supermercato, perso tra gli scaffali. Alla fine, mi sono rivolto a una commessa.
«Quanti avocado vuole?» mi ha chiesto gentilmente.
Ho esitato. Non sapevo quanto se ne comprasse. Per non sembrare stupido, ho risposto:
«Due chili, grazie!»
Pagando alla cassa, ho pensato che avrei davvero dovuto chiedere a Pietro. Io sono sempre stato generoso con gli amici, ma non ho mai chiesto nulla in cambio.
«Tutte le cose si fanno una prima volta», mi sono detto, trascinandomi a casa con quella borsa piena di stranezze. «Per una donna così, ne vale la pena!»
Beatrice mi ha accolto a braccia aperte, avvolta in qualcosa di seta e profumato che mi ha fatto girare la testa.
«Renzo, mi sei mancato!» ha cinguettato, mentre svuotavo la spesa.
«Cosa mangeremo, gioia mia?» ho chiesto, cercando di ignorare lo stomaco che brontolava.
«La cena sta arrivando!»
E come per magia, il citofono ha squillato.
«Ecco la cena!» ha esultato Beatrice. «Renzo, scendi a pagare il rider!»
Mentre salivo le scale, mi chiedevo: «Cos’hanno portato per quella cifra? Una scatola leggera che costa come una ruota d’auto!»
«Che cos’è?» ho domandato, vedendo quelle file ordinate di cibo sconosciuto ricoperte di erba verde.
«Renzo, non lo sai? Sono sushi!» mi ha spiegato Beatrice, paziente. «Piatto tradizionale giapponese!»
Non mi è piaciuto. Ma Beatrice era felice, e ha divorato quasi tutto. Dopo che è andata a letto, ho cercato nel frigo una ciotola di pasta avanzata. Niente. Sono andato a dormire affamato.
***
La mattina dopo, nessuna colazione. Beatrice dormiva, con i suoi riccioli dorati sparsi sul cuscino.
«Tesoro, lasciami cinquecento euro» ha mormorato. «Oggi ho la ceretta.»
La prima reazione è stata di rabbia. Ma non sapevo cosa fosse lo «sugaring».
«Forse è una visita medica?» ho pensato, vergognandomi della mia impulsività.
«Certo, amore!» ho detto, rassegnato.
In cucina, ho versato latte senza lattosio e cercato qualcosa da abbinare. Un pezzo di pane secco e un avocado avanzato. L’ho osservato: si mangia crudo? Bollito? Alla fine, ho rinunciato.
«Esci già?» ha chiesto Beatrice, immersa nel telefono.
«Sì» ho risposto, nascondendo l’irritazione. «Tu quando vai al lavoro?»
Lei ha alzato gli occhi, sorpresa.
«Ma che dici, tesoro? Quale lavoro? Ora sono tua moglie! Prima dovevo mantenermi, adesso ci pensi tu. Tu porti a casa il mammuth, io tengo acceso il focolare e ti ispiro!»
***
Sono tornato a casa stanco, affamato e di pessimo umore. In cucina, solo un avocado abbandonato. In camera, Beatrice si truccava davanti allo specchio, pronta per una serata.
«Tornato?» ha esclamato. «Presto, vestiti! Stasera c’è una festa con un DJ argentino e schiuma!»
«Bea, sono esausto» ho sospirato. «Non ho mangiato da due giorni, non ho voglia di uscire.»
Lei si è girata, con le sopracciglia aggrottate.
«Non vuoi venire?» ha chiesto, con una voce che non prometteva nulla di buono.
«No.»
«Allora è così che mi tratti? Mi rinchiudi, mi trasformi in una casalinga? Per questo ho sprecato la mia bellezza?»
L’esperienza mi ha detto di scappare in cucina. Ma Beatrice mi ha inseguito, urlando:
«Come ti permetti? Mi hai rovinato la vita!»
Arrivata al culmine, ha afferrato l’avocado e me l’ha scagliato contro. Il dolore, l’umiliazione… e mi sono svegliato!
***
Il vecchio autobus mi ha scaricato alla stazione insieme agli altri pendolari. Mentre sistemavo le borse piene di ortaggi, ho visto Valentina venirmi incontro con un enormeRenzo sorrise tra sé, stringendo le mani della sua vera Valentina, e capì che il sogno era stato un avvertimento: a volte, la felicità è già lì, nelle piccole cose di ogni giorno.