“Stai sempre a casa senza far niente!”
“Mamma, andiamo a giocare con le macchinine, me l’hai promesso…” ripeté per l’ennesima volta il piccolo Leonardo, di cinque anni, affacciandosi in cucina.
Caterina guardò prima il figlio, poi la montagna di piatti sporchi e il pollo crudo che attendeva paziente sul tagliere. Riportò lo sguardo sul bambino, che la fissava in attesa di una risposta.
“Leo, aspetta ancora un po’, la mamma arriverà presto, va bene?” Sussurrò quelle parole, quasi non credendoci nemmeno lei.
“Eccoti di nuovo! Lo dici sempre, ma poi non vieni mai! Non voglio giocare da solo!” gridò il bambino, scappando in camera sua.
Le urla del fratello svegliarono la piccola Sofia, che annunciò il suo risveglio con un pianto disperato. Caterina si sedette sulla sedia, stringendosi la testa tra le mani, come per bloccare i rumori. Chiuse gli occhi per un attimo.
…Caterina aveva sempre desiderato dei figli e li amava alla follia. Ma in quel momento avrebbe voluto essere altrove, lontana dalle pulizie infinite, dalla cucina, dalle urla, dai pannolini, dalle sedute col logopedista, dalle passeggiate, dal bagnetto serale, dalla cena, dalla favola della buonanotte…
Tante donne vivevano così, ma molte avevano nonni e mariti che aiutavano. Lei no. I suoi genitori erano a mille chilometri, la suocera lavorava e pensava a sé stessa. E suo marito, Marco, tornava dal lavoro sempre a ora di cena, quando i bambini erano già pronti per dormire. Lui cenava, si sedeva davanti alla TV o al computer. Aiuto? Zero. E ultimamente, i rapporti tra loro si erano fatti tesi, dolorosi…
“Mammaaa…” arrivò la vocina assonnata della piccola Sofia.
“Arrivo, amore, arrivo!” rispose Caterina, correndo in camera.
Si occupò dei bambini, fece un po’ di pulizie. Dopo pranzo, Leo aveva la lezione col logopedista. Intanto, lei portò Sofia al parco.
Tornarono a casa verso sera. Caterina li lavò, diede loro la cena. Lei non mangiò, solo un caffè bevuto in fretta. Guardò il pollo e decise: “Non faccio in tempo.” Per Marco, cucinò degli gnocchi surgelati.
Marco arrivò verso le nove. Ormai era abituata ai suoi malumori.
“Sono a casa! Nessuno mi saluta?” gridò dall’ingresso.
“Marco, non gridare, Sofia dorme già,” disse Caterina, cercando di mantenere la calma.
“Ecco, benvenuto a casa! Arrivo e devo fare silenzio!” borbottò lui, andando in bagno.
Caterina mise in tavola gli gnocchi, un piatto di prezzemolo e panna acida. Scaldò l’acqua per il caffè.
“Cat, ma questi gnocchi li hai presi in offerta e adesso devo finirli tutti?” chiese sarcastico Marco.
“Marco, oggi mangiamo questi, domani cucino il pollo come promesso,” disse lei, colpevolmente.
“Oggi è l’ultima volta. Lunedì abbiamo mangiato gnocchi e oggi ancora?!” sbottò lui, divorando la cena.
Non chiese nemmeno se lei avesse mangiato. Ultimamente, sembrava non importargli più nulla di lei.
“Marco, posso chiederti com’è andata oggi al lavoro?”
“Traffico, stress, sempre uguale. Non ne parliamo nemmeno a casa!” rispose secco, riattaccandosi al telefono.
“Allora buon appetito, vado a controllare i bambini.”
“Vai.”
Caterina li mise a letto, spense la luce, tornò in cucina.
“Vado a dormire,” disse Marco, uscendo senza alzare gli occhi dal telefono.
“Buonanotte,” mormorò lei al nulla.
Una volta, lui la baciava prima di dormire. Parlavano a lungo, bevevano caffè insieme, guardavano un film… Adesso quei momenti erano un ricordo lontano. Marco era perso nel lavoro, in cose che a lei non interessavano.
Anche lei, con Sofia, era stremata. Aveva sperato di mandare Leo all’asilo, ma nel gruppo di logopedia non c’era posto.
Sospirò. Erano quasi le undici. Lavò i piatti, si cambiò, andò a letto.
Nella camera da letto, Marco russava. Il suo telefono suonò: un messaggio.
“Chissà chi scrive a quest’ora…” pensò, senza darci peso.
Ma non fece in tempo ad addormentarsi che già suonò la sveglia.
“Le sei già?! Non ho dormito neanche un minuto…”
Si alzò, si lavò, si preparò un caffè per svegliarsi, iniziò la colazione. Alle sei, Marco si svegliò.
“Ancora porridge e pane tostato?!” esclamò, entrando in cucina.
“Buongiorno, Marco!”
“Mia madre mi faceva i pancake la mattina! Con te solo robaccia!”
“Nei weekend li faccio, ma durante la settimana… E comunque, fritto non fa bene. Il porridge va bene anche per Leo.”
“Mangia questa schifezza tu! Almeno un uovo avresti potuto farmi!”
“Marco, non gridare, sveglierai i bambini! E poi… ho dimenticato di comprare le uova.”
“Che moglie sei?! Dimentichi, non fai, non sai! Stai a casa senza lavorare, non riesci neanche a fare le cose più semplici! Mia madre ha ragione…”
Non finì la frase perché Sofia iniziò a piangere.
“Sospetto che tua madre ti metta contro di me,” disse Caterina.
“Lascia stare mia madre! Occupati dei bambini!” urlò lui, alzandosi e sbattendo la porta.
Mentre lei calmava Sofia, Marco uscì di casa senza salutare.
Il resto della giornata fu come sempre: colazione, pulizie, pranzo, passeggiata.
Leo la prese per mano. “Mamma, andiamo sull’altalena!”
Arrivò una voce familiare. “Caterina! Ciao! Quanto tempo!”
“Elena! Ciao! Come sei cresciuto, Matteo!”
“Anche Sofia è cresciuta. Ma sei dimagrita… stai bene?”
“Tante cose da fare con due bambini…”
“Caterina, devi pensare anche a te. Marco non ti aiuta? Io coinvolgo sempre Luca. È suo figlio anche!”
“Marco lavora fino a tardi…”
“Anche Luca lavora! Ma un padre può occuparsi dei suoi bambini. E voi dove andate?”
“Al parco, e voi?”
“Al centro commerciale! Hanno aperto una nuova area giochi. Vieni con noi!”
“No, Elena, non ho soldi con me… Marco vuole cambiare macchina.”
“Ne ha appena comprata una! L’ho visto parcheggiare qui l’altro giorno. Per sé spende, ma per i figli no?”
Caterina tacque.
“Vieni! Offriamo noi!” insisté Elena.
Andarono al centro commerciale. I bimbi giocarono, loro presero un caffè.
“Ma perché sei così nervosa? Tutto bene?” chiese Elena.
“Solo stanchezza.”
“Digli a Marco di darsi una mossa! Io non permetterei mai a Luca di comportarsi così…”
Poi improvvisamente tacque.
“Elena?”
“Quello è Marco con un’altra?”
Caterina si girò. Lo vide baciare una ragazza. Si coprì il viso e scoppiò in lacrime.
*****
“Scrivi alla tua ragazza?” chiese Caterina quella sera, mentre Marco mangiò il pollo.
“Cosa? Cosa dici?”
“Ti ho visto oggi. Cosa facevi al centro commerciale? Le compravi un regalo?”
LuiMarco la guardò in silenzio, poi si alzò senza rispondere e uscì sbattendo la porta, lasciando Caterina con il cuore spezzato e la certezza che la loro storia era davvero finita.