“Ma dai, solo un momentino di nervi”
— Ma chi ti vuole più, vecchia rimbambita? Sei solo un peso per tutti. Te ne vai in giro e puzzi. Se dipendesse da me, ti… Ma tocca sopportarti. Ti odio!
Benedetta quasi si strozzò col tè. Stava parlando con la nonna, Serafina, via videochiamata. La nonna si era allontanata per un attimo.
— Aspetta, tesoro, torno subito — aveva detto, alzandosi dalla poltrona con un gemito e uscendo nel corridoio.
Il telefono era rimasto sul tavolo. La telecamera era accesa, il microfono anche. Benedetta nel frattempo aveva spostato lo sguardo sullo schermo del computer. Poi… successe. Una voce proveniente dal corridoio.
Benedetta pensò di aver immaginato. E probabilmente avrebbe continuato a crederlo, se non avesse guardato il telefono. A giudicare dal rumore della porta, qualcuno era entrato. Sullo schermo apparvero prima mani sconosciute, poi un fianco, infine un viso.
Isabella. La moglie di suo fratello. Sì, era la sua voce.
La donna si avvicinò al letto della nonna, sollevò il cuscino, poi il materasso, frugando con la mano sotto.
— Se ne sta lì a bersi i suoi te… Magari crepasse in fretta, lo dico sul serio. Che senso ha tirare avanti? Non servi a niente, occupi solo spazio e consumi ossigeno… — borbottava la cognata.
Benedetta non si mosse. Per un paio di secondi dimenticò di respirare.
Poco dopo, Isabella se ne andò, senza mai notare la telecamera. Pochi minuti dopo, tornò la nonna. Sorrideva, ma quello sguardo non raggiungeva gli occhi.
— Eccomi qua. A proposito, non ti ho chiesto. Come va con il lavoro? Tutto bene? — disse come se niente fosse.
Benedetta annuì a scatti. Stava ancora cercando di digerire quello che aveva sentito, anche se tutto dentro di lei urlava di andare a cacciare quella sfrontata fuori di casa. Subito.
Serafina era sempre sembrata a Benedetta una dama d’altri tempi. Mai una voce alzata, ma con quella severità tipica delle maestre di una volta, affinata in anni di lezioni e colloqui con genitori e bambini.
Quarant’anni a insegnare letteratura. I bambini l’adoravano: Serafina sapeva rendere interessante anche la Divina Commedia.
Quando morì il nonno, non crollò, ma la sua postura perfetta si incurvò leggermente. Usciva meno, si ammalava più spesso. Il sorriso era meno smagliante. Eppure, non perse mai la sua vivacità. Diceva che tutte le età hanno la loro bellezza e godeva della vita anche ora.
Benedetta aveva sempre amato la nonna perché con lei ci si sentiva al sicuro. Niente era troppo complicato per lei: risolveva tutto. Ai tempi, Serafina aveva regalato al nipote la casa al mare per pagarsi gli studi, e a Benedetta i suoi risparmi per l’acquisto di un appartamento.
Quando il fratello di Benedetta, Matteo, dopo il matrimonio si lamentò degli affitti cari, la nonna offrì spontaneamente una stanza. “È un trilocale, c’è spazio per tutti, e poi mi tenete d’occhio. E se mi viene un caldo di pressione o un crollo glicemico?”
— Tanto da sola mi annoio. E un aiuto non fa mai male, — diceva con entusiasmo.
Matteo avrebbe dovuto occuparsene, ma Benedetta intanto aiutava la nonna con la spesa, le medicine e perfino le bollette. Lo stipendio lo permetteva, e la coscienza non le avrebbe mai lasciato stare a guardare. A volte lasciava soldi, altre li trasferiva sulla carta, ma spesso, conoscendo la nonna e la sua abitudine di mettere da parte per i giorni difficili, portava lei la spesa. Comprava pesce, carne, latticini, frutta. Insomma, tutto ciò che serviva a Serafina per mangiare bene.
— È per la tua salute. Specie con quel diabete, — diceva Benedetta.
La nonna la ringraziava, ma abbassava lo sguardo. Come se si vergognasse di essere un peso.
Isabella, la moglie di Matteo, fin dall’inizio era sembrata a Benedetta falsa come una moneta da tre euro. Parole dolci, educazione melensa, ma negli occhi freddezza. Uno sguardo scrutatore, senza un briciolo di calore o rispetto. Ma Benedetta evitò di interferire. Erano affari loro. Si limitò a chiedere alla nonna se tutto andasse bene.
— Tutto bene, cara, — la rassicurava Serafina. — Isabella cucina, tiene la casa in ordine. Giovane, certo, ma pazienza. L’esperienza si fa col tempo.
Ora Benedetta capiva: era una menzogna. In pubblico, Isabella era un agnellino. Ma senza testimoni…
— Nonna, ho sentito tutto… Ma che è successo?
La nonna si bloccò un attimo, come se non avesse capito, poi distolse lo sguardo.
— Niente di che, Benedetta, — sospirò Serafina. — Isabella è solo stanca. Hanno un periodo difficile, Matteo è sempre in trasferta. E lei si sfoga.
Benedetta, strizzando gli occhi, la osservò come se la vedesse per la prima volta. Notò ogni ruga in più, realizzando che negli occhi di Serafina non c’era più quella vivacità. La testardaggine era ancora lì, la stanchezza pure. E c’era qualcos’altro di nuovo. Paura.
— Sfoga?! Nonna, hai sentito cosa ti ha detto? Non è uno sfogo. È…
— Benedetta… — la interruppe Serafina. — Per me non è un problema sopportare. Dài, era solo un momento di nervi. È giovane, impulsiva. E io sono vecchia. Non ho bisogno di molto.
— No. Nonna, non prendermi per scema, — sbottò Benedetta. — O mi racconti tutto adesso, o prendo l’auto e vengo da te. Scegli.
La nonna tacque per qualche secondo. Poi sospirò pesantemente, abbassò le spalle e sistemò gli occhiali. L’illusione si era rotta. Non era più la donna forte e sorridente di sempre, ma una povera vecchina piegata dalla rassegnazione.
— Non volevo dirtelo, — cominciò. — Sei già piena di lavoro, di preoccupazioni. Perché dovrei coinvolgerti in queste storie? Pensavo che si sarebbe sistemato tutto…
La faccenda con Isabella, a quanto pareva, era molto più lunga di quanto Benedetta immaginasse. E molto più sporca.
I due giovani erano arrivati da Serafina con valigioni e piani grandiosi per mettere da parte soldi per un mutuo in sei mesi. All’inizio, la nonna era persino felice. La casa si era animata: passi al mattino, cucina sempre in movimento. C’erano chiacchiere e risate, anche se un po’ forzate. Isabella all’inizio si impegnava: preparava dolci, serviva il tè alla nonna, l’aveva persino accompagnata un paio di volte dal medico.
Poi Matteo partì per un lavoro lontano, e tutto cambiò.
— All’inizio era solo irritabile, — raccontò Serafina. — Pensavo fosse per via di Matteo. Poi cominciò a prendersi i cibi per lei. Diceva che tanto tu ne compri troppi. Diceva che a lei servivano di più, che doveva pensare a un figlio, che è giovane. E io che faccio? A me non serve molto, anzi, dimagrire mi farà bene.
A quanto pare, Isabella aveva chiesto dei soldi in prestito alla nonna. Serafina glieli aveva dati, togliendoliBenedetta chiuse gli occhi per un attimo, poi sorrise e sussurrò: “Nonna, da oggi in poi nessuno ti farà più del male, lo prometto”.