Come hai potuto, alle mie spalle?

**Diario Personale**

Quanto tempo è passato? Quindici anni, forse di più. Eppure, sembra ieri.

“Ciao, Mariana. Da quanto non ci vediamo?” chiedo, mentre la osservo attentamente. Non è cambiata affatto.

“Più di quanto pensassi,” risponde lei, con una timida risatina. “Ma tu sei più bella di prima.”

La fisso, incredula che ci siamo ritrovate proprio qui, nella scuola di danza dove abbiamo portato le nostre figlie per una lezione di prova. È strano, quasi surreale.

“Grazie, Valentina,” dice, con quella stessa voce calma che ricordavo.

Volevo farle un complimento a mia volta, ma le parole mi mancano. Si sono esaurite quella sera, quindici anni fa, quando ci siamo dette tutto e niente in un solo, terribile litigio.

“Chi hai portato? Un maschietto o una femminuccia?” chiedo, cercando di distrarmi.

“Una bambina, Veronica. Dieci anni. E tu?”

“Anch’io una figlia, Sofia. Ha appena compiuto nove anni.” Poi, quasi senza volerlo, aggiungo: “L’hai avuta da Giorgio? Alla fine vi siete sposati?”

Mariana mi fissa, stupita. Davvero credo ancora che lei mi abbia rubato l’amore della mia vita? Dopo tutto questo tempo?

“Scendiamo al bar,” propone. “Prendiamo un caffè e parliamo.”

Esito. Non sono sicura di voler rivangare il passato. Ma forse è giusto, dopo tanto silenzio.

“Va bene.”

Scendiamo in silenzio, scambiandoci occhiate furtive. Entrambe curiose, entrambe ferite.

Chiacchieriamo del più e del meno. Scopro che sono tornata a Milano due anni fa, dopo che mia madre si è ammalata. Mio marito, Ignazio, è stato un santo: ha accettato di trasferirci per aiutarmi.

“È stato difficile,” ammetto, “ma Ignazio è meraviglioso. Gentile, premuroso… sono fortunata.”

Mariana sorride. Ma poi, inevitabilmente, arriva la domanda:

“E tu? Ti sei sposata con Giorgio? Sei felice con lui?”

Mi guarda, afflitta. Perché la vita deve essere così complicata? Eravamo amiche fin dall’asilo, complici, inseparabili. Poi, un giorno, tutto è crollato.

“Valentina, credi davvero che io e Giorgio avessimo una storia? Ti ho spiegato tutto allora. Pensavo avessi capito.”

Stringo le labbra. Ricordo ancora le sue parole, le sue giustificazioni che suonavano come bugie.

“Non ci ho mai pensato,” mento, sapendo che nemmeno lei mi crede.

“Stai ancora pensando a lui? Hai vissuto tutti questi anni convinta che io fossi felice con Giorgio, e ora cerchi di farmi credere il contrario?”

Mariana è stanca. Anch’io lo sono.

Alla fine, tira fuori il telefono e mi mostra una foto. “Questo è mio marito, Vittorio. Quello strano ragazzo che tu chiamavi ‘secchione’.”

Guardo le foto, sorpresa. Vittorio? Quello timido e impacciato?

“Davvero hai sposato lui? E i bambini… sono suoi?”

“Sì. Andrea ha quasi tredici anni, Veronica dieci. Sono felice, Valentina. Non c’è mai stato niente tra me e Giorgio. Lui ha inventato tutto per allontanarti da me, e per liberarsi di te.”

Un groppo in gola. Perché sono ancora qui, a parlare di questo?

La nostra amicizia era nata nella sabbionaia, tra litigi per le bambole e pacificazioni improvvisate. Avevamo cinque anni, vivevamo nello stesso palazzo. Un giorno, dopo una lite, Mariana mi aveva passato la sua Barbie con un sorriso.

“Gioca pure. Aspetto io.”

Da allora, eravamo state inseparabili. Fino a Giorgio.

“Mariana, mi sono innamorata!” le avevo confessato al secondo anno di università. “È fantastico!”

Ero felice. Fino a quando non avevo iniziato a sospettare che anche lei lo guardasse in modo strano.

“Tu credi che solo tu possa piacere ai ragazzi?” le avevo sbottato un giorno, senza motivo.

Le cose erano degenerate in fretta. Poi, a Capodanno, Giorgio le aveva confessato i suoi sentimenti.

“Ma stai con Valentina!” aveva protestato lei.

“Sto con lei? Abbiamo solo… passato qualche serata insieme. Non è una relazione.”

Mariana lo aveva cacciato via. Il giorno dopo, io ero davanti alla sua porta, in lacrime.

“Come hai potuto? Sapevi che lo amavo!”

“Di cosa stai parlando?”

“Giorgio mi ha detto tutto! Che gli hai confessato i tuoi sentimenti, che ti sei offerta a lui!”

“Non è vero!”

Ma io non l’avevo ascoltata. Le avevo dato uno schiaffo, e poi ero scappata via. Avevo detto di aspettare un bambino da Giorgio, una bugia disperata. L’avevo odiata, senza darle la possibilità di spiegare.

Quindici anni dopo, eccoci qui.

“Non mi hai mai permesso di parlare,” dice adesso, con dolcezza.

Guardo l’orologio. “Le lezioni stanno finendo. Andiamo a prendere le bambine.”

Saliamo insieme, in silenzio.

“Mi odi ancora? Per quello schiaffo?” chiedo all’improvviso.

Lei scuote la testa. “No. Eravamo giovani, arrabbiate. L’unica cosa che mi dispiace è che non abbiamo parlato prima.”

Mi giro verso di lei, sorridendo. “Sai cosa sto pensando?”

“Cosa?”

“Che se non fosse successo tutto questo, non avrei mai conosciuto Ignazio. Non avrei Sofia.”

Mariana sorride anche lei, mentre Veronica le corre incontro.

“Che ne dici di portare le ragazine al parco questo weekend?” propongo.

Lei annuisce.

Non saremo più le stesse. Non torneremo a essere le amiche di un tempo. Ma almeno, non ci sarà più quell’odio che ci ha divorato per quindici anni.

E forse, questo è già abbastanza.

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