**Giornale, 15 Novembre**
Stasera mi è successa una cosa che non dimenticherò facilmente. Ero in casa quando qualcuno ha bussato alla porta. Era il vigile urbano.
“Buonasera, signori,” ha detto con tono professionale. “Ho ricevuto una segnalazione per rumori molesti provenienti dal vostro appartamento.”
“Prego, entri,” ha risposto Bianca con voce tremante. “Devo solo calmare il bambino.”
Ma non era il vigile a spaventarla. Era il terrore per quello che aveva appena subito. Luca, suo marito, l’aveva picchiata di nuovo perché aveva svuotato la sua bottiglia di vino nel water. Quando se n’era accorto, era impazzito di rabbia.
“Ho il diritto di rilassarmi dopo il lavoro! Tu stai a casa in maternità, mentre io mi spacco la schiena in cantiere! Vai a comprarmene un’altra!”
“Non ci vado,” aveva osato ribattere Bianca. “Sei ubriaco ogni sera, nostro figlio Matteo ha paura di te. Ha solo un anno e ha già visto troppo! Basta bere, Luca!”
Le urla del piccolo si erano unite a quelle della madre mentre Luca la colpiva di nuovo. La vicina, la signora Antonietta Rossi, aveva sentito tutto e, come al solito, aveva chiamato la polizia.
Antonietta era un personaggio, diciamo così. Nessuno la sopportava in palazzina. Non c’era un vicino a cui non avesse fatto una segnalazione: al Comune, all’amministratore di condominio, persino ai servizi sociali.
“Il piccolo Davide del terzo piano è magrissimo,” aveva detto una volta al telefono con tono allarmato. “Quella madre è troppo allegra, non è normale! Chissà cosa si fa!”
I servizi sociali avevano controllato e scoperto che Davide era a dieta perché, a nove anni, pesava come un adolescente. La madre era felice perché stava migliorando. Ma Antonietta non lo sapeva, perché non parlava mai con nessuno.
Gli anziani del palazzo ricordavano che anni prima dei ladri erano entrati in casa sua, dopo che qualcuno aveva detto che lei e il marito avevano ritirato dei soldi per comprare una vecchia Fiat. Il marito era morto dopo aver provato a difendere i loro risparmi, e Antonietta non si era più ripresa.
Ma i giovani vicini, che erano la maggioranza, non lo sapevano.
“Pulisci quello che ha fatto il tuo cane!” gli aveva urlato una sera.
“Fallà ti, vecchia rompiscatole!” aveva risposto il ragazzo.
Il cane, un grosso pastore tedesco, aveva ringhiato e teso il guinzaglio verso di lei. Antonietta si era spaventata e aveva serbato odio in cuore. La sua vendetta arrivò il mattino dopo, quando il vicino trovò un bel “regalo” davanti alla sua porta, infilzandolo con le nuove scarpe bianche.
“Che Dio te la mandi buona!” aveva imprecato, buttandole via.
Intanto, dietro le sue tende di pizzo, Antonietta sorrideva soddisfatta. Da quel giorno, il cortile era sempre pulito.
Tornando a Bianca, il vigile esaminò la stanza. “Cos’è successo qui?”
“Niente,” borbottò Luca. “Stavo guardando la partita e ho esagerato coi commenti. Sti giocatori sono delle lumache!”
Bianca lo guardò spaventata. Se non lo avesse appoggiato, ne avrebbe pagato le conseguenze. Ma il vigile capì.
“Va bene,” sospirò. “Questa volta solo un avvertimento, ma la prossima sarà una multa. E chiedete scusa alla vostra vicina. È molto attenta, rari cittadini così.”
“Eh già,” sbuffò Luca, trattenendo la rabbia.
Appena il vigile se ne fu andato, Luca sibilò: “La prossima volta ti sistemo senza far rumore.”
Bianca tremava, tenendo Matteo tra le braccia, chiedendosi perché avesse sposato quell’uomo.
Le amiche glielo avevano detto: “Non è quello giusto. Tu sei allegra, lui ha uno sguardo che spaventa.” Ma lei non aveva voluto ascoltare.
“Mi ama,” diceva. “Una volta mi ha difeso per strada.”
Poi il matrimonio, e Luca aveva mostrato la sua vera natura: gelosia, violenza, controllo. Criticava tutto: la camisa non stirata, la cena, il modo in cui accudiva Matteo.
“Le donne una volta partorivano nei campi e tornavano al lavoro! Non lamentarti!”
Bianca pensava fosse lo stress del lavoro, ma poi capì: per lui era solo comoda. Lei aveva una casa e un buon impiego.
Ma il destino le mandò un aiuto. I colleghi vennero a trovarla per la Festa della Donna. Erano passati mesi dall’ultima volta che aveva riso.
“Torna al lavoro,” le disse la capa. “Possiamo aiutarti con l’asilo nido. A casa tutto bene?”
Bianca sorrise senza rispondere.
Quando Luca tornò e li vide, non salutò nessuno. Dopo che se ne furono andati, esplose:
“Non voglio più vederli qui! Soprattutto quel cretino di Alessandro!”
“Non è un cretino!”
“Ah no? Anche lui ha un figlio, eh? Forse Matteo è suo!”
“Sei pazzo?”
“Fuori di casa! Vattene con questo bastardo!”
Era mezzanotte. Bianca, col piccolo in braccio, uscì in corridoio scalza, col gelo che le mordeva i piedi. Bussò, ma Luca non aprì.
“Vattene dove l’hai trovato!” urlò dall’interno.
Pianse in silenzio, senza sapere dove andare.
“Che succede?” La voce di Antonietta la fece sobbalzare.
“Non-niente…”
“Ma va’, su, vieni da me!”
Bianca la seguì, stupita. L’appartamento di Antonietta era pulitissimo, pieno di foto di lei e del marito, Giovanni.
“Era un uomo d’oro,” disse Antonietta. “Non come il tuo. Ti ha cacciata?”
Bianca annuì.
“Bè, restate qui. Poi andiamo a prendere le vostre cose.”
“Ho paura…”
“Basta con questa paura! Con certi uomini bisogna essere duri!”
Poi sentirono bussare alle altre porte. Luca cercava Bianca, ma non osò bussare da Antonietta.
Stettero nascoste due giorni. Antonietta comprò tutto il necessario per Matteo, spendendo i suoi risparmi. Poi arrivò il vigile: Luca era stato arrestato per aver aggredito Alessandro.
“Era ora,” commentò Antonietta. “Aiutala a rientrare in casa.”
Il fabbro cambiò la serratura. Per Bianca, era l’inizio di una vita nuova.
“Ora datti da fare,” le disse Antonietta. “Io mi occupo di Matteo.”
Bianca divorziò, tornò a lavorare. E Antonietta, quella che tutti chiamavano “la rompiscatole”, divenne la sua alleata. Matteo iniziò a chiamarla “nonna”.
Ora, in palazzina, la chiamavano tutti “zia Antonietta”.
**Lezione:** A volte, chi sembra più aspro nasconde un cuore d’oro. E la forza per ricominciare può venire da dove meno te l’aspetti.