Costruire la propria felicità amorosa

“Sistemare la vita sentimentale”

“Mamma, ma perché ti agiti così? Denis mi ha detto che mi ama. Ci sposeremo, mamma,” disse Chiara con una calma insolita.

“E come non agitarmi? Sei incinta, non sei sposata, non hai ancora finito l’università, e di questo tuo ragazzo non so neanche che faccia abbia! Credi che un bambino sia un giocattolo? Che quel Denis venga qui oggi stesso e mi guardi negli occhi promettendo che si prenderà tutte le responsabilità, hai capito?”

“Non urlare così, pensavo saresti felice di diventare nonna. Adesso vado a cercare Denis, tornerà presto dal lavoro, ho la chiave della sua stanza in residenza. Aspetterò lì, sei troppo nervosa,” rispose Chiara offesa, uscendo di casa con la borsa a tracolla.

Maria Grazia si afferrò il cuore, sedendosi pesantemente sulla sedia e fissando il ritratto del marito.

“Eccola, la figlia senza padre!” sussurrò al ritratto. “Oh, Luigi, perché ci hai lasciate così presto? Non ho saputo proteggere Chiara, è cresciuta troppo in fretta. E se quel ragazzo la abbandonerà? Come faremo a vivere? Il mio stipendio è misero, e chi assumerebbe Chiara incinta? Mancano ancora due semestri alla laurea. Che disastro!”

Maria Grazia affondò il volto nel grembiule e pianse. Il peso della vita le era caduto addosso quando era ancora giovane. Il marito morì in un incidente alla segheria, e Chiara aveva solo due anni. Vivevano alla periferia di Milano. Quanto Maria Grazia aveva sofferto, lo sapevano solo la sua unica amica e i vicini. Il boccone più buono lo metteva sempre nel piatto della bambina. E poi c’era la casa da mandare avanti. E ora, quando la vita sembrava essersi sistemata, sua figlia le aveva riservato questa sorpresa.

“Va bene, preparerò l’impasto per le crostate, tanto il genero verrà. Oh, Chiara, Chiara…”

Quando la tavola fu apparecchiata, Maria Grazia indossò un vestito più elegante e si mise a lavorare a maglia per passare il tempo nervoso.

Poi, la porta d’ingresso sbatte, e Chiara rientrò. La madre guardò dietro di lei, ma non vide nessuno.

“Dov’è il genero? L’hai lasciato sulla soglia?”

“C’era, ma se ne è andato,” singhiozzò Chiara. “Mi ha lasciata.”

“Come sarebbe?” Maria Grazia cadde sulla sedia.

“Così! Ha lasciato il lavoro, preso le sue cose e se n’è andato chissà dove. Così mi ha detto l’amministratore della residenza…”

Chiara era sconvolta, gli occhi pieni di lacrime. Non aveva mai pensato di diventare una madre single.

“Che faccio adesso, mamma?”

Maria Grazia avrebbe voluto ricordarle di averla avvertita, ma non lo fece. Il cuore di una madre non è di pietra.

“Partorisci, che altro? Non si risolverà da solo,” disse. “Quando nasce?”

“A luglio, giusto in tempo per la laurea,” sospirò Chiara accarezzandosi la pancia.

…Chiara partorì al momento giusto. Una bambina, che chiamò Ginevra. E così vissero in tre, come i tre cipressi di Monterosi.

Ginevra cresceva forte e allegra, con occhietti intelligenti che scrutavano il mondo. Maria Grazia l’adorava, mentre Chiara la trattava con distacco. Ginevra, ironia della sorte, somigliava a quel bugiardo di Denis: capelli rossi ricciuti e grandi occhi verdi.

“Arriva la mamma!” gridava Ginevra a sei anni, correndo alla porta per abbracciarla.

“Che mi hai portato?” si aggrappava al braccio di Chiara, fiduciosa.

“Niente,” rispondeva la madre stanca.

“Perché no? Voglio un gelato! Me l’avevi promesso ieri!”

“Lasciami stare! Sono stanca!” Chiara la allontanò e si chiuse in camera.

Ginevra rimase in mezzo alla stanza, piangendo. Aveva aspettato tanto la mamma, sperando in un po’ d’affetto, ma quella l’aveva respinta. E all’asilo le avevano fatto disegnare la famiglia. Aveva disegnato tre persone: lei, la mamma e la nonna. I compagni rise e dissero che era “senza papà”.

Maria Grazia corse a consolarla, ma un nodo di dolore scatenò una crisi di pianto.

“Papà, dov’è il mio papà? Perché la mamma è cattiva?” urlava Ginevra singhiozzando.

Maria Grazia la strinse a sé:

“Non tutti hanno il papà, tesoro. Pazienza, faremo a meno. Così ci saranno più crostate per noi. Prepara, andiamo a prendere il gelato.”

Al sentire la parola “gelato”, Ginevra si calmò.

“Lo prendiamo anche alla mamma?”

“Anche alla mamma.”

Nella casa di Maria Grazia, la Festa della Donna si celebrava con festa. Dopotutto, erano tutte donne. La tavola era stracolma di leccornie, Chiara invitava amiche, e tutte si scambiavano regali. Ma quell’anno, Chiara portò con sé non le amiche, ma un uomo. Senza avvisare la madre.

Sulla soglia si presentò un uomo distinto in un abito costoso, molto più vecchio di Chiara.

“Mamma, ti presento Alessandro. Lavoriamo insieme, è il mio capo. Presto verrà trasferito in un’altra città per una promozione. Ci sposeremo.”

“Cosa?” Maria Grazia rimase di sasso.

“Oddio! È il mio papà?” Ginevra, che origliava dalla sua camera, saltò fuori.

“No, piccola, non sono tuo padre,” sorrise Alessandro. “Guarda che bambola ti ho portato.”

Ginevra si girò e rifiutò il regalo. Quell’uomo non le piaceva.

La serata fu fredda. Alessandro non cercò di piacere, Chiara lo adulava e sgridava la figlia.

“Siediti composta! Che penserà di noi lo zio Alessandro? Smettila di agitarti!”

Maria Grazia stava zitta, a disagio. Alessandro godeva della sua superiorità, trattandoli come poveracci. Parlava lui, Chiara annuiva.

“La nostra azienda ha fatto ottimi risultati in questo quartiere. Mi congratulo con me stesso: sono il futuro direttore di una filiale. Peccato sia a duemila chilometri. Dovremo trasferirci. Chiara viene con me. Ci aspetta una villa su due piani con giardino.”

“Anch’io mi trasferisco? L’asilo lì è bello?” chiese Ginevra.

Alessandro tacque, guardando Chiara. Lei capì e cambiò discorso.

“Mamma, e il tuo lavoro? Potresti licenziarti, è ora di riposarti.”

“La pensione è lontana, come vivremmo?”

“Io e Alessandro ti daremo dei soldi. Non ti mancherà nulla.”

“Perché mai?” sospettò Maria Grazia.

“Bambina, vai a giocare con la tua nuova bambola,” ordinò Alessandro, cacciando Ginevra.

La piccola guardò la nonna, che annuì, e se ne andò, lasciando la bambola sulla soglia.

“Mamma, ecco il punto,” disse Chiara. “Non vogliamo portare Ginevra con noi subito. La prenderemo appena sistemati.”

“Perché? Avete una villa enorme! Che fastidio vi dà?”

“Come detto, un bambino sarebbe d’intralcio,” rispose Alessandro. “E non è gratis, pagheremo perché ve ne occupiate.”

“La bambina ha un nome,” disse duramente Maria Grazia. “Ecco perché mi offrMentre Alessandro e Chiara se ne andarono senza voltarsi, Maria Grazia strinse Ginevra a sé, sussurrandole che la vera famiglia non era quella del sangue, ma quella dell’amore.

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