Ecco la storia adattata alla cultura italiana:
La Vecchia Rompiscatole
Giorgia uscì dal taxi e aspettò che la piccola Sofia scendesse dall’auto.
«Grazie,» disse Giorgia all’autista, prese la figlia per mano e insieme si incamminarono verso il portone. Sul basso gradino della scala, due signore anziane chiacchieravano sedute su una panchina.
«Buongiorno,» salutò Giorgia con un sorriso.
«Buongiorno,» rispose una delle donne. «Da chi vanno queste belle ragazze in visita?»
Giorgia sorrise senza rispondere. Inserì il codice nella serratura ed entrò con Sofia nel palazzo. Appena la porta si chiuse alle loro spalle, una delle donne disse ad alta voce: «Mezz’ora fa ho visto due uomini giovani portare dentro delle scatole e dei sacchi.»
«Sono i nuovi inquilini dell’appartamento sopra al tuo, quello che affittano i Ferrara. Preparati, Gina, notti insonni garantite!» replicò l’altra.
«Eh, si sbagliano di grosso. Provino solo a fare rumore. Chiamo subito i servizi sociali, vediamo come la mettono…»
Giorgia non ascoltò oltre. L’ascensore era al piano terra, e salirono insieme al quinto piano.
La porta dell’appartamento era socchiusa. Gli uomini erano in cucina a bere un caffè.
«Ah, ecco Giorgia! Abbiamo fatto due chiacchiere intanto che arrivavi. Scusa se ci siamo sistemati.»
Giorgia frugò nella borsa per il portafoglio.
«Dai, Giorgia, mi offiendi! Ti ho aiutato da amico, no? Forse hai sbagliato a lasciare Matteo… Potreste riappacificarmi. Non lavori, come vivrete tu e la bambina?» L’uomo strizzò l’occhio a Sofia, che subito si mise a ridere.
«Ce la caveremo. Chiederò il divorzio, avrò gli alimenti e l’assegno di maternità. Non tornerò mai da Matteo. Diglielo pure.»
«Va bene. Ma se hai bisogno, chiamami. Se posso, ti aiuto. Ora sistemati, noi andiamo,» disse Marco.
Gli uomini se ne andarono. Giorgia guardò le scatole in mezzo alla stanza e sospirò.
«Allora, mi aiuti a sistemare?»
«No. Voglio giocare,» rispose Sofia.
«D’accordo. Ma senza urlare, altrimenti ci cacciano,» la avvertì Giorgia.
La bambina annuì seria.
Giorgia aprì una scatola di giochi, e Sofia subito tirò fuori un orsacchiotto di peluche. Intanto, Giorgia cominciò a riempire l’armadio con le cose dentro i sacchi.
L’appartamento era un bilocale, piccolo. Ma che altro potevano permettersi? I mobili erano decenti, il pavimento lucido. Se avessero risparmiato e evitato spese inutili, ce l’avrebbero fatta.
Dopo, Giorgia cucinò pasta e würstel che aveva portato da casa. Lavò il pavimento, mise Sofia a letto e aprì il divano. Le si chiudevano gli occhi, ma Sofia non voleva addormentarsi senza una favola. Così lesse finché la bambina non cadde nel sonno. Appena poggiò la testa sul cuscino, le tornarono in mente le parole di Matteo:
«Tornerai da me in ginocchio, e starà a me decidere se riprenderti o no…» Si sentì gonfiare gli occhi di lacrime, e il sonno svanì.
Si alzò e andò in cucina. Senza accendere la luce, si mise alla finestra a guardare il panorama sconosciuto e il buio che avanzava…
***
Lei e Matteo si erano conosciuti alla fermata dell’autobus. Lui le si era avvicinato, chiedendole quale autobus andasse a via Pascoli.
Giorgia ci pensò un attimo e gli disse i numeri. Ma lui le chiese dove stesse andando lei.
In quel momento arrivò il suo autobus, e Giorgia salì in fretta.
«Scusa, non sapevo come fare per conoscerla,» sentì dire. Lui era lì accanto, sorridente. E lei ricambiò il sorriso.
Così era iniziato tutto. Il cuore di Giorgia era libero, e Matteo – allegro e simpatico – lo conquistò in fretta. Lei viveva in affitto con un’amica, conosciuta all’università. Dopo la laurea, erano entrate insieme in un’azienda. Dividere l’affitto era più conveniente.
Matteo, invece, aveva un piccolo appartamento tutto suo. La convinse a trasferirsi da lui. La madre di Giorgia era severa, le aveva insegnato che prima doveva esserci il matrimonio, poi i figli. Per questo, quando la chiamava, Giorgia mentiva, dicendo di vivere ancora con l’amica.
Passò un anno, poi un altro, e Matteo non le fece mai la proposta. Di figli non ne parlava mai. E Giorgia non sapeva come dirgli che aspettava un bambino.
«Dovremmo cercare un appartamento più grande,» gli disse un giorno.
«Perché?» chiese lui, confuso.
«Perché presto saremo in tre.»
«Sei incinta? E quando pensavi di dirmelo?» sbottò Matteo, irritato.
«Te lo sto dicendo ora. Scusa se non l’ho fatto prima, non ero sicura.» Cercò di non piangere, vedendo la sua reazione.
«Pensavo che prendessi precauzioni.»
«Per vivere per me stessa e fare figli chissà quando? Io non penso nemmeno di abortire. Con te o senza di te, lo partorirò.»
«Ma va bene… È solo inaspettato…»
Fecero pace e decisero di mettere da parte i soldi per un mutuo. Una sera, Giorgia stava sul balcone ad aspettare Matteo, in ritorno dal lavoro. Vide arrivare un’auto. Lui scese dal sedile del guidatore.
«Ti ho visto dal balcone. Di chi è la macchina?» gli chiese, uscendogli incontro.
«Mia. Nostra. Bella, no?» Matteo raggiante.
«Tua? Ma come?»
«L’ho comprata. Tanto quei soldi non bastavano per l’anticipo. L’appartamento può aspettare, ma io vi porterò in giro con l’auto. Niente più autobus affollati.»
«Quelli erano anche i miei soldi, e non mi hai nemmeno consultata!» esplose Giorgia.
«Be’, nemmeno tu mi hai consultato quando hai deciso di tenere il bambino,» ribatté lui.
«Non è stata una mia decisione, ci hai messo lo zampino anche tu!»
Litigarono come non mai. Poi, ovviamente, si riappacificarono, andarono persino in comune e si sposarono, con la gioia di Giorgia.
Dopo aver comprato l’auto, Matteo iniziò a tornare tardi. Diceva che un amico gli aveva chiesto di portare la famiglia in campagna, o di aiutare con un trasloco. Giorgia non poteva verificare. Si arrabbiava, si rattristava, dubitava e gelava.
«Non esco per divertirmi, sto facendo qualche lavoretto in più,» rispondeva Matteo alle sue lamentele.
Quando iniziarono le doglie, Matteo non c’era. Gli telefonò, ma lui disse che non sarebbe riuscito a tornare, era fuori città, meglio chiamare un’ambulanza.
Almeno la venne a prendere in ospedale. A casa, trovarono un lettino e un passeggino. Usati. Un amico glieli aveva regalati. Giorgia non fece storie. C’era tanto da comprare, meglio risparmiare.
E di nuovo Matteo tornava tardi. Giorgia lo aspettava, nervosa. Sofia sentiva la sua agitazione e piagnucolava, dormCon il tempo, Giorgia imparò che la vera famiglia non era quella imposta dalle convenzioni, ma quella che si costruiva giorno dopo giorno con amore, pazienza e una vecchia rompiscatole che ora chiamava affettuosamente “nonna”.